E’ in atto una sottile schermaglia dialettica tra chi lascia intendere che in qualche modo il terrorismo è figlio della sinistra e chi invece, sussurrando e ammiccando, ne fa carico a corpi speciali paralleli allo Stato o a potenze straniere. E’ impossibile all’atto odierno orientarsi chiaramente e senza pregiudizio verso l’una o l’altra ipotesi, ché entrambe tengono. Più volte abbiamo richiamato l’attenzione, e suscitato la vigilanza, perché le condizioni politiche nazionali ed internazionali erano – e sono – a nostro avviso fertili per le manovre subdole, per la strategia della tensione e per le azioni terroristiche. Vi sono centrali estere, rigorosamente atlantiste, che hanno interesse nella strategia della tensione e, in questo, l’Ulivo non ha torto a puntare sia pur timidamente l’indice accusatore. D’altra parte la difesa del potere che va perdendo, del sottopotere che è minacciato e di uno spirito di corpo che possa permetterle di superare l’impasse, detta alla mentalità comunista, che in materia è maestra, la via quasi obbligata della guerra civile strisciante, dell’alzata del tiro. Se non fosse intervenuta la crisi internazionale successiva all’11 settembre, probabilmente i centri sociali avrebbero incendiato la piazza già nello scorso autunno e qualche sede della destra radicale sarebbe stata attaccata non sappiamo con quale grado di violenza e con quale effetto criminoso. Ed è, questo, uno scenario purtroppo sempre possibile, forse addirittura probabile. Ambo le piste sono, dunque, credibili e non è neppure da escludere che si intersechino e si colleghino in qualche punto oscuro.