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Un po’ meno entusiasta sarei sulla compattezza e sugli sviluppi futuri di questo fenomeno.
Ritengo che le basi sociali che lo caratterizzano siano omogenee e che molto similari, quando non addirittura identiche, siano le aspirazioni che lo animano dal Baltico alla Loira, dalle Fiandre alla Lombardia.
Il problema sta nel fatto che assai differenti tra loro sono gli interpreti.
Così come nel segmento della sinistra riformista altro è Bertinotti altro è Blair, così nell’opposto convenzionale dello scacchiere è arduo amalgamare Haider, il defunto Pim Fortuyn e Le Pen perché sono mossi da leve morali e da coscienze ideologiche ben diverse.
In taluni Paesi, solitamente quelli di tradizione protestante, vige ad esempio una pregiudiziale atlantista, americanista e sionista ed una vocazione liberista (è proprio il caso del partito di Fortuyn con il quale il Front National aveva scelto di non avere rapporti).
Per altri la spinta nazionalpopolare serve come piattaforma per divenire parti integranti del bipolarismo con accettazione e benedizione da parte dei poteri forti (Fini ma anche Haider).
Certuni sognano un’altra Europa, altri invece sono proni acriticamente nei riguardi di Bruxelles.
Che la tendenza nazionalista sia in atto è dunque incontestabile nonché rassicurante, ma che sia univocamente rappresentata è un altro canto.
Sociologicamente e per tradizione, gli elettorati dei partiti “nazionalisti” sono composti da individui che seguono e sostengono l’operato degli uomini cui fanno fideisticamente riferimento: essi diventano rivoluzionari o tatticisti, reazionari o riformisti a comando.
È per questo che la medesima dinamica ha portato in Italia al trasformismo finiano mentre sta invece offrendo in Francia lo spaccato di un’intransigenza generalizzata che indurrebbe a torto a farci credere che il Front National sia un partito di soldati rivoluzionari, sullo stile del Pcf anni trenta o quaranta.
La spinta insomma c’è ed è universale ma è frammentata perché va sempre laddove la indirizzano i singoli capi.
Poiché come giustamente rilevava Rinascita, la situazione non è delle peggiori, dobbiamo convenire che si possa operare proficuamente. Già, ma come ? Sarebbe velleitario e puerile attendere l’uomo della provvidenza; il da farsi è quello di intervenire nella dinamica come quadri politici qualificati, che è la categoria che manca un po’ ovunque tranne, forse, nelle Fiandre ed in Alsazia.
Quadri politici efficaci e motivati possono impedire che le aspirazioni popolari vengano tradite e che l’intera dinamica sia neutralizzata, condizionando i capi, veri o presunti, grazie ad un’opera di controllo, di incidenza, di influenza e di indirizzo dell’intero apparato. Un’opera che non si limiti ad affermazioni ideologiche o sentimentali né a semplici scelte emotive ma che conduca a convergenza verso questioni fondamentali che devono divenire patrimonio chiaro delle basi militanti ed elettorali. Quali la vocazione europea, l’apertura alla Russia, la lotta alle oligarchie e la difesa dell’identità sociale pur nel pragmatismo post-burocratico.
Si tratta di essere, riprendendo la formula lepenista, socialmente di sinistra, economicamente di centro e nazionalisti innanzitutto. Italiani ed Europei al medesimo tempo perché l’uno senza l’altro non sarebbe possibile.