Così vogliono i loro padroni. È difatti in atto da tempo una campagna di destabilizzazione del governo moscovita perché da quando comanda Putin non c’è molto da scialare per gli oligarchi, cioè per i magnati cosmopoliti che durante la fase di trapasso si sono arricchiti alle spalle dei popoli dell’ex Urss, ai quali miliardari (amici stretti degli americani e degli inglesi) Mosca ha di recente presentato il conto. In particolare da quando Putin ha dato l’ultimo giro di vite alla Yukos, ben tre attacchi terroristici in una settimana hanno insanguinato la Russia. Dapprima i turbolev che, a detta del Mossad generalmente ben informato, sono esplosi (o sono stati abbattuti dalla contraerea ?) prima di raggiungere i bersagli previsti (che sarebbero stati la città di Mosca e l’abitazione del Presidente). Poi un’autobomba deflagrata nella capitale. Infine l’infame tragedia di Beslan. Oltre trecento morti, quasi tutti bambini. E viene da chiedersi cosa mai direbbe oggi quella stampa occidentale che si spertica nel proporre banali assurdità prive di fondamento a critica dei russi (“la forza non paga”) se gli attentatori fossero stati palestinesi e le vittime israeliane. Che la Russia, principale ostacolo alla realizzazione della strategia di quell’egemonia planetaria designata da Brzezinski e avente come obiettivo il pieno controllo dell’Asia centrale, sia il principale bersaglio del terrorismo internazionale e, soprattutto, dei suoi registi holliwoodiani, non è cosa nuova. Addirittura l’inquietante ma ben informato Lindon Larouche sostenne, all’indomani dell’11 settembre, che quel colpo di stato a sensazione realizzato nelle alte sfere degli Stati Uniti, aveva come ulteriore obiettivo quello di creare un conflitto con la Russia. Quella Russia che, insieme con l’Argentina (che pagò immediatamente un salato dazio) minacciava tra l’altro con i suoi oleodotti (la cui costruzione è stata poi sospesa) alcuni interessi strategici americani ed israeliani. “La Russia è oggetto di un’offensiva terroristica internazionale che viene dal di fuori della Federazione Russa”. Così sabato scorso si è espresso Putin che più chiaramente non avrebbe potuto parlare. Intanto Aznar, che dopo la strage dell’11 marzo a Madrid ha dovuto lasciare il governo non ai suoi successori designati ma ai pacifinti (quelli cioè che “con l’Onu si può”…), diceva che “il terrorismo internazionale è coordinato ed ha un preciso scopo: quello di destabilizzare la democrazia”. Ora, se con ciò s’intende che si vuol vanificare ogni forma di partecipazione reale alla gestione sociale ed economica e che si pretende di liquidare ogni sovranità, la formula è giusta; del resto è espressa a chiare lettere nel programma della Commissione Trilateral pubblicato ben trentun anni fa e progressivamente perseguito fino ad oggi. Aznar sa di cosa parla. Se non altro per aver frequentato a lungo ambienti sospetti e per aver offerto il suo pieno appoggio alla crociata anglo/israelo/americana contro l’Iraq. Cercando, è vero, di ottenere in cambio con un certo spregiudicato machiavellismo un ruolo internazionale spagnolo nell’area (in particolare in Siria) , tentativo conclusosi con un bilancio disastroso: otto agenti spagnoli liquidati, l’esecuzione in diretta televisiva da parte americana del giornalista Anguita a Baghdad e, infine, la strage di Madrid. Come dire: col fuoco non si gioca. Putin e Aznar comunque ci hanno spiegato, sia pur in codice, cosa sta realmente accadendo. I giornalisti, vuoi per servilismo, vuoi per ignoranza, vuoi per presunzione, vuoi per ottusità, vuoi per una miscela di tutti questi ingredienti, non coglieranno però l’assist che i due statisti hanno loro offerto. Continueranno piuttosto a discutere i metodi di Putin (“si doveva trattare”). Come se si potesse trattare con chi non ha intavolato trattative ma – contro il parere della stragrande maggioranza dei ceceni - ha richiesto l’evacuazione della Cecenia, ovvero di una regione che per motivi geopolitici ed energetici fa molta gola ai magnati cosmopoliti e ai registi del terrore. Contro chi ha pianificato la morte e l’eccidio. Contro chi ha scatenato l’inferno, se è vero, come sembra vero, che i russi sono intervenuti a carneficina di bambini già avviata. Purtroppo dai facitori d’opinione, servi o imbecilli, o servi e imbecilli che siano, tutta la questione verrà affrontata sulla base dell’apparenza. Ovvero del messaggio come è voluto dai registi dell’eccidio e di tutto quel che lo ha preceduto ed accompagnato: del terrore, dello spettacolo, dell’imperialismo, del capitale. Gli “opinionisti” continueranno a cianciare di “scontro di civiltà” e a lasciarci credere dell’esistenza di una cupola islamica che tanto islamica non è, e di un complotto internazionale che, nella misura in cui esista, parte invece da ben altri ambienti e persegue tutt’altri risultati. D’altra parte anche un analfabeta è in condizioni di capire la mistificazione che si cela dietro la formula dello scontro frontale con il mondo arabo/musulmano. La Palestina, l’Iraq, la Cecenia e l’Afghanistan non sono comparabili. La prima è teatro di un’operazione di genocidio e di pulizia etnica senza pari e comprende, tra i resistenti disperati, importanti fasce cristiane e vasti ambienti laici. In Cecenia le oligarchie occidentali giocano a risiko ed utilizzano truppe guerrigliere istruite dai servizi segreti pachistani che sono i principali alleati dell’occidente, regolarmente istruiti a loro volta dagli israeliani e dagli americani. In Afghanistan hanno luogo tribali e tra bande e la posta è il papavero d’oppio. I giocatori ? Vediamo se indovinate. L’Iraq è la regione che nella sua zona doveva essere libanizzata per prima al fine di privare Francia e Germania di un prezioso alleato politico ed energetico, di far levitare il prezzo del petrolio al barile che dovrà superare i 50 dollari per rendere conveniente la trivellazione dei pozzi americani ed il loro sfruttamento. Ma c’è di più: per la Palestina e per il popolo iracheno è auspicabile un rafforzamento di Putin, mentre per la guerriglia cecena l’indebolimento del nuovo Zar è fondamentale. Ragion per cui i ceceni sono oggettivamente alleati degli israeliani, e questo a prescindere dal link pachistano. La questione arabo/musulmana dunque non esiste. Ce ne sono varietà infinite e non assimilabili tra loro. Restano i terroristi e, soprattutto, quelli che li proteggono, li finanziano e li imboccano. Alcuni dei combattenti della “Jihad” sono guerriglieri autonomi, la maggior parte sono disperati manipolati, alcuni, spesso i più influenti, dei bastardi manipolatori. Perché non è plausibile l’esistenza e la sopravvivenza di un gruppo clandestino al di là del secondo, al massimo del terzo attentato. La storia recente, senza eccezioni, c’insegna che tutti i gruppi di questo tipo vengono infiltrati, decapitati e infine indirizzati dal potere che ne prende saldamente il controllo gerarchico. Tutti gli attentatori dunque, rispondono – scientemente, inconsapevolmente o in maniera sofisticata – ad una centrale di regia che non c’entra gran che con La Mecca ma si trova ad occidente: molto, molto ad occidente. Ed il cui scopo è l’asservimento di tutte le genti libere. Forza Putin, le nostre residue speranze di uomini liberi, di uomini degni, di non bruti, riposano in te.