La Globalizzazione paradossalmente non è affatto globale ma procede a strati geografici, che sono sia economici che culturali.
La Globalizzazione è essenzialmente l’espansione del sistema americano a gestione multinazionale.
La Globalizzazione è il risultato del matrimonio riuscito tra il Capitalismo e la Pianificazione, che poi è il fulcro del marxismo-leninismo.
La Globalizzazione è decisionista, oligarchica e transnazionale.
La Globalizzazione non è esattamente la stessa cosa del Mondialismo che è un progetto ideologico e politico a più padri.
Gli antiglobalizzatori di Genova e Seattle, oltre ad essere patetici, non sono affatto antiglobalizzatori: sono contro questa Globalizzazione, ritenuta imperfetta o per parametri sociali o perché non la ritengono appunto sufficientemente mondialista (nella variante comunista o catto-comunista o clericale poco importa).
La farsa di Genova, sempre che non si tramuti in tragedia per l’intervento di agitatori programmati, non ha alcun valore politico e soprattutto non rappresenta opposizione, semmai la frena prima che sia concepita, in quanto la confina agli occhi del pubblico nel ruolo castrante di una compagnia di saltimbanchi.
L’interesse spropositato per il fenomeno è sospetto. Non proviene infatti dalla sola sinistra, scalmanata nel recupero dei propri cocci, ma da centrali decisionali multinazionali e specificatamente americane.
Queste centrali americane vogliono, probabilmente, approfittare di immagini d’instabilità per allargare il numero di G a paesi anglosassoni particolarmente fedeli (Australia, Nuova Zelanda, Canada) magari riducendo i rappresentanti europei a due (uno per la zona Euro, l’altro per la Sterlina).
Oppure vogliono soffiare sul fuoco, come fanno dalla caduta del Muro di Berlino, per destabilizzare ulteriormente l’Europa. In tal senso potrebbero voler puntare sul tema della Globalizzazione e sulla saturazione psichica generale, facilmente ravvisabile, per promuovere un nuovo sessantotto.
A quel tempo le Multinazionali furono le grandi beneficiarie della rivolta europea perché questa si concluse con un esaurimento della spinta generatrice delle giovani generazioni, con l’avvento della denatalità, con l’inflazione galoppante (che favorì le plusvalenze provenienti dai generi di consumo) e con l’aumento del costo del lavoro che favorì la dislocazione delle industrie ed il trionfo americano sulle industrie europee.
L’esempio è edificante ed invitante. Tuttavia i temi, i simboli, il linguaggio, la ricerca valoriale che affiorano sotto la superficie vanno in un senso che sarà molto difficile inquadrare a sinistra.
E’ probabile che i clowns di Genova saranno un detonatore, ma l’esplosione li annienterà sicuramente, come avvenne quattro decenni orsono per la Giovane Italia.
Ed i calcoli fatti dai grandi tecnocrati si riveleranno allora non del tutto esatti.
Corsi e ricorsi ?