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Una sinistra popolare a forti tonalità sociali che non fu comunque marxista se non in frange minoritarie. Una sinistra che si contrapponeva alla prepotenza di quelle giunte militari le quali, sostenute ed istigate dal Vaticano e dai grandi proprietari terrieri, a metà degli anni Cinquanta avevano rovesciato Peron giunto all’apogeo della sua avventura politica, costringendolo ad un esilio spagnolo che sarebbe durato circa un ventennio.

Nell’autunno del 1972 il partito peronista stravinse però le prime elezioni libere che vennero celebrate ottenendo così l’elezione plebiscitaria a Presidente della Repubblica del suo candidato Campora che funse da battistrada per l’investitura trionfale dell’assente. 

Qualche giorno dopo, nei dintorni dell’aeroporto di Baires, proprio mentre il Caudillo argentino atterrava, si scatenò uno scontro armato tra la destra neo-nazista e la sinistra peronista, battaglia campale che consegnò alla cronaca per la prima volta il nome e l’immagine dei Montoneros. Costoro ebbero militarmente la peggio e non riuscirono ad impadronirsi politicamente della vittoria peronista come avevano progettato di fare; volevano infatti acclamare Peron, scortarlo, proclamarsene pretoriani ma, al contempo, farne una sorta di illustre ostaggio.

In quell’occasione lanciarono uno slogan che sarebbe divenuto celebre: “Si Evita viviera seria montonera”. Con questo slogan essi intesero appropriarsi dell’eredità mitica e rivoluzionaria del primo Peronismo e di legarla indissolubilmente al proprio nome.

Difatti Evita, moglie prematuramente scomparsa di Peron poi immortalata in un musical epocale, è l’eroina mitica e mistica dell’argentina socialnazionale.

Si dovette a lei la politica sociale ad ampio raggio del regime  e non  questa soltanto bensì la stessa affermazione di quella rivoluzione che lo avrebbe costituito.

Nel primo dopoguerra Peron aveva svolto l’incarico di Ministro degli affari sociali in una giunta militare ma si era fatto promotore di riforme ardite che non erano piaciute ai suoi colleghi i quali non solamente lo avevano sollevato dall’incarico ma lo avevano sbrigativamente carcerato. 

Evita rovesciò la situazione. Organizzò e a capeggiò fisicamente una marcia attraverso l’Argentina volta a pretendere a furor di popolo la scarcerazione e l’acclamazione di Peron, marcia durante la quale le fila si gonfiarono di centinaia di migliaia di “descamisados”, ovvero di contadini a torso nudo, i quali da quel momento divennero la falange, il seguito ed il simbolo della loro trascinatrice.

Il parallelismo tra Montoneros e Descamisados, oltre ad avere un’importanza propagandistica di primo piano, è sicuramente suggestivo in quanto fa leva sulla vocazione sociale del Peronismo, sulla partecipazione e sulla mobilitazione della base.

Tuttavia i referenti culturali ed ideologici degli uni e degli altri differiscono, gli Scamiciati essendo contadini ed i Montanari invece rappresentanti della piccola borghesia urbana a vocazione giacobina (il riferimento ai Montagnards francesi non è probabilmente casuale).

Va comunque ricordato che la base peronista era variegata ed eterogenea all’inverosimile, ancor più di quella fascista o nazionalsocialista.

Essendo la destra storica (cioè Chiesa, Esercito e latifondisti) il nemico militare e politico che si oppose al Peronismo, la polarizzazione a sinistra, e dunque un certo squilibrio emotivo e politico, divenne pressoché inevitabile.

I Montoneros vennero così infiltrati da cellule comuniste ma il grosso dei marxisti e più precisamente i trozkisti, si raggrupparono nell’ERP (Esercito Rivoluzionario Popolare).

Dopo il golpe militare del 1976 che diede vita al regime di terrore di Videla (quello dei famosi Desaparecidos), i Montoneros si trovarono a rappresentare l’opposizione politica e militare peronista alla dittatura. L’ERP invece non resse lo scontro e fu sgominato in un batter d’occhio. 

Montoneros contro Esercito: sinistra contro destra, democrazia contro dittatura ?

Le cose non sono così semplici come appaiono al primo sguardo.

Basti pensare che la giunta militare (qui da noi contrabbandata come “fascista”) aveva dei legami politici e commerciali con l’Urss e con i Partiti Comunisti, ivi compreso con quello argentino che, sorprendentemente, non venne mai messo fuori legge.

La sinistra peronista, invece, pur godendo del sostegno cubano nonché della Fondazione Lelio Basso (una roccaforte dell’Internazionale trozkista), era appoggiata anche dalle destre DC.

La sinistra di tipo Montonero fu sociale ma non classista e, soprattutto, fu nazionalista. 

Tant’è che allorquando le rivendicazioni territoriali produssero una crisi acuta tra l’Argentina ed il Cile, crisi che per puro miracolo nel 1979 non sfociò in conflitto armato, il loro capo, Firmenich, benché ricercato e condannato a morte lanciò un proclama pubblico di arruolamento: i Montoneros avrebbero combattuto in prima linea per difendere la Patria minacciata.

Nazionalisti, indipendentisti, popolari, sociali, i Montoneros, inclassificabili con le nostre etichette, sono assimilabili all’ala tercerista nicaraguegna, capeggiata da Eden Pastora, o Comandante Zero.

I Montoneros a partire dal 1976 condussero una guerriglia pagata a caro prezzo, ovvero con migliaia di caduti, torturati e desaparecidos, che fu contrassegnata da azioni militari spettacolari ma anche da rapimenti e da esecuzioni e si protrasse per quasi quattro anni prima di essere definitivamente piegata. 

Ad abbattere la giunta fu nell’84 la sconfitta militare impartitale dagli Inglesi nella guerra delle Malvine.

Il ritorno della democrazia diede vita ad un quadro nuovo, più simile a quello europeo.

Il Peronismo si tramutò così rapidamente in partitocrazia tangentista perdendo quasi del tutto le straordinarie capacità di mobilitazione: con esso le persero anche le sue varianti militariste di destra e quelle socialiste di sinistra; e dunque anche i Montoneros.

La “normalizzazione” all’europea procedé a passi da gigante, la sinistra essendo riuscita a convogliare sotto il medesimo tetto non soltanto la borghesia illuminata ma gran parte dei latifondisti la cui guardia bianca dalla metà degli anni Ottanta fu addirittura fornita da una formazione militare trozkista, la cosiddetta “Franja Morada” e la destra essendosi scoperta trasformista e democristiana.

Fine, dunque, della sintesi peronista, di quella sua particolare idea di “fascio”.

Il disastro finanziario e la grave crisi sociale di cui l’Argentina è oggi vittima, nel registrare il fallimento dei suoi governi di ogni colore, le sta facendo riscoprire di colpo le formazioni e le affermazioni ideali del passato. Non c’è dunque molto da stupirsi del ritorno in auge della sinistra nazionale.

Tuttavia sbottonarsi adesso sul revival Montonero non sarebbe serio: è necessario un approfondimento in loco e, soprattutto, dobbiamo attendere la prova dei fatti per vedere di che tempra e di che matrice siano coloro che ne hanno assunto il nome.

A chi si riferiscano ideologicamente e a chi facciano veramente capo nel panorama internazionale.