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Gli Usa possono sopravvivere, come Superpotenza, solo con la forza. Solo imponendo con il WTO l’abbattimento della protezione sugli altri mercati e mantenendo il protezionismo sui propri. Solo dimostrandosi la grande potenza militare che sappiamo. E che, in buona parte è pure un bluff.

Orbene, questa potenza militare ci costa (perché la paghiamo noi con le eccedenze del petrolio) decine di miliardi di dollari all’anno (solo il logistico di base costa 1.400 miliardi l’anno; nel 2002 la spesa militare complessiva è stata di 45 miliardi di dollari).

Ma dall’altra parte della bilancia vanno fatte alcune considerazioni.

La Russia, che è una potenza militare capace di contrarre gli Usa, ha terminato il suo processo di centrifugazione ed è, anzi, in procinto di riassestarsi. Economicamente, a differenza degli Stati Uniti, essa è in crescita ed in attivo dal 1999. Al contrario di quanto si crede comunemente, il capitale americano ha colà un’incidenza limitata essendo gli investimenti europei (ed in particolare tedeschi) di otto volte superiori a quelli statunitensi. Ma vi è di più, lo scorso anno la Russia si è trovata ad essere creditrice e non debitrice degli Usa, per 3 miliardi e mezzo di euro.

L’Euro poi gioca un ruolo non secondario. Il balzo in avanti della moneta unica (+ 25% in un anno) ha fornito all’Unione Europea un potere contrattuale reale sulle esportazioni e sulle importazioni.

L’Unione Europea poi, che nel solo 2002 ha chiuso con un credito  di 60 miliardi di euro rispetto agli Usa, determina le economie dei Paesi che gli Usa pretenderebbero di giocare contro di essa (Ucraina, Polonia e Turchia).

Lo stesso gap spaziale e satellitare, ben al di là del significativo disastro dello Shuttle su Palesatine, va pian piano colmandosi.

Il nostro sistema Galileo mette a rischio l’americano GPS.

Nel 2003 l’Airbus (oggetto del contenzioso per il quale Berlusconi licenziò Ruggiero) raggiungerà la produzione dei Boeing.

Inoltre la Russia è l’unico Paese non anglosassone ad avere una sua polizia satellitare capillarmente impiantata.

Le convergenze energetiche, culturali e geostrategiche tra Russia e asse franco-tedesco sono oggi palesi.

Le stesse multinazionali cominciano ad essere più penalizzate che avvantaggiate dal monopolio americano.

Insomma, a differenza di qualche anno fa, l’America è in vera e propria crisi.

Dal suo probabile ridimensionamento non scaturirà, quantomeno non subito né automaticamente, un superamento del capitalismo né tanto meno della globalizzazione.

La quale ultima, però, al momento va nella direzione delle grandi regionalizzazioni continentali ed offre, pertanto, lo spunto a nuove sintesi rivoluzionarie e costruttive.

Sintesi alle quali si deve tendere e per le quali si deve operare.

Intanto, quali che siano gli esiti della faticosa spedizione, antiaraba, antieuropea ed antiasiatica in Iraq, gli Usa sono alle corde.

Chi li sostiene non è più soltanto un lacché o un cinico partigiano di stermini di inermi ma è anche politicamente cieco e superato dalla storia.

La quale, si sa, volta pagina molto in fretta.




Nota: Alcuni dati di questo articolo sono stati ricavati da “Après l’Empire” di Emmanuel Todd, ed. Gallimard, Mayenne, 2003i