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Le accuse, che sembrano circostanziate, riguardano il pagamento del riscatto faraonico per le due “cooperanti” (e quanto!) Greta e Vanessa e per l'addestramento militare di oppositori di Assad passati direttamente alla Jihad.
A questo si aggiunge l'uccisione al Cairo del free lance friulano Regeni  che ci viene presentato anch'egli come un agente italiano, immischiato nell'opposizione egiziana così come i suoi colleghi ricercatori, oggi, guarda caso, di stanza in Inghilterra.

Se fossilizzati non ci raccapezzeremmo più
Quanto accade può scombussolare gli schemi di più d'uno, visto che le griglie interpretative sono fossilizzate in una sorta di guerra di posizione geopolitica che non risponde più al caso odierno di machiavellismi, triplogiochismi e rovesciamenti di fronte.
Gli israeliani e gli americani, non sempre d'accordo tra loro (e questa non è affatto una novità) giocano su più fronti contemporaneamente. Ciò vale anche per il fondamentalismo islamico, nei confronti del quale la Casa Bianca ha tardato molto più di Tel Aviv ad aggiungere il bastone alla carota, per poi preferire, forse, il bastone, almeno in certi settori geografici. Nel momento in cui Assad era sul punto di venire spazzato via da una coalizione internazionale a guida americana, era stata proprio Israele, che permane comunque nemica di Damasco ma si sa fare due conti, a far saltare tutto. Non fu la “paura”  americana della Russia con cui, anzi, proprio allora Tel Aviv strinse alleanza.

Noi e Arlecchino
L'Italia, sorpresa e travolta dall'invasione libica che segnava la chiusura definitiva della sua politica mediterranea perché imponeva l'egemonia delle rivali storiche, Francia e Inghilterra, sul suo spazio vitale, nell'affanno si giocò la solita carta furbetta. All'ottosettembrina tradì se stessa, salì sul carro del vincitore bombardando i propri siti e di lì iniziò a intessere relazioni con le forze emergenti (quindi gli jihadisti), cercando al tempo stesso di recuperare il terreno perduto schierandosi incondizionatamente sotto lo storico ombrello americano più l'israeliano.
Non fu, dal punto di vista del furbetto del quartierino, qualcosa d'insensato. A furia d'inchini, l'Arlecchino servo di due padroni ottenne il riconoscimento americano sull'influenza in Libia che oggi ci viene riconosciuta ma che non sappiamo ancora come esercitare. Intanto, ottemperando ai disegni del CFR, che ci vuole teste di ponte israeliane in Europa insieme alla Grecia, ottenemmo lo sfruttamento delle risorse energetiche cipriote sottomarine (una delle reali cause della guerra in Siria) insieme, guarda guarda, a greci, israeliani ed egiziani. Che il regime egiziano di Al Sisi, che resta di gran lunga preferibile a quelli dei Fratelli Musulmani sospinti da Londra, sia sostenuto da Israele non è un mistero per nessuno.
Tanto per restare in tema abbiamo pensato di affidare a esperti israeliani la nostra sicurezza, in particolare informatica...
A completare il quadro della sottomissione incondizionata sono infine intervenute le sfide di Renzi alla Merkel che solo i buontemponi possono spacciare per delle posizioni di orgoglio nazionalistico. Sono, invece, mosse disgreganti suggerite dal CFR. E, anche dai calcoletti demagogici di Don Matteo che vuole attrarre voti in cambio di misere prebende.

Le stragi diventano possibili
Resta da vedere se la Farnesina e Palazzo Chigi hanno qualche freccia al loro arco per poter fare realmente gli ascari dei due padroni o se, invece, la prova del fuoco dimostrerà che non siamo in grado di fare neppure questo.
Intanto però i nuovi rapporti di forza hanno preteso l'epurazione dei nostri servizi.
Va ricordato che l'Italia si era sempre sentita al riparo da attentati islamici per due ragioni: perché vantava la competenza della sua intelligence (ce l'ha in effetti, il suo problema è che non è sovrana ma opera sempre per conto terzi: americani, inglesi, israeliani...) e perché, nella più classica delle tradizioni del tradimento, approntammo qui in casa nostra il santuario europeo per lo jihadismo anti-Assad.
Ora, al secondo voltafaccia in Libia nello spazio di un mattino, con i servizi all'improvviso epurati e l'assunzione obbligata di un un atteggiamento diverso nei riguardi dei nostri gentili ospiti tagliagole; ora, in rinnovata competizione con  gli interessi inglesi e francesi; ora, nel ginepraio libico che si aggiunge a quello siriano in cui ci siamo lasciati invischiare; ora, dicevamo, il castello di carte viene giù di colpo.
Tutte le ragioni per le quali noi saremmo stati al riparo dalle stragi jihadiste, sono venute meno. Viceversa la rabbia per il voltafaccia potrebbe indurre i  nostri ospiti tagliagole a  farci pagare cara la nostra tradizione badogliana.

 

 

Gabriele Adinolfi 08/02/2016