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Putin o Garcia?
Potremmo scambiare tranquillamente Putin e Garcia, Berlusconi ed Allegri, niente muterebbe. Come nel calcio si è completamente abbandonato ogni ragionamento sportivo, ogni riflessione tattica, qualsiasi buon senso e una visione prospettica, stesso dicasi per la (geo)politica con le sue tensioni e con tanto di aspirazioni vissute sempre e immancabilmente per delega.
Putin come Garcia dicevo. In questi giorni di lui ho letto di tutto. Dal fatto che avrebbe sfidato i Rothschild chiedendo la privatizzazione della Banca Centrale a quello che apparterrebbe alla stessa loggia della Merkel e che sua figlia, sposatasi con un ebreo, avrebbe portato l'influenza israeliana al Cremlino. Alcuni insistono sostenendo che gli oligarchi israeliti lì sarebbero particolarmente numerosi, diciotto sembrerebbe; altri ribattono che l'alleanza con Nethanyau sarebbe una mossa strategica per fregare Tel Aviv. Certuni vedono la Russia aver lanciato la sfida al Mondialismo (addirittura!) o, se hanno ancora un barlume di decenza, all'egemonia americana, ma che lo avrebbe fatto soprattutto per difendersi dal suo attacco; si ribatte loro che la Russia avrebbe solamente provato a rilanciare il suo imperialismo e sarebbe stata vittima dell'odio generale che i suoi ex sudditi ancora covano contro di essa. Alcuni vedono in Putin il difensore di Dio, Patria e Famiglia e anche – ma lo dicono sottovoce – della razza bianca. Altri ribattono che in Russia tutta la società è in crisi profonda, a iniziare dalla famiglia e che la presenza immigrata e musulmana non ha niente da invidiare all'Occidente. Alcuni vedono Putin come il paladino di un futuro dei popoli che si riannodi al passato, altri sottolineano che la sua critica agli Usa è incentrata sui valori dell'Onu e che richiede ancor più poteri mondialisti segnando semmai un'accelerazione del processo disgregativo.
Manca solo il modulino con i sondaggi del sito degli ultrà e stiamo a posto!

Cosa osserviamo e a che scopo?
In realtà potrebbe essere vero tutto questo, con tutte le contraddizioni insite in una leadership che deve far coincidere gli interessi generali russi, quelli propri alla classe dirigente russa, i sentimenti dell'opinione pubblica interna, il linguaggio di quella esterna e giocare le sue partite negli spazi consentiti.
Persino tutto questo che si è detto di lui potrebbe quindi essere vero, ma la cosa essenziale è: e chi se ne frega?
A me non interessano il processo del lunedì né i talk show televisivi e neppure le trasmissioni radiofoniche in cui si dà spazio ai pruriti e ai gargarismi dei frustrati della vita che si prendono per ultrà di calcio. Figurarsi poi in politica!
Non si tratta di dare pagelle a Putin o alla Merkel, a Erdogan o a Nethanyau ma di ragionare per almeno uno dei seguenti scopi:
a) analizzare freddamente e senza pregiudizi emotivi la realtà per sapere cosa aspettarsi da essa;
b) definire cosa poter fare nella realtà in movimento cercando di sbagliarsi il meno possibile nel prevederne l'evoluzione.
Osservare con la prospettiva di agire nel reale è insomma quanto ci deve interessare.
Ovviamente non senza una Weltanschauung (che, diciamocelo francamente, quasi nessuno più ha assunto e che molti hanno invece smarrita) e non senza un fine. Il fine per me è quello avversato dal Cfr (non perché lo avversi il Cfr ma perché l'ho ereditato da quando ho iniziato a fare politica) ovvero l'Europa Nazione – con ampia sovranità e autonomia delle Patrie – incentrata sulla potenza tedesca e sull'intesa germanorussa. Con, ovviamente, un ruolo essenziale di Roma nel Mediterraneo e nella Mitteleuropa.

Non è questione di Putin e della Merkel
Per quella Weltanschauung e per quel fine mi muovo e ragiono e perciò non me ne può fregà de meno se Putin è bravo o non è bravo, se è simpatico o antipatico.
Putin è Putin, Putin è il leader russo. Io non sono russo. Per me conta quello che in Russia o da parte russa va nel senso di una cooperazione attiva con l'Europa e con la Germania (la Russia e la Germania, non Putin e la Merkel...) e anche quello che può consentire la salvaguardia del socialnazionalismo arabo – unica diga al fondamentalismo messo in piedi da Parigi, Londra, Tel Aviv e New York e che non si limita al mondo sunnita). Tutto quello che invece va nel senso opposto conta sì per me, ma come elemento contrario.
Ragion per cui le cose vanno analizzate freddamente e mettendo in evidenza le potenzialità positive e quelle negative e, se si ha un minimo di gioco, spingendo a favore delle prime e scongiurando le seconde, altrimenti non più di ragionare per operare si tratta ma di eccitarsi per delirare.
Noto che alcuni vivono nell'attesa dell'Apocalisse nucleare – diventata l'attesa messianica di qualche ultrasensazionalista – che non avrà luogo a meno che, a prescindere dalle scelte di Putin o di chiunque altro, l'Iperclasse non abbia deciso di scatenarla per dimezzare la popolazione del pianeta e ottimizzare le fonti energetiche. Per la qual cosa servirebbe un pretesto che, come avete constatato tranquillamente, creano dal nulla quando vogliono, non gli serve Putin gli basta un Breivik o un Koulibaly (pensate a Sarajevo un secolo fa).
Altri invece temono – o auspicano – qualcosa di più probabile: ovvero l'offensiva terroristica jihadista e lo scontro di religione e razziale in Europa.
I primi hanno rinunciato anche concettualmente a vivere, i secondi però, quelli che si preoccupano di cose più vicine a noi, che cosa fanno? In che modo hanno operato per una coesione e per una coscienza che siano forze rigeneratrici?
Rendiamoci conto che stiamo ben lontani dal reale e dall'esistere e che siamo ectoplasmi irritati e nevrastenici, del tutto fuori dal mondo. Ergo, lavoriamo innanzitutto su di noi!

Quella foto di quei tre
Non appesantisco questa nota con la mia analisi sulle ultime evoluzioni nel groviglio della Yalta regionale che in Siria e in Turchia e in Iraq e in Libia ha palesemente se non soprattutto l'aria di rappresentare l'ultimo tassello per lo strangolamento dell'Europa che, per gli sciocchini che ne godessero confondendola con l'Ue, significherebbe la fine della nostra genìa e – sarò presuntuoso – la morte della civiltà. Ci tornerò a breve.
Prima però vorrei lasciarvi con un'immagine.
Ankara 6 agosto 2009: Berlusconi si concede felice e sorridente ai fotografi insieme a Putin ed Erdogan. Hanno appena firmato l'avanzamento lavori per la realizzazione del pipeline South Stream che lega energeticamente la Russia e l'Europa tramite la Turchia e blocca di fatto il Nabucco, cioè il pipeline israeloamericano che aggira la Russia.
Dall'indomani, cioè dal 7, iniziano a susseguirsi gli scandali quotidiani sul Cavaliere che di lì a breve sarà vittima dell'ondata delle Primavere Arabe e del partito atlantista (Napolitano-Draghi) e finirà con le condanne dei giudici. Oggi Putin ed Erdogan, entrambi in cima alla lista degli indesiderabili di Soros – si trovano a un passo dal farsi la guerra tra loro e in ogni caso a interrompere i progetti energetici comuni, mentre gli Usa stanno preparandosi a diventare esportatori di gas. E noi apriamo impianti di rigasificazione e dimezziamo la nostra produzione....
Questo conta. Non Berlusconi, non Erdogan, non Putin, non i loro comportamenti successivi, giusti o sbagliati o giusti e sbagliati che siano. Non contano neppure gli scenari apocalittici ma il fatto che noi siamo sotto attacco da tutti i lati e che non abbiamo prodotto gli anticorpi per nessuna malattia.
Né ce li offrirà nessuno.
Ergo, lavoriamo innanzitutto su di noi!