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Badate, non stiamo parlando di un Paese sottosviluppato dell’ Africa equatoriale alle prese con handicap culturali e climatici insormontabili o in preda ad una pigrizia atavica, né di una landa desertica o brulla, ma di una delle regioni più fertili del mondo. Di una terra ricca di pascoli, bestiame e materie prime, della più vitale tra le antiche colonie spagnole, di una Nazione composta per oltre metà da emigranti italiani che l’hanno resa florida, ricca e ridente.

Al punto che, come ricordava la stella del rugby Dominguez, fu proprio l’Argentina a consentire al nostro Paese di risollevarsi dal disastro del dopoguerra.

Eppure quella terra florida, ridente, dinamica, si è trasformata di colpo in un paesaggio d’orrore.

 

politicanti ladri

 

A ridurre così l’Argentina è stata innanzitutto la corruzione di una classe dirigente ladra, incompetente e ingannatrice, che ha tradito il messaggio e l’esempio di Perón e di Evita. Ora mettendosi supina davanti ai generali ed ai cardinali che erano custodi della dittatura latifondista, ora scodinzolando appresso alla coalizione progressista, ora simulando addirittura di essere la continuatrice del peronismo, sempre  però chinando la schiena davanti ai potentati internazionali ed allungando la mano per raccogliere a man bassa tutto ciò che poteva essere depredato.

Non è sorprendente che si eviti di trattare l’argomento, perché la classe dirigente italiana non brilla certo per onestà e coerenza, stracolma com’è di voltagabbana e di ruba galline, di portaborse capaci di passare con assoluta disinvoltura dal marxismo al postfascismo senza tralasciare tutte le sfaccettature del democristianismo sdrucciolo e vorace.

Un inquietante parallelismo tra la bancarotta argentina ed il nostro avvenire ipotetico potrebbe dunque sorgere spontaneo.

 

tecnocrati scellerati

 

A devastare l’Argentina è stata una scellerata politica monetaria, dettata da tecnici del FMI, amministrata da mediocri tecnocrati locali, nel solco preordinato dal WTO.

Anche questo spiega l’imbarazzo dei politici e dei facitori d’opinione. La stessa dottrina monetarista, la medesima filosofia economica, dettano legge all’Unione Europea e, come effetto della sarabanda detta mani pulite, oggisono i tecnici a fare e disfare a piacimento (altrui) le cose di casa nostra.

La loro totale subordinazione a potentati internazionali, il loro scodinzolante clientelismo verso padroni senza frontiere, che in altri tempi avrebbe indotto a tacciarli di tradimento, sono sintomi minacciosi della stessa malattia argentina. La scelleratezza, il cinismo, la nevrotica ideologia razionale e matematica che si perde in alambicchi astratti, sono altrettante qualità dei tecnocrati che dettano ai nostri tecnici le misure da prendere. Allucinati e privi d’esperienze reali, i tecnocrati si sono rivelati laggiù facitori di disastro e non vi è ragione perché noi si debba stare tranquilli.

Dopodomani potremmo trovarci davvero anche noi come gli Argentini.

 

un fallimento dell’Economicismo

 

Ecco perché l’Argentina genera imbarazzo; essa è la cartina di tornasole che attesta il fallimento intrinseco ed inevitabile del Capitalismo (ossia del capitale che specula sull’economia e sul lavoro), dell’Economicismo (ovvero della mercificazione della vita, dell’abbrutimento dei valori, dello sgretolamento della società, dell’abbandono dell’etica e della forza creatrice) e del Dirigismo (ovvero della pianificazione della vita, dell’uniformazione delle genti, in una sorta di titanica e luciferina autodeificazione dell’oligarchia dominante).

L’Argentina attesta una lunga serie di fallimenti e persino di miracoli all’incontrario.

Come giustificare, infatti, che un popolo che possiede ingenti ricchezze naturali e vanta una tradizione lavorativa ed imprenditoriale non disprezzabili, si trovi in bancarotta ?

E questo senza che i pascoli siano scomparsi, che le mucche siano morte, che le materie prime siano esaurite; le formule magiche dei sacerdoti dell’Alta Finanza hanno paralizzato sinistramente la vita, come nel pieno di un incubo surrealista, come in un paesaggio sarumaniano, come nei devastati ambienti sovietici.

 

la politica dello schiacciasassi

 

Vi è poi un altro risvolto, recondito e difficile da decifrare, che rende problematico per il potere il caso argentino.

La politica dello schiacciasassi ha appiattito, sbriciolato, annientato, tutte le specificità ideologiche e programmatiche. Come in Usa ed in Inghilterra, tutto si è ridotto ovunque ad un sistema immobile di dittatura oligarchica i cui equilibri vengono garantiti dall’oscillazione pendolare tra una falsa destra ed una falsa sinistra nelle quali si ritrovano, incastonate, tutte le lobbies e le oligarchie possibili ed immaginabili.

All’interno di quest’immobilità, le differenze politiche si esprimono in termini di tifo di scuderia pro o contro questa o quella lobby di antica matrice ideologica.

Nell’autoregolamentarsi il sistema ha creato due false linee di spartiacque; l’una, verticale, divide i supporters della falsa destra da quelli della falsa sinistra, l’altra, orizzontale, separa i paladini della tranquillità sociale dai contestatori che si chiamano no global ma, come ha argutamente rilevato Oreste Scalzone, rappresentano un po’ il circo, i saltimbanchi, del global cui forniscono un’ulteriore solidità plastica.

Ma in Sud America le cose non stanno ancora così.

 

un crogiolo di innovazioni ?

 

L’intelligentia americana ha operato perché il medesimo unigrigiore s’impadronisse del continente ispanico; tant’è che la svolta monetarista ed ultraliberale, compiuta durante la giunta militare ed acuita sotto il governo progressista, è stata infine affidata a sedicenti peronisti capeggiati da Menem, che quando occupava la carica presidenziale era addirittura membro del Cfr statunitense, mentre il compimento finale della medesima sciagura in Venezuela è stato recentemente affidato al castrista Chavez.

Il messaggio è chiaro: si vuole neutralizzare e rendere vano qualsiasi riferimento ideale, qualsiasi sogno.

Ma le dimensioni del disastro sono gigantesche ed ecco che l’Argentina sembra destinata a sprofondare in un periodo d’instabilità totale e in un clima preinsurrezionale, e forse dopo di lei l’Ecuador e il Venezuela, e, chissà, anche il Cile.

Quel che rischia di crearsi non è solo un fattore di estrema instabilità come in altre zone del pianeta, forse strategicamente più importanti quali il Medio Oriente o l’Asia Centrale, ma un crogiolo di innovazioni.

Com’è noto l’America Latina rappresenta qualcosa di assai particolare. La lotta sociale e le frizioni di classe, colà si uniscono inscindibilmente con il sentimento nazionale e con la difesa culturale ispanica e precolombiana.

La costituzione naturale, a causa del fallimento programmatico del Capitalismo, di sacche di auto-organizzazione economica e sociale potrebbe dar vita a nuove sintesi, a nuovi modelli politici.

Questo consentirebbe di prendere alla sprovvista le oligarchie dirigiste, modificando i modelli politici con una vera e propria onda di ritorno.

L’antiglobalismo potrebbe trovare proprio dalla situazione argentina gli spunti utili per farsi progetto politico articolato, creativo, multiculturale, multipolare ed elastico, trovando  il suo modello nell’esempio di Perón e di Evita e di tutti coloro che a Perón e a Evita fornirono l’esempio.

 

verso il riemergere della politica ?

 

Benché si abbia l’impressione del contrario, il sistema trans-nazionale in realtà è profondamente debole in quanto si fonda su di una precarietà strutturale e su una totale mancanza di centralità spirituale. Al che si deve aggiungere la mancata partecipazione della gente che è schiacciata alla periferia della politica ed è stata estromessa dal potere decisionale.

Ci troviamo di fronte ad un ruolo passivo delle masse atomizzate ed individualizzate, che se anche risulta organico alle speculazioni, alle spoliazioni ed al successo delle mire dirigistiche, non conferisce alcuna potenzialità reattiva a sbandamenti eventuali del sistema; sicché un vuoto di potere, più che drammatico, potrebbe rivelarsi fatale.

Tuttavia dobbiamo tenere in conto che la solidità del potere sta proprio nell’accettazione continuata di questo rischio. La sua indiscutibilità, difatti, è data da un condizionamento psichico e psicologico a causa del quale appare inutile ed improduttivo, e pertanto improponibile, qualsiasi sforzo per modificare in positivo il quadro politico, sociale e culturale; per ricondurre la gente alla partecipazione della Cosa Pubblica, la quale si fa ogni giorno più Privata.

Il circolo è vizioso, il serpente si morde la coda: a nessuno sembra possibile prendere in mano il proprio destino.

Ma il fallimento registrato dall’oligarchia trans-nazionale è cocente al punto che può produrre di colpo in Argentina e in Sud America il riemergere della politica perché, in mancanza di soluzioni teleguidate, sarà il popolo argentino a doversi rimboccare le maniche e a dover organizzare il proprio futuro; scoprendo, con ciò, che è possibile. Questo riemergere della politica dimostrerebbe l’infondatezza del condizionamento psicologico paralizzante dell’inutilità dell’impegno.

E ciò non solo presso chi si troverebbe ad essere nuovamente protagonista della propria vita, finalmente libero dall’avvilimento della delega e della subordinazione, ma anche agli occhi di chi assistendo a  questa rinascenza, ne sarebbe immancabilmente attratto ed ispirato.

Se questo dovesse avvenire in Paesi a noi affini, ad opera di gente molto simile a noi, che troverebbe gran parte dei miti e dei modelli mobilitanti proprio nei nostri, un simile evento darebbe un serio impulso ad un risveglio europeo, sia politico che sociale.

 

l’impegno volontaristico della destra radicale

 

L’Argentina, dunque, significa molto per noi.

Per  legami di sangue e di storia, per profonde motivazioni ideali e politiche, perché la sua tragedia è il frutto di politicanti incapaci e corrotti ed il risultato della dittatura dei finanzieri. Perché, infine,  proprio da questa Nazione può riprendere vita la politica intesa come partecipazione e come autodeterminazione.

Il cordone ombelicale che ci lega alla terra di Evita e dei Descamisados è forte, talmente forte che è bastato che si adombrasse la necessità di aiuti per il popolo argentino perché un’intera area di pensiero e di sentimento prendesse a mobilitarsi, convinta, disinteressata, al di là delle etichette e degli steccati di scuderia.

L’impegno volontaristico per mobilitare le coscienze, per inviare tonnellate di latte in polvere e di pasta, abiti, scarpe, oltre l’Atlantico, o per effettuare adozioni a distanza, non si è fatto attendere e ha registrato l’impegno entusiastico di comunità politiche e metapolitiche di varie regioni e di molte città. E chiunque volesse in qualche modo contribuire o essere messo al corrente degli sviluppi della campagna troverà riferimenti all’interno della rivista o potrà contattare la redazione per essere messo in contatto con gli organizzatori.

Non si tratta solo di un sostegno che noi tutti abbiamo dato e stiamo dando a questa sfortunata Nazione ma di un aiuto che l’Argentina sta offrendo a noi.

Quest’impegno solidaristico, volontarista, metapolitico, trans-partitico, che si svolge a rete, garantendo le autonomie, ottimizzando e potenziando oltre la somma delle singole parti il valore di tutti i partecipanti è, infatti, prova tangibile di una benedetta mutazione antropologica che dovrebbe condurre un’area ghettizzata, atrofizzata ed esangue ad un ruolo di protagonista nella realtà modificata.

Quale che sia la reale incidenza dell’impegno, quale che sia la portata concreta di questa iniziata mutazione, è innegabile che l’approccio mentale ed operativo della minoranza arroccata nelle categorie della destra radicale in un paio d’anni sia migliorato al di là delle più ottimistiche aspirazioni.

E proprio l’Argentina ne rappresenta un valido banco di prova, una prima cartina di tornasole.