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2. L’Iran fino ad oggi si è però comportato come qualsiasi potenza che persegue i propri interessi
3. Il governo di Teheran si è adattato perfettamente alla commedia della politica affermando sempre cose grandiose e trattando però, cinicamente, con tutti i “satana” del suo glossario, Iraq escluso.
4. Non sono state le potenze islamiche ma quelle socialnazionali a provocare problemi ad Usa e Israele
5. L’Iran è una teocrazia; può piacere a chi piaccia. A me non piace; né ritengo che sia opportuno confondere l’oscurantismo con la rivolta col mondo moderno. E quest’ultimo concetto l’ho sottolineato perché mi preme non poco, a prescindere dal caso specifico.
Nulla di trascendentale Eppure alcuni si sono sentiti colpiti nel vivo, al punto di parlare addirittura di tradimento. Non si sa bene di che, visto che mi risulta di essere di cultura, tradizione e spirito fascista e non un integralista musulmano, né mi pare che ci sia in giro (anche nel ristretto) questa unità di intenti pro-islamica.
Se una persona intelligente, anche fanatica dell’Iran, leggesse con attenzione il mio articolo dovrebbe essere contenta del fatto che uno che islamico non è, che filo-islamico non è, e che non apprezza la teocrazia iraniana dica in sostanza: va difesa lo stesso. E aggiunga: non cadiamo nella trappola dello scontro di civiltà. Anzi, difendiamo la libertà dell’Islam di esprimere la sua civiltà.
Invece la reazione (prevedibile e prevista) di qualcuno è stata quella di chi si sente tradito, aggredito, pugnalato, o più propriamente di chi reagisce al fatto che venga messa in forse una certezza data per scontata. Semplicemente perché ho detto: solleviamo il velo e rendiamoci conto che l’oggetto non è così bello e puro come appare.
So che è dura. Pirandello a furia di rifiutarsi di “vestire gli ignudi” è finito quasi linciato dalla borghesia e dalla critica. Si ha bisogno, eccome, di riferimenti forti, indiscutibili, per tirare innanzi nella palude moderna. È così che nascono le ideologie, che sono ingessature e mistificazioni. Ed è proprio nello spirito esattamente opposto che il fascismo nacque, crebbe, accese il mondo e rischiò davvero di cambiarlo.
Ebbene la mia intenzione è proprio quella di distruggere le statue di sale, tutte le statue di sale. La mia volontà è di seminare il dubbio su tutte, dicasi tutte, le certezze acquisite ed imbalsamate da quando il post/neo/fascismo si è sfascistizzato, per colpa della repressione ma anche dei borghesi individualisti del pensiero debole, rautiano e non.
Ciò detto questa sensazione di tradimento (che, ribadisco, io prevedevo e che avrei potuto benissimo risparmiarmi dal provocare se avessi voluto giocare all’accomodante) è sintomatica. E da qui si dovrebbe partire per ripulire animo e mente.
Perché non è un caso, anzi direi che è significativo, che nessuno s’indigni quando dei neoguelfi d’accatto accusano di satanismo o di altre quisquilie i rappresentanti della rivoluzione nazionale tedesca, o quando i destrorsi imputano al fascismo eccessi populistici oppure quando tanti neosinistri più o meno nazionali accettano e ripetono pedissequamente ed acriticamente tutte le chiavi di lettura comunista sul fascismo e sul neofascismo.
C’è sempre qualcuno che s’inalbera, però, se viene messo in discussione un pradigma tardivo, opinabile ed esotico, tipo l’Iran.
Anche se il suo leader Ahmadinejad danza perché Saddam si trova sul banco degli imputati e di lì sarà probabilmente messo a morte. È paradossale ma a  Berlusconi si perdona molto meno che non a questo “paladino dell’antimondialismo”.
Il quale è soltanto il rappresentante di una potenza regionale che, per diverse ragioni, si trova in pericolo, in frizione con il monopolismo americano ed è, quindi, oggettivamente interessante.
Ma notarlo in questi termini sobri e crudi è destabilizzante per qualche equilibrio emotivo.
Perché questo è il problema di fondo. Alcuni si sono apparecchiati un astratto costrutto schematico con il quale non andranno da nessuna parte, e lo sanno: ma ne  traggono la rassicurazione emotiva e psicologica per un tranquillo vegetare “antagonista”. E li posso capire. Egalitarista di certo non sono e non pretendo da tutti la forza d’animo necessaria per marciare da soli.
Itanto, esattamente come fanno i comunisti quando si dimostra che le stragi non sono fasciste o che il comunismo non è quella bellissima cosa che vaneggiano, anche costoro iniziano ad eccitarsi, ad indignarsi, ad alzare i toni, a urlare a tutti i venti che i tanti dati che comprovano che la pupa verginella non è sono falsi, ché non è possibile che pupetta vergine non sia.
Imbarazzati e sconvolti dalla dialettica dei fatti, incalzati da chi osserva che “il re è nudo”, non trovano di meglio che rifugiarsi nella più facile delle spiegazioni: è un complotto, è certamente un complotto!
Ovvero se mi permetto di dire che non  mi piace l’Iran, poiché non può essere così, poiché l’Iran è bello, immacolato, rivoluzionario, una sorta di paradiso della tradizione e della rivoluzione, devo essere in mala fede e seguire un piano preciso. Un piano destabilizzante.
Mirante, ovviamente, a frenare quell’esodo sicuro, massiccio ed entusiastico di uomini e cose previsto da un giorno all’altro dai nostri lidi verso le schiere dei Pasdaran.
Un complotto che si sintetizza nel terribile assioma: “difendiamo pure l’Iran ma non glorifichiamolo”; il che non può che essere opera del maligno, come quando si mette in discussione il fondamento del potere di qualsiasi clero. O il mito incapacitante di qualsiasi tifoseria politica.
Costoro non lo sanno di certo, ma tutto questo non mi è nuovo. Accadeva esattamente lo stesso ventisette, ventotto anni fa quando parlavamo di tercerismo e sostenevamo che gli americani difendevano e foraggiavano il comunismo, che il compromesso storico aveva ricevuto la loro benedizione e che gli Usa non erano credibili nel loro stesso anticomunismo. Ebbene, a quel tempo ci accusarono di essere agenti sovietici…
Gli Usa difensori della libertà insidiata dall'orso sovietico allora, l'Iran (o i talebani o chi altro si voglia) a difendere libertà e tradizione dalla minaccia americana oggi. Cambia solo l’idolo sul quale si fonda l’ultima speranza, permane immutato lo stato d'animo e la ragione psicologica di chi s'indigna. Né, alla fin fine, le differenze tipologiche tra le due varianti a me paiono essenziali. In ambo i casi si tratta di percepire una minaccia e di rifugiarsi all’ombra di quello che – si sostiene – è l’ultimo baluardo contro quell’insidia. Che in ambo i casi “avanza”.
Se azzardassimo  che, a parte la vernice de quadretto ideologico, la tipologia sia in ambo i casi re-azionaria, non credo che sbaglieremmo di molto.
C’è sempre un “settimo cavalleggeri” nell’orizzonte mentale degli uni e degli altri; non c’è un’azione creativa, propositiva, una sfida, c’è l’attesa di una resa dei conti apocalittica che non arriva mai, ma la cui imminenza eccita lo spettatore fanatizzato.
È proprio far nascere una mentalità diversa, più coraggiosa e lontana da mitizzazioni affrettate che a me preme. E per questo continuerò a mettere in discussione le statue di sale; tutte le statue di sale.

Gabriele Adinolfi

N.B. Sono state scritte mucchi di fregnacce contro la socializzazione ma nessuno si è sentito attaccato nel vivo; che qualcuno si senta invece colpito al cuore per interposto ayatollah dovrebbe far pensare un pochino.
N.B. bis: L’altra sera per Luigi eravamo almeno tremila e sono certo che su tutti i gusti esotici e “ideologici” avevamo decine e decine di posizioni diverse: e proprio questo è fascismo. Ma forse sto precorrendo un po’ troppo i tempi…

 

Noreporter Dicembre 2005