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 Spieghiamoci.
La vittoria del Non è positiva se:
-  mette un freno all’apertura spregiudicata dell’UE alla Turchia
- consente di regolamentare il processo di caotica crescita dell’Unione, spingendo i suoi paesi locomotiva, cioè Francia e Germania, ad istituire un’Europa a due marce. Il che consentirebbe il rafforzamento di un nocciolo solido (il cosiddetto polo carolingio) aprendo la strada ad un’entente seria con la Russia e permettendo a noi tutti di sfuggire alla trappola turca. La scelta turca, senza prendere in conto gli aspetti culturali, religiosi e demografici, sarebbe infatti letale per tutti noi perché ci metterebbe in un sol colpo in immediata collisione strategica e politica con i paesi arabi e con la Russia che sono, invece, i nostri alleati naturali.
Se avesse vinto l’Oui si sarebbe di fatto indebolito proprio il polo carolingio, non si sarebbero espresse riserve palesi all’ingresso della Turchia e si sarebbe accelerato il processo, voluto dalle multinazionali e dal WTO, di trasformazione di Eurolandia esclusivamente in un mercato libero/scambista.
Il che accadrà anche dopo la vittoria del Non, se questa non sarà capitalizzata politicamente. Con l’aggiunta di una perdita di prestigio francese e, dunque, di un’accelerazione del processo di decomposizione.
Ecco perché a mio giudizio si deve essere molto cauti nell’esultare ed è opportuno drizzare le antenne.
Molti dei fanatici del Non, specie all’estrema destra, stanno infatti leggendo questo risultato in modo assolutamente improprio e gli stanno offrendo sviluppi che, se mai fossero fatti propri dalla classe dirigente francese, ci condannerebbero tutti alla schiavitù perenne.
Ho letto che questa sarebbe stata la risposta della Francia più o meno tradizionale al processo mondialista. Balle ! Innanzitutto perché le motivazioni del Non sono state essenzialmente tre:
-    Un no alla Turchia, non solo cattolico ma anche laico e progressista (le condizioni delle donne, le torture)
-    La rivolta contro il carovita (l’euro e le sovvenzioni della UE stanno dissanguando la Francia. Del resto se vediamo chi sta votando Si ci accorgiamo che sono i paesi che ricevono le sovvenzioni mentre votano No quelli che le pagano…)
-    I portaparola del Oui che, oltre a Chirac – che non riesce mai ad essere davvero popolare – sono Sarkozy e il bruciatissimo Hollande: gente che infastidisce.
Contrabbandare per bastione tradizionale una Francia che è profondamente laica, modernista, multirazziale, pluriconfessionale, è una vera e propria mistificazione. Pretendere che sia stata rigettata la costituzione perché non menziona le “radici cristiane dell’Europa” è una vera e propria affabulazione. Non solo perché le radici dell’Europa non sono storicamente cristiane (semmai lo è il tronco) ma perché la formula rigettata parlava di “radici giudaico-cristiane” che è tutt’altra cosa. Il dibattito è dunque posto impropriamente e, in ogni caso, la scelta “antilaica” non è decisiva se è vero, come è vero, che una larga porzione della sinistra giacobina ha votato Non.
A questo punto entra in ballo il dopo referendum; e, con il dopo referendum entrano in ballo i nostri destini. Il ripiegamento sciovinista verso un sovranismo micronazionalista – che di fatto non esiste né strutturalmente né in potenza nell’era del trans/nazionale – significherebbe mandare a picco ogni potenzialità francese, accelerare il procedimento liberista in Europa, accettare il giogo degli americani e delle multinazionali e, guarda un po’, far compiere un prodigioso balzo in avanti al processo di melting pot e di mix religioso e culturale già oltre il livello di guardia.
Insomma, una volta di più, non si sa se l’estrema destra è più imbecille o più asservita agli americani. In ambo i casi  mente a se stessa, mente agli altri, trasforma le cose, prende fischi per fiaschi ed offre ben misero spettacolo di sé.
Auspicando che esista qualcuno nel mondo politico francese che non subisce queste  fascinazioni surreali, possiamo comunque guardare con un briciolo di fiducia al dopo Non.
Purché prevalga la volontà di operare nel senso che abbiamo indicato e che, fortunatamente, è già stato proposto da figure di rilievo, quali Henri de Grossouvre che non è soltanto l’autore del best seller Paris-Berlin-Moscou ma è dirigente del Think tank europeo istituito dal governo francese.
Perché possiamo prenderci in giro quanto vogliamo e fantasticare di hobbit, di nuovi crociati o di dischi volanti che intervengano a risolvere i destini del mondo; possiamo teorizzare torri inespugnabili che arrestino il tempo e possiamo anche girare per gli asili psichiatrici a giocare ai moschettieri del Duce. Ma in realtà il nodo cruciale è questo. O la Francia recupera il suo antico spirito imperiale e, sposandolo con quello russo, lo allarga all’intera Europa, oppure diventerà una provincia estrema dell’Harlem americanizzato mentre noi tutti scivoleremo definitivamente nella pattumiera della storia. Chissà, forse ben ci sta.