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01/02/2016 | maurizioblondet.it

 

 

Ma non a Taranto

 

 

 

 

 

Dopo giorni di chiacchiera sulle statue coperte per la visita di Rohuani, svapora lo “scandalo”, e la signora Ilva Sapora resta al suo posto. La capessa del cerimoniale. Con il suo stipendio da 179.000 euro annui e con la sua conoscenza dell’inglese “elementare” (cioè nulla): ecco il vero scandalo. Permanente, inamovibile per legge, strapotente, insopportabile. Si dice che la sora Ilva, 179.000 euro, c’entri qualcosa anche nella zuffa per i Rolex in cui s’è lanciata la delegazione italiana nel palazzo reale di Ryad, disgustosa; che si debba a lei se il cibo servito a Casina Valadier al re e regina di Giordania fosse così scadente, da far arrabbiare e vergognare Renzi; che sia lei la causa di un episodio che poteva costare un contratto miliardario: “Al pranzo di onore con il primo ministro del Kuwait dove si festeggiava l’acquisto dei caccia Eurofighter, venne escluso il generale kuwaitiano che aveva firmato il contratto miliardario. Uno sgarbo che rischiò di far saltare la commessa”, scrive La Stampa.

Dunque la sora Ilva è la tipica rappresentante dell’alta dirigenza statale: non solo strapagata, ma del tutto incompetente. Ce ne sono decine di migliaia come lei; tutti stipendiatissimi e potentissimi perché hanno in mano le leve reali del potere, quelle tecniche e burocratico-giuridiche; tutti a carico di noi contribuenti, e ostacolo allo sviluppo del Paese per la loro stupidità incompetente. Fosse solo strapagata, sarebbe ancora il minor male; ma il peggio è che è questa casta che “governa”. È a questa casta che si deve il declino del Paese, illuminato dall’ultimo numero dell’Economist: dai “tempi lunghissimi per aprire un’impresa”, contrariamente a tutti i nostri concorrenti in Europa e fuori (perché il compito che si dà la Casta è “controllare”, ossia ostacolare chi produce, in cui vede nient’altro che un evasore potenziale) fino alle “dimensioni troppo piccole delle imprese”: un nanismo per sopravvivere alle avide e incompetenti, persecutorie attenzioni della Casta parassitaria, che ci penalizza sul mercato mondiale. Incompetenti i ricchissimi marpioni di Bankitalia, che lasciano saccheggiare il risparmio del paese agli stranieri (o addirittura gli tengono il sacco); fancazzista ed arbitraria la magistratura delle procure, che accumula arretrati e incertezze del diritto; inutili e dannose le Belle Arti, che hanno lasciato bruttare le coste di tutte le isole e poi impediscono la ricostruzione di un ponte del 900, perché “primo esempio di ponte in cemento armato”, e dunque “patrimonio da proteggere”.

È il primo problema politico

La liberazione del Paese da questa Casta è il problema politico primario dell’Italia, e il più urgente. Ma è quasi impossibile. I politici sono quello che sono, ma è esagerato dar loro troppe responsabilità nel malgoverno; vanno e vengono; questi invece sono inamovibili perché “hanno vinto o’ concuorzo”. I politici, quando vanno ad assumere cariche di governo, dipendono completamente da loro, dai direttori generali, dai “segretari” e simile genìa: perché non conoscono la macchina dello stato, e quelli la conoscono a perfezione - perché sono stati loro a crearla, e renderla complicata e piena di trabocchetti apposta per perpetuare il loro potere.

I politici sono costretti ad ingraziarseli; essi stanno sotto ricatto della Casta, alla mercé dei loro trucchi e delle loro resistenze occulte, anche passive. Corrado Passera ha raccontato che, appena ministro delle infrastrutture, ha chiesto ai “suoi uffici” di avere l’elenco del personale alle sue dipendenze: non è mai riuscito ad averlo.

Le inchieste che ne rivelano la scandalosa incapacità, corruzione, rozzezza e disonestà, non producono alcun effetto. I pochi tentativi di disciplinarli vanno regolarmente a vuoto. Vi ricordate il “tetto di 240.000 euro annui” agli stipendi della casta pubblica di cui Renzi s’è vantato (come sempre)? Ebbene: sono riusciti a vanificarlo, prendono quel che vogliono come prima a forza di indennità aggiuntive occultamente. La sola forza che ci ha provato è, bisogna riconoscerlo, il 5 Stelle: risultati zero. Ed ogni proposta dei loro parlamentari di mettere in qualche modo in riga i prepotenti incapaci è stata accompagnata da sperticati elogi verso di loro, perché guai a inimicarseli, e mettere a rischio i loro mostruosamente indebiti emolumenti: ti fanno la guerra intestina, ti distruggono politicamente.

Nei tentativi, si è scoperto che queste caste, sempre più affollate ed avide, si sono accaparrate prerogative che dovrebbero appartenere solo ai più alti organi costituzionali: l’autodichia e l’autocrinia. Parole greche e difficili che significano: sono loro che si giudicano da sé, e si danno gli stipendi e gli aumenti che vogliono, senza controllo di alcun organo esterno (autodichia). L’autocrinia è “produzione della norma giuridica da parte del soggetto che ne è il destinatario”: insomma, le leggi che riguardano l’interesse della Casta come corpo, se le fa la Casta stessa. Ovviamente è la violazione principe del principio di separazione dei poteri; originariamente, autodichia e autocrinia erano prerogative dei sovrani di diritto divino.

Oggi siamo sotto la sovranità per diritto divino della sora Ilva e delle decine di migliaia come lei.