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Le ragioni delle perplessità sono di tre ordini.
Primo: da parte degli arrivisti, dei gusci vuoti, dei senza nerbo, dei senza idee, dei carrieristi vi è, ovviamente, un fastidio comprensibile e del resto assolutamente reciproco.
Secondo: da parte dei troppo idologizzati e dei troppo poco informati vi è la perplessità, totalmente ingiusta ed in gran parte ingiustificata, che l’evento lepenista ci schiacci tutti su posizioni reazionarie, di retroguardia, inficiando ulteriormente una possibilità di sintesi protesa verso il futuro. Ciò può essere una risultante indiretta, ma assolutamente non obbligata, degli effetti del fenomeno ma, contrariamente a quanto tendono a farci credere, non dipende assolutamente dall’ideologia e dalla mentalità di chi lo sta impersonando che al contrario è proteso alla sintesi, è dinamico e tutt’altro che retrogrado.
Terzo: da parte dei pragmatici (di quelli in buona fede, di quelli che combattono le battaglie quotidiane senza gonfiarsi il portafoglio) vi è titubanza perché la posizione di scontro frontale dei lepenisti sembra loro destinata a creare estraneità dal potere politico, isolamento sociale e, dunque, neutralizzazione delle idee e delle spinte.
Su questo punto vale la pena di soffermarci perché è solo una questione d’immagine. Le Pen non è un pazzo isterico, il Front National ha conquistato il potere locale in più città della Francia e, cosa vieppiù significativa, ha la tendenza a mantenerlo alle elezioni successive, prova, questa, di una buona capacità di governo e di sottogoverno. Quando da noi ci si agitava tra il nulla ed il nulla in attesa di venire sdoganati da Cossiga, Feltri e poi Berlusconi, lì già si erano costituite realtà economiche, associazioni di piccoli industriali, comitati accademici. Il Front National non è, insomma, un corpo estraneo alla società che si limita a prendere i voti degli insoddisfatti.
Non è neppure ammalato di quell’estremismo che Lenin definì malattia infantile del comunismo. Dal 1984 al 1988 il partito di Le Pen ha collaborato con la destra al governo di molte regioni, nel 1988 al ballottaggio presidenziale invitò a votare Chirac. È stato in seguito che Le Pen ha scelto la via dell’intransigenza; non perché sia un esaltato ma perché non gli hanno lasciato scelta. Per accettare qualsiasi dialettica politica gli è stato chiesto di rinunciare alla denuncia dell’immigrazione, alla pretesa della preferenza nazionale, al veto contro il Trattato di Maastricht, il tutto condito da una sorta di confessione di colpa, una specie di abiura.
Ovvero gli è stato offerto di barattare tutto il senso della sua battaglia, di liquidare le truppe, di tradire e abbandonare gli elettori, di accantonare il programma (che è al contempo realistico e riformista) in cambio di un piatto di lenticchie. 
Le Pen non ha accettato ed ha avuto ragione di non accettare. La sua enorme capacità politica gli ha permesso di rimanere in sella, di continuare a mantenere una struttura politica costosissima, di sopravvivere ad una dolorosa scissione pilotata dall’Eliseo, di conservare la quasi totalità delle amministrazioni locali fino a giungere oggi a sfidare Chirac al secondo turno delle elezioni presidenziali.
In questa lunga traversata del deserto le scelte intransigenti di Le Pen gli hanno permesso spesso di essere l’ago della bilancia e di far affondare, a seconda delle posizioni tenute ai secondi turni elettorali, ora il centrodestra ora le sinistre.
Coraggio, coerenza, interezza e realismo politico sono, insomma, parimenti presenti presso il capo del Front National.
Le situazioni tra Francia ed Italia non sono comparabili per una serie di motivi (storici, ideologici, sociali e di mentalità) ma, analizzando le affinità è palese che Bossi, che si trovò in passato in una situazione molto simile al politico francese, ha ottenuto molto di meno di lui ed è politicamente molto più in pericolo di fallimento. 
In quanto ai quadri di base di Alleanza Nazionale essi non hanno ottenuto di più dei loro omologhi francesi mentre la scelta strategica della loro direzione è stata, e resta, quella di un’accettazione dei poteri forti e delle loro imposizioni, quella di una non azione politica, di una non proposta concreta. In cambio, si sostiene, sarebbe possibile fare quadrato localmente, culturalmente, creando in pace una classe dirigente diversa da quella attuale e capace di garantirci un migliore futuro. Che è quanto fa Le Pen senza con questo rinunciare alle idee forti e al coraggio della verità.