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 Da anni giacciamo e vegetiamo in un limbo d’incoscienza, in preda al  deliquio, immersi in una realtà di cui a stento cogliamo le ombre, simili ai “precog” di “minority report” ma privi del loro dono divinatorio. Come sosteneva argutamente Gurdjeff e come ci ha recentemente rappresentato il film “Matrix”, noi non mangiamo le bistecche, siamo mangiati dalle bistecche…
Ovvero, siamo inconsci, passivi e fluttuanti oggetti inanimati alla mercé delle casuali folate di vento che ritmano la nostra esistenza priva di lucidità.

Quando si parlava di alternativa esistenziale

E dire che qualche decennio addietro non tutti erano così facili vittime del torpore esistenziale che ci accompagna dalla culla alla bara in un percorso contrassegnato da gesti meccanici e arricchito da poche, confuse, sensazioni recepite in modo nevrotico e vissute limitatamente alla sfera viscerale.
Negli anni della contestazione giovanile, nel periodo in cui una sinistra politicamente cosciente ma spiritualmente disordinata tentava la scalata al cielo del potere e lo faceva arrampicandosi sulla Torre di Babele che aveva eretto sulle fondamenta della sua superficiale presunzione, la gioventù ribelle di altro stampo le contrappose infatti proprio una scelta esistenziale. Fu il tempo in cui si scoprì Evola, non tanto l’Evola del mito incapacitante come fu definito più tardi da chi, probabilmente era incapace di mito, ma l’Evola della differenza assoluta, dell’alternativa radicale ed intransigente ai valori borghesi.
La sinistra estrema si caratterizzò per una freddezza metodologica ed un senso della strategia assolutamente estranei al mondo neofascista, la destra radicale per una coscienza esistenziale e forse persino metafisica che nei migliori suoi esponenti scaturiva in un’alternativa valoriale realmente vissuta.
Non amiamo troppo semplificare ma se vogliamo possiamo dire che l’ultima gioventù ribelle, quella degli anni sessanta e settanta, si divise specularmente, eccedendo in concretezza e difettando in intelligenza quella di sinistra, abbondando in coscienza filosofica e scarseggiando in realismo quella dell’estrema destra.
Il risultato è noto: la sinistra è andata allo sbando, vittima di droghe, frustrazioni, nevrosi di ogni tipo, sconfitta dalla sua omologazione esistenziale ai valori borghesi, l’estrema destra è andata allo sbaraglio, vittima di rapporti di forza proibitivi.

Le bussole si sono smarrite

Tanta acqua è passata sotto i ponti ma oggi gli epigoni dei ribelli di allora non stanno di certo meglio. A sinistra non si è acquisita alcuna coscienza esistenziale, non si è identificato alcun riferimento spirituale, ma in compenso si è andata perdendo quasi per intero la capacità politica; all’estrema destra la concretezza non è stata raggiunta mentre i riferimenti esistenziali sono andati smarrendosi, permanendo, di quando in quando, più come atteggiamenti che non come affermazioni. In altre parole questa parte politica è andata letteralmente in catalessi perché, se manca la virilità spirituale, che senso ha orientarsi verso il fascismo ? Una domanda, questa, alla quale pochi sono in grado di dare una risposta che in troppi casi temiamo potrà essere fornita solo dalla psicanalisi o dalla sociologia.
Il sistema nel suo complesso ha dunque prevalso. I suoi contestatori ne sono invischiati, condizionati in tutto e per tutto.
Il che, ovviamente, vale anche per chi non ha mai avuto la pretesa di opporsi a questo sistema, per chi vive quotidianamente e crede, o s’illude, che la politica sia la risultante delle necessità reali. Per chi, in altre parole, spera che, in fondo in fondo, un minimo di etica e di buon senso intervengano nel governo delle economie e delle politiche e che, in un modo o nell’altro la baracca resti in piedi e la nave non affondi.
Tutti, ovviamente, si sbagliano.

Tre verità in una: ovvero la chiave di tutto

Si sbagliano perché non hanno la chiave.
La chiave dell’intero problema contemporaneo è una e trina allo stesso tempo. E cioè.
I° Siamo prigionieri di una concezione etica e spirituale eunucoide e sterilizzante.
II° Siamo alla mercé del Crimine Organizzato che, dal 1945 in poi, impera sovrano e detta legge a tutte le istituzioni pubbliche e private, laiche e religiose.
III° Siamo nelle mani di una classe dirigente cinica, immorale ma anche incompetente ed impreparata.
Queste tre verità di fondo sono strettamente collegate tra loro tanto che è difficile stabilire tra di esse un preciso ordine gerarchico o un’esatta relazione di causa ed effetto.
Queste tre verità di fondo inoltre dettano, a chi le riconosca, la necessità di operare altrimenti, per così dire differenziandosi per sottrazione, evitando cioè d’invischiarsi in una dialettica che non porta ad altro che all’impantanamento ed alla perdita dell’interezza e dell’integrità.

Ingannandosi si va puntualmente fuori strada

Viceversa, per incapacità, per scarsi strumenti d’interpretazione, per poca intelligenza, per accomodamento o per vigliaccheria, troppo spesso si ha la tendenza ad accettare acriticamente la commedia politica mutuandone i clichets e finendo, una volta di più, fuori strada.
È per “vestire gli ignudi” come diceva Pirandello, che si attribuiscono potenzialità ad alternative inesistenti. Alternative politiche istituzionali, alternative alla gestione dell’imperialismo globale, alternative “umane” al capitalismo.
È per la medesima sindrome che si oppone all’imperialismo aggressivo il buonismo pacifista o terzomondista.
È per la stessa identica logica che si pretende di convincere la gente anziché di avvincere la gente. Ovvero si cerca di ottenere una pacata persuasione mediante la recitazione puntuale di concetti assai banali e lo si fa in un preciso gioco delle parti nelle quali non si capisce bene se si preferisca convincere o addirittura essere convinti dagli interlocutori. Ci si perde in un reiterato “monologo a più comparse” anziché parlare al cuore e risvegliare il fuoco sopito.
In una piattezza sconvolgente nulla accade, perché dal nulla procede il nulla a meno a che una forza creatrice non estragga il Cosmos dal Caos.
E proprio qui sta il punto.

Uno sguardo nell’orrore: la caricatura della “Grande Madre”

Chi voglia fare fronte, fosse pur da solo, deve partire da tutt’altra ottica.
In primo luogo l’alternativa deve essere esistenziale.
Viviamo invischiati in un’era orribile, che uniforma nel nome del totalitarismo dolce, che cloroformizza, che evira e toglie ogni spinta vitale, come mai, probabilmente, era accaduto in passato. Spiritualmente  si tratta di una civilizzazione dai tratti omosessuali, eunocoidali, in cui si è prigionieri della caricatura della Grande Madre, o meglio di una grottesca mamma mediterranea.
L’intera deontologia non scritta dell’esternazione sociale, non solo sul piano politico ma anche su quello morale, scolastico, sportivo, è fondata sulla omologazione, sul non uscire dal coro, sull’imperativo di essere eguali, sulla brama di essere accettati, di essere accolti dal grande grembo informe, non differenziandosi in alcun modo ma emergendo solo per cooptazione, su input dall’alto, in nome e in prosecuzione del modello uniforme, come accade ai bambini secchioni, in quel desiderio di riconoscimento proprio di chi non sa, e non vuole, camminare da solo; figurarsi volare.
Tutta l’ideologia che ci viene propinata è quella della rinuncia. “Chi te lo fa fare ? A cosa serve ? Non si può combattere contro i potenti. I tempi sono cambiati” ecc.
Tutto induce alla rinuncia e soprattutto a far abbassare la schiena e ripiegare le ali: in nome di un pragmatismo che si vorrebbe astuto ma che in effetti è soltanto furbetto e, come tutto quel che sa di furbizia, del tutto controproducente.
Le stesse questioni più importanti della vita:l’amore, il sesso, la religione, l’anima, la salute del corpo, subiscono un difetto d’impostazione che tanto fa pensare al viziato e vizioso rapporto che intercorre tra un’indulgente mammina ed un ometto castrato e nevrastenico.
Tutto il politically correct è impostato su questi binari, ma anche il religiously correct e le sue devianze new age.
Non se ne può uscire se non con una differenziazione radicale.

Essere spada

L’alternativa, l’unica alternativa radicale, sta nella virilità spirituale, in quella via perigliosa e affascinante che se è vero che conduce spesso al titanismo e dunque ad una sia pur epica perdizione, nei casi più degni perviene all’eroismo: la via guerriera.
Che, a scanso di equivoci o di interpretazioni distorte, fallaci o volutamente in mala fede, non significa la via dell’aggressione in armi perché, come c’insegna la tradizione virile orientale, il guerriero è colui che non ha bisogno di sfoderare la spada perché È la spada.
L’alternativa, l’unica alternativa sensata e possibile, sta nel rifiuto dell’intera impostazione del linguaggio sociale oggi corrente, sta nell’affermazione di sé attraverso l’opposta rinuncia a quella che ci viene ogni giorno predicata ed imposta: cioè non la rinuncia alla lotta ma quella agli onori, alle facili seduzioni, alle inutili e vuote sovrabbondanze.
La via guerriera è quella della militia interiore che, se non altro per verifica di se stessa, non si limita alle parole, ai propositi ed alle formule filosofiche, ma si traduce in atti quotidiani di silenti e significativi sacrifici compiuti in nome di qualcosa che ci sovrasti verticalmente (in senso ideale e simbolico) e che ci contraddistingua orizzontalmente (in senso comunitario).
È la via dell’autocentratura.





Autocentratura

Questa autocentratura consente di fissare lo sguardo negli occhi dell’Idra senza rimanere pietrificati,  ci permette di guardare la nudità senza obbligarci a rivestirla di trine per sfuggire al senso di vertigine e allo sgomento.
Questa autocentratura consente altresì l’incorruttibilità, perché le motivazioni narcisistiche che trasformano la militia in carriera e la carriera in professione vengono meno in chi abbia affermato la sua virilità e, con essa, quella soddisfazione interiore che non necessita quelle verifiche plaudenti e quelle prebende di cui sono continuamente ingordi gli adolescenti mai cresciuti, di qualunque età anagrafica essi siano. I quali, proprio per questa ragione, cioè per narcisismo, per orgoglio, per vanità, per volere a tutti i costi dimostrare qualcosa a qualcuno, sono fragili, intimamente non compatti, e quindi corruttibili per tentazione.
Questa autocentratura permette infine di parlare un’altra lingua, quella dei gesti, degli esempi, delle parole vibranti, delle verità sconvolgenti, quella che va al cuore e che fa la differenza. Quella che fa consenso senza che si debba scodinzolare per inseguire il consenso, che lo fa perché avvince, perché seduce prima ancora di persuadere.

Scegliere l’opposta rinuncia

È sulla base di quest’alternativa, di quest’aurtocentratura che, unicamente, si può opporre qualcosa al modello omologante, all’impero del Crimine Organizzato, all’incapacità devastante delle classi dirigenti.
È soltanto integrando quest’alternativa, che la metodologia, la tecnica e la strategia intervengono come armi vincenti a supporto di una comunità ideale che difenda ed affermi la dignità, la libertà del suo popolo, la dignità e la libertà in assoluto e, soprattutto, la giustizia.
Chi abbia acquisito un minimo di coscienza di sé e del mondo che lo circonda non può non sapere che l’alternativa politica marcia di pari passo con quella esistenziale. Che nel mondo eunucoide soggetto al totalitarismo estremo della caricatura della Grande Madre, che nel sistema unificato dalle meccaniche, dall’etologia e dalla gestione mafiosa, la sola possibilità di alternativa sta appunto nell’autocentratura micro e macro comunitaria, nella liberazione per differenziazione, nell’affermazione dell’autonomia nel senso letterale del termine (che è quello di darsi da soli la legge, di darsela non di farsela perché essa già esiste e ci sovrasta e non è soggetta alle manipolazioni dei trituratori e masticatori attuali del Diritto). Una sorta di Devoluzione intesa come Rivoluzione ovvero come ritorno al buon senso ed alla giustizia.
È insomma per via dell’opposta rinuncia (di quella alle imposizioni formali e alle offerte allettanti e non di quella, oggi imperante, che si traduce in cessione di sovranità territoriale, popolare, nazionale e sacrale) che, in contemporanea ed in contrasto con il Molog, può nascere e prender forma l’alternativa di rettifica e di rinascita.
Ed è possibile farlo andato al passo con i tempi.

Al passo con i tempi: Impero, autonomia, interventismo, socializzazione

Accompagnando, cioè, l’attuale tendenza all’allargamento degli spazi (che letta in altra dimensione corrisponde alla restrizione geometrico-sacrale del mondo), in una visione imperiale europea.1
Accompagnando l’immancabile spinta equilibratrice che risponde a detto allargamento, ovvero la tendenza alla localizzazione, dando a quest’ultima una coscienza memoriale, improntata sia sul genius loci che sul genius speciei.  Il che ha non solo un senso ma addirittura un potenziale deflagrante se si persegue la linea della più ampia autonomia, impostata sul modello della gestione comune e diretta. 2
Accompagnando poi le crisi di crescita tumorale del capitalismo mediante la realizzazione di economie sociali, al contempo cooperative e corporative, che siano radicate e fondate sul matrimonio luogo-lavoro. 3 Ed accompagnando le crescenti crisi di coniugazione della politica che si susseguono giorno dopo girono nella società post-democratica con la costituzione di strutture agili ed artiglianti che operino in difesa della giustizia e della dignità comuni, nel segno di un’articolata ed antioligarchica lobby di popolo.4
Accompagnando infine la crisi spirituale opponendo ai suoi fallimenti, alle fughe verso l’inconscio, alle impersonalizzazioni sub-umane che continuano a spuntare come funghi ed eczemi muscosi, quell’impersonalità superiore, quella spiritualità virile, solare, autocentrata che è il giusto, solido ed unico  perno di qualsiasi comunità felice.

Universum

A questo si punti, a questo si pensi, di questo ci si preoccupi. A questo si riconduca tutto quanto avviene in Italia e nel mondo, qualsiasi battaglia politica, qualunque dibattito.
A questo si dedichino tutte le forze disponibili, senza perseguire falsi obiettivi, falsi miti, falsi scopi né modelli fuorvianti, insoddisfacenti o desueti.
Perché è solo ed esclusivamente propugnando, offrendo, affermando ed imponendo un modello antropologico completamente diverso da quello che sfila sulle passerelle quotidiane, che è consentito dar forma ad un progetto contemporaneamente metapolitico, parapolitico e politico.
Il resto, tutto il resto è irrisorio, lamentevole, fallace e, comunque, effimero.

1 Vedi il nostro “Nuovo ordine mondiale tra imperialismo e Impero” ed. Barbarossa, luglio 2002
2 Ibidem e Orion 214, luglio 2002
3 Ibidem e Orion 218, novembre 2002
4 Ibidem e ripetutamente su Orion negli ultimi diciotto mesi.