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E chi se ne frega !

 

Hanno liberato la signorina Sgrena: e allora ? Pensiamo piuttosto ai risvolti dell’operazione e alle distorsioni dell’opinione pubblica manipolata da neocons e pacifinti.

 

Gabriele Adinolfi

 

La liberazione rocambolesca della signorina Sgrena c’induce a più di una riflessione.

Primo: la signorina, così come quasi tutti gli altri giornalisti rapiti, così come la gran parte dei lavoratori catturati e spesso giustiziati dalla fantomatica resistenza irachena, a questa non era, almeno apparentemente, ostile. Dal che vien da chiedersi: se i rapitori non sono complici degli occupanti o addirittura loro burattini, perché allora sono così imbecilli da colpire chi, almeno in teoria, dovrebbe essere  in grado di veicolare messaggi non troppo sfavorevoli ?

Secondo: il convoglio sul quale viaggiava la signorina liberata è stato accolto dal “fuoco amico” americano. Un errore, che, se tale, la direbbe lunga sul comportamento disinvolto e criminale delle truppe d’occupazione ? O si tratta piuttosto di un modo sistematico di fare, di un atto ostile, di una prevaricazione ? Di un avvertimento: non immischiatevi autonomamente negli affari della resistenza (?) irachena ? Già lo scorso agosto il convoglio che doveva effettuare la liberazione di due giornalisti francesi – e che aveva a bordo un diplomatico transalpino – fu fatto oggetto dal fuoco yankee. Venerdì, Calipari, l’agente del Sismi che ha liberato la Sgrena è morto sotto il fuoco americano: è un caso fortuito come ce lo raccontano ? O forse  l’agente italiano durante le trattative era venuto a conoscenza di qualcosa che avrebbe dovuto ignorare ? E come non ripensare allora agli otto agenti spagnoli uccisi per errore, in diverse circostanze, sempre in Iraq dall’inizio dell’occupazione ad oggi ?

Terzo: e qui l’Iraq non c’entra ma c’entriamo noi come italiani. Per la signorina Sgrena si è mobilitata massiccia, a più riprese, l’opinione pubblica, mossa da media, partiti e sindacati.

Non ci fu la medesima intensità popolare quando si trattò di Enzo Baldoni, anch’egli giornalista, pacifista, di sinistra, catturato e poi ammazzato sei mesi fa. Perché questa disparità di trattamento ? Forse perché la signorina Sgrena appartiene ad un’aristocrazia di partito, visto che il padre fu partigiano rosso in val d’Ossola e che lei stessa ha un curriculum vitae doc nelle oligarchie della borghesia progressista, marxiana e mondialista ? Ché, nei fatti, il comunismo –dal 1917 ad oggi – questo è: un fenomeno reazionario, oligarchico e moralista che vive di privilegi e di classi.

Quarto: ed è l’approfondimento del ragionamento precedente. A causa del ritorno d’interesse mediatico sulla strage di Primavalle ci sono venuti a raccontare ultimamente che “allora erano presi da pregiudizio”, che “erano obnubilati”, che “sbaglia chi pensa che essi sono così insensibili, cinici, che fanno distinzione sul valore delle vite umane”. Ebbene, visto e considerato che le commedie e le farse in piazza sono determinate quasi per completo da quegli stessi censori e maestri del salottobene-di-marxista-ispirazione-e-disicura-liberazione-progressiva, come non ripensare al silenzio, all’ostile imbarazzo con il quale i soliti maestri di vita altrui accompagnarono il rapimento e l’esecuzione di Fabrizio Quattrocchi ? Il quale, pur considerando tutta una serie di differenze oggettive e previe, fece e ci fece fare a tutti una figura molto degna, una gran figura che rende ancor più squallido  il pianto scomposto della Sgrena. Tuttavia Quattrocchi doveva essere esorcizzato, cancellato dalla memoria perché aveva scelto il campo sbagliato. Fermo restando che quel campo è sbagliato, nessuno si è ancor chiesto se, in Italia, qualcheduno abbia fatto una scelta giusta: se se lo chiedesse resterebbe esterrefatto perché si accorgerebbe di no. E, comunque, il campo scelto c’entra poco perché delle due l’una: o le vite valgono tutte parimenti – come i manipolatori delle nostre coscienze collettive cercano di farci credere che sia per loro - o valgono invece per quel che le persone sono e per come si comportano, in particolare di fronte alla morte, qualunque sia la strada percorsa fino all’ultima prova. Che in Italia quindi ci si commuova per la disgraziata e fortunata signorina Sgrena e si dimentichi presto la dignità di Quattrocchi la dice davvero lunga.

 

 

Noreporter febbraio 2005