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Uno di quei momenti bizzarri si è verificato nella seconda metà della primavera. È stato travolto da scandali l’intero sistema del calcio, poi è stata la volta dei notabili trimalcioneschi uscenti dalle file di An, nel Lazio e nelle Puglie. Infine è stat la volta della stantia ex casa regnante, la Squalloia degli Ottosettembridi, coinvolta, insieme al gotha finiano, in una sordida storia di ricatti, truffe, mercimonio e sesso.

 

Quello che c’interessa

 

Fiumi d’inchiostro già sono stati spesi sulle peripezie degli Squalloiardi, ragion per cui mi pare superfluo ripetere il ripetuto. Come potrete constatare dai brani editi da www.noreporter.org (e riportati in questo numero di Orion) abbiamo detto di tutto contro i degni discendenti di Mezzo Feto. Il che non ci ha impedito di analizzare come l’utilizzo e la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche si presti, in ogni caso, a deformazioni che non possono che danneggiare gli imputati.

Ci siamo anche chiesti perché e come mai sia stata data mano libera in tal modo alla magistratura. Abbiamo ragionato con una buona dose di dietrologia, elemento che ci sta bene comunque. Una dietrologia che spazia dal campo nazionale (permettere alle milizie politiche comuniste di occupare definitivamente il terreno prima di essere costrette a uscire dal governo) al campo internazionale, specie per la questione calcistica (come potevano pensare i Moggi e i Galliani di mettersi in proprio rispetto ai Murdoch?).

Quello che c’interessa però non è tanto il godere ripetutamente delle disavventure dei Vittori Emanueli, dei Moggi, dei Fini, né determinare quali logiche, quali centri di potere, quali accordi di potere abbiano prodotto i piccoli tsunami pre-estivi.

Quello che c’interessa è invece mettere l’accento su due cose.

  1. Come funziona la macchina inquisitoria e repressiva
  2. Quale realtà politica, sociale e culturale è emersa

 

Magistrati e telefonini

 

Per quanto riguarda la macchina inquisitoria e repressiva sottolineerei quanto segue.

In primis non sottovalutiamo il fatto che la magistratura ha ottenuto nuovamente il potere di un soviet; dovremo tenerne conto perché, stimolata da interessi politici e da odi ideologici e non tenuta a freno da alcuna controparte, può davvero accanirsi contro gli innocenti. Ficchiamocelo in testa. Che lo si voglia o no per cinque anni si è vissuto in clima di normalità democratica, ora si torna in regime speciale, si è colpevoli o n t o l o g i c a m e n t e, come i pagani durante il cristianesimo, i palestinesi sotto l’occupazione israeliana o gli anarchici ai primi del Novecento. Inutile appellarsi all’equità, al diritto, al buon senso: mala tempora currunt.

In secundis mi par opportuno considerare come vengono costruite tutte le piste: con le intercettazioni telefoniche. Chi non compia nulla di male o di riprovevole pensa che le intercettazioni delle sue chiamate siano improbabili e, comunque, che non lo possano danneggiare. Sbaglia due volte.

Innanzitutto tutte le chiamate – di tutti i cittadini occidentali – sono registrate e possono essere recuperate e ascoltate come e quando si voglia.

Inoltre le trascrizioni delle chiamate, quando anche fossero fedeli, sono sempre insidiosissime. Ve lo dico perché mi è capitato: i toni, che poi sono l’elemento fondamentale nelle discussioni umane, in quanto caratterizzano l’animus e l’anima, non compaiono. Qualsiasi cosa diciate per scherzo o con veemenza, trascritta asetticamente assume così un aspetto cinico e criminoso. Ogni essere umano che parli al telefono dice almeno una frase al minuto che rende credibile la sua colpevolezza in qualche cosa. Si tratta di frasari che rispondono al lessico sociale codificato, frasari solitamente pittoreschi ed eccessivi che trascritti eccanicamente sono zeppi di indici di colpevolezza.

Morale della favola, un po’ paranoico se volete: usiamo i telefoni per darci gli appuntamenti e non per scherzare, commentare o suggerire qualcosa: rischiamo di pentircene amaramente!

 

La realtà è reale solo se è spettacolare

 

Un altro aspetto che mi preme mettere in rilievo è come la società abbia risposto a questi tormentoni. Prendiamo la cosiddetta calciopoli. Cosa è emerso? Che esisteva un sistema collaudato che non trascurava nulla. Per assicurare i risultati delle partite, i vertici del sistema non solo avevano a disposizione i designatori arbitrali e un gran numero di arbitri ma anche il maggior numero di calciatori, legati fra loro tramite l’associazione dei procuratori e, quindi, ricattati.

Le partite importanti che non erano state falsificate a monte da ambo i contendenti, venivano aggiustate sia da arbitraggi compiacenti negli incontri chiave sia, soprattutto, da arbitraggi pilotati alla vigilia di detti incontri: proprio alla vigilia si soleva espellere i giocatori più forti delle squadre che non avrebbero dovuto vincere la settimana dopo. Allenatori e giocatori non potevano permettersi di protestare perché li facevano fuori in un batter d’occhio, visto e considerato che i vertici di ogni cosa controllavano pure il mercato. Presidenti alternativi: avrebbero fatto la fine di Cecchi Gori che aveva messo in discussione il monopolio televisivo! Moralizzatori? In Turchia, come è accaduto a Zeman che aveva sottolineato come il calcio fosse oramai in balìa degli integratori farmaceutici.

Questo sistema, così perfezionato dal giorno stesso in cui si è inaugurata l’era della pay-tv, era sotto gli occhi di tutti. Chiunque al bar lo ricostruiva perfettamente; solo i tifosi delle vincenti per diritto divino cercavano di chiudere gli occhi. Tutti, dico tutti, erano consci di quello che accadeva. Eppure tutti, dico tutti, hanno accolto calciopoli con stupore, eccitazione, costernazione e prurito. Perché, cos’è successo? Semplicemente questo. La realtà vissuta, non solo nel calcio, non corrisponde alla realtà virtuale: chi lo nota, però, anziché voler fermare il gioco finisce col cedere all’impressione di filosofeggiare, di perdersi in elucubrazioni metafisiche. Perché, di fatto, viviamo in una realtà capovolta: il virtuale per noi è divenuto reale. Fino a quando l’ignobiltà calcistica era palese ma non ufficiale era come se non esistesse, come se fosse stata qualcosa di virtuale, un assioma ideologico, astratto, come l’idea di usura. Ora che la frode calcistica è stata s p e t t a c o l a r i z z a t a essa però è diventata reale, perché viviamo solo di spettacolo. Ora la frode esiste, prima c’era: non è lo stesso. Fino ad aprile che le cose stessero così se lo dicevano tutti ma poi la conclusione l’accantonavano immediatamente; ora che lo spettacolo stesso vuole che le cose stiano così, tutti se ne interessano.

I più subiscono uno stimolo che è l’esatto opposto del mio che mi facevo il sangue amaro fino a quando questa piaga non è stata spettacolarizzata e ora già non m’interessa più.

Da tenere conto di questi insegnamenti quando si pensa di fare politica. Il consenso dei più non ha alcun valore e alcuna consistenza finché non si spettacolarizza.

 

Squallori centrodestri e squallori centrosinistri

 

Infine qualche parola va spesa per i papponi uscenti, quelli che “Dio, Patria e famiglia” ma poi tangenti, amicizie ambigue, soubrettes e anchor women sul divano, truffe e truffette.

Inutile aggiungere lo schifo allo schifo. Tranne, semmai, allargarlo alle soubrettes e anchor women che ora esternano compiaciute i loro allacci con i papponi di cui sopra; dei quali si è detto, giustamente, che colpisce il disprezzo che provano per le femmine ma si è omesso di dire che le femmine che frequentano evidentemente il disprezzo se lo meritano tutto.

E il dato politico, qual è?

Si è provato di dire, ad esempio lo ha fatto Repubblica, che i signorotti in questione sono emblematici del linguaggio, della mentalità, degli orizzonti, del lessico della “destra”. Ovviamente colà lo si scriveva per contrapporre loro una “sinistra” elegante e virtuosa, il che è pernicioso e parzialmente falso. Intesa altrimenti l’asserzione è però vera. La “destra” o il “centrodestra” di fatto oscilla fra populismo e qualunquismo ed è espressione diretta, solo parzialmente velata da patina ipocrita, della società italiana che, malata e oscena, si aggrappa a cerimoniali e formule astrattamente valoriali solo per poi ostentare le sue nudità grottesche di cui peraltro si compiace. I papponi del giro Squalloia sono rappresentativi della società profonda, molto più di quanto lo siano i tecnocrati e i funzionari del “centrosinistra” i quali, tra la gestione effettiva del reale e l’espressione mediatica di suddetta gestione applicano un’infinità di filtri di cui il “centrodestra” è del tutto privo.

Questo non significa però che la percezione esistenziale ed etica dei “progressisti” sia migliore rispetto ai trimalcioni. In realtà, in Italia, il “centrosinistra” è più vicino alle fonti decisionali del potere oligarchico, dal Bilderberg alle multinazionali e il “centrodestra” è più rappresentativo del disperato squallore dell’individuo comune, completamente disorientato ed abbrutito nel paese dei balocchi.  

E anche di questo si dovrebbe tenere conto quando si effettuano analisi politiche legate al contingente.