Questo sito si serve dei cookie tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'utilizzo dei cookie.

Stampa
Visite: 3493

Per chi non lo sapesse o lo avesse dimenticato il precursore di Wolfovitz era nato su di un pianeta lontano, Krypton. Quand’era ancora un bébé suo padre, uno scienziato che, inascoltato, predicava la fine imminente del suo mondo per un evento celeste, lo aveva salvato affidandolo allo spazio. Dallo spazio era giunto sulla terra dove era stato allevato dai signori Kant iniziando la sua carriera di controllore del mondo, un controllore molto discreto, sempre in incognito e vivente sotto falsa identità.

I messaggi criptici (e torniamo a Krypton…) non sono innocenti e ci dovrebbero far riflettere. Tuttavia non è per questo che cito il superodioso bensì per un particolare elemento delle sue storie che ci dovrebbe consegnare un messaggio a noi più vicino e calzante.

 

Sotto vetro, in miniatura

 

Per ragioni che non rammento una città di Krypton era stata salvata anch’essa dalla distruzione del pianeta. Miniaturizzata attraverso non si sa bene quale procedimento, quella città sopravviveva rinchiusa in un vaso di vetro riposta su di un comodino. Ogni tanto il supereroe andava a vivere qualche vicenda casalinga entrando in quel vaso (egli tutto poteva, anche decrescere a piacimento) e si ritrovava così risucchiato in un mondo di moscerini che s’illudevano di rappresentare la totalità del mondo, la continuazione naturale del pianeta, quando di altro non si trattava se non di una larvale sopravvivenza sottospirito.

Questo messaggio vi dice niente? Vi ricorda qualcosa? C’è un solo elemento che ci differenzi da quei residui di un’esplosione cosmica, da quei moschini che si credono uomini? Quel vivere rinchiusi tra pareti trasparenti che non si varcano mai ha qualcosa di tristemente familiare con il vivacchiare di un certo mondo?

Nelle storie della Minikrypton non si menzionavano le eterne lotte per l’egemonia, le rivalità di banda che di solito vengono confuse con un progetto di conquista politica e di espansione. Per l’autore queste lizze devono restare estranee alla sopravvivenza simbolica della sua Terra Promessa, ma noi sappiamo che l’etologia vuole che chi si rinchiude in un recinto scambi quel recinto come i confini del mondo e divenga aggressivo con i più vicini dimenticandosi che il problema, il vero problema, è infrangere la gabbia di vetro.

 

L’ala che cerca il terzino

 

Molte cose sono state fatte per infrangere quella gabbia di vetro negli ultimi anni; molte ma non abbastanza. Inoltre c’è come una sorta di maledizione che incombe sulla Minikrypton. Non appena si sfonda il confine sembra che gli stessi che lo varcano si sentano rosi dall’impulso di ricreare le barriere. Non appena un branco galoppa via ecco che cerca di nuovo i recinti.

Quando giocavo, piuttosto male, a calcio nella mia squadra, che avevo nominato Società Sportiva Falange (maglietta nera con bordi rossi, calzoncini rossi e calzettoni neri con bordo rosso) c’era un terzino, si chiamava Mastrantonio, che non inseguiva mai l’ala. Noi ci sgolavamo ma lui rispondeva: “se vuol essere marcato venisse lui qui”. L’assurdo è che l’ala lo cercava sempre, andando, spontaneamente, a farsi marcare.

Morale della favola: per essere liberi ci vogliono fantasia, costanza, concentrazione e volontà altrimenti si cerca sempre di restare invischiati negli schemi. Altro che complotti, il nostro nemico è Pavlov!

Ciò è quanto rischia di accadere a tutti noi dopo una serie di fragorose rotture (Occupazioni, Mutuo Sociale ecc).

Non potendo vivere sempre d’eccezione si ricade nelle normalità che rischiano immancabilmente di farci ripercorrere le vicende della cittadella sotto vetro. Con annesse risse senza fine.

 

 

Guardiamoci in faccia

 

La stagione dei veleni e delle illusioni, inaugurata nello scorso dicembre, ha fatto danni incommensurabili e ha portato al pettine quasi tutti i nodi.

Ritengo che si ora di fare un bilancio sereno di quanti errori siano stati commessi e si commettano ancora intestardendosi a percorrere totalmente ed esclusivamente una via di partito, di fazione, di espansione numerica ed orizzontale che conduce al nulla.

Non arrivando in alcun posto ce la si prende sempre con gli altri podisti che marciano nella nebbia.

Ma sarebbe ora di smetterla di vedere il mondo come terreno di competizione fra emarginati. Sarebbe ora che le rivalità, alimentate quando non create di sana pianta da presunti capi che sfuggono il confronto e che lasciano che la maldicenza e la discordia dilaghino al fine di non essere mai messi alla prova reale, vengano superate con un minimo d’intelligenza.

Sarebbe anche ora di partire da basi sane, salde e sicure.

Basi storiche, basi ideologiche (o meglio di Weltanshauung). Basi fatte di analisi serie e spietate. Soprattutto, però, si deve partire da basi esistenziali e concettuali di valore.

Rispetto. Di sé e degli altri; di tutti gli altri. Iniziando da quanto meno si vede ma da quanto più lede. Basta con le illazioni, basta con gli sproloqui, basta con le maldicenze, basta con i deliri. In un mondo che mena sempre più raramente le mani la lingua è troppo affilata e il dente è troppo velenoso. S’inizi a tacere, a guardare, a rispettare, ad apprendere dagli altri, da tutti gli altri, senza dare per scontato che ogni cosa fatta da chi non appartiene alla propria tribù sia sbagliata o negativa.

Ognuno si guardi intorno; riconosca quanto è desolato il panorama e, soprattutto non identifichi le colpe altrui ma cerchi, riconosca e corregga le proprie; d’individuo e di gruppo.

È tempo di rifondare. Si cambia mentalità solo cambiando mentalità.

Solo essendo quel che si è si smette di esserne la caricatura.

Solo così si frantumano le barriere di cristallo dietro le quali celebriamo la nostra (poco) aurea mediocrità.