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Eppure il colonnello del Tercio, il guerriero indomito e plurimutilato era uomo di lettere, al punto da aver tradotto il Bushido.

“Quando sento parlare di cultura metto mano alla rivoltella”. Questa frase volutamente provocatoria, in seguito assurta non senza secondi fini ad emblema della rivoluzione sociale e nazionale tedesca, copre in realtà non il “sonno della ragione” come taluni van cianciando ma un ricco sostrato d’introspezione, forse senza uguali nella storia moderna.

Entrambe le frasi non sono volte a condannare l’intelligenza ma il vezzo di farne un’astrazione, un fregio, un fiore mortifero di decadenza, un inno all’impotenza.

Vent’anni di Orion, meglio duecentoquaranta numeri per duecentoquaranta mesi, vanno quindi celebrati così: nel nome di Milan de Astray e nel preciso senso delle sue parole.

 

Quella foglia sull’occhio

 

Una vecchia canzone di Gaber, che fa parte dell’album del 1972 “Dialogo tra un impegnato e un non so”, tratta di un intellettuale che mentre pontifica è fastidiosamente afflitto da una foglia rimastagli impigliata nei capelli che, oscillando per il vento, gli batte nell’occhio fino a rischiare di accecarlo.

Quale esempio più calzante per un’area ghettizzata (anzi per due aree ghettizzate, perché a sinistra è persino peggio) che quando non ha prodotto rozzezze sub/antropologiche non ha fatto che elaborare critiche astratte e ideologie vuote ? È vero che si è trattato di critiche anche complete, precise, persino onnicomprensive della realtà alla quale però l’area è rimasta politicamente estranea mentre, cosa più grave, vi si è ritrovata sociologicamente uniformata.

Sicché, virtuale e schizoide, arranca di fronte ad ogni evento, ad ogni novità, partecipando allo spettacolo della politica sempre e solo con riflessi condizionati oramai datati e desueti, afflitta da veri e propri complessi psicologici, in modo così goffo da riuscire a trovare un ruolo si e no nell’ avanspettacolo della politica.

 

L’intelletto, questo sconosciuto

 

L’intellettuale, così come lo intendiamo nell’occidente democratizzato, è un uomo spiazzato, che pensa senza agire, che dice cose che non fa. Da parte comunista gli venne a suo tempo contrapposta la figura dell’ intellettuale organico che altro non è se non un uomo con facoltà di pensiero e di parole che ha le mani legate e che parla e scrive a comando. Ma che c’entra tutto questo con l’intelligenza ?

Nessuno si è peritato di definire il significato d’intelletto eppure basterebbe un dizionario: per il Garzanti esso è “la facoltà di formare, comprendere e ordinare distintamente i concetti”.

Concetto a sua volta è una parola che viene da concezione, termine che riporta al concepimento e che ci dà un’idea di vitalità, di priorità del naturale sul razionale.

Detto così anche questo ha l’aria di un “intellettualismo” eppure nasce da presupposto antitetico e volge a ben altro scopo. A de-razionalisticizzare appunto.

Gli etimi e i significati delle parole ci consentono, quasi sempre, di far piazza pulita delle successive costruzioni artificiali e di evitare le deviazioni, le deformazioni, i vizi che sono intercorsi in seguito.

Sicché se intelletto si lega a concetto, lo fa in chiave di subordinazione, essendo inteso non a creare un concetto (in realtà pre-esistente) bensì a concretizzarlo (ed ecco che l’intelletto diviene utile e funzionale) e tra l’altro in un modo tripartito: formare, comprendere e ordinare.

 

Il segreto della tripartizione

 

Tripartito dunque è il significato esatto d’intelletto; tripartito come le società organiche, come le gerarchie naturali, come la conoscenza. E infatti, riprendendo una formula classica, lo Spinoza affermò che la conoscenza è attuabile su tre piani: essa è empirica, razionale e intuitiva.

Empirica è la conoscenza determinata dall’esperienza, dal contatto con le cose, con gli altri, con la natura, con la meccanica, con il mondo.

Intuitiva è la conoscenza che viene dal profondo, dal pre/natale, dall’immaginario, dal sensibile, dal soprasensibile.

Razionale è la facoltà di mettere insieme le due fonti conoscitive e di spiegarle tramite il cervello che è non è quindi il motore dell’uomo come i moderni pretenderebbero, bensì un mezzo per spiegare e soprattutto per assumere coscientemente le vere spinte che lo muovono che sono animali e spirituali.

Spinoza riprese e ripropose per questi gradi di conoscenza un preciso ordine gerarchico che va dall’alto in basso e che dall’alto in basso è: intuitiva, razionale ed empirica. Il filosofo, benché moderno, rispettava così tanto la tripartizione che la gerarchia tripartita dell’anima; se poi analizziamo bene l’assunto, scopriamo che in esso prevale l’orientamento gerarchico evoliano e non quello guenoniano né quello platonico, perché il guerriero (puro intuito) si rivela superiore al filosofo (razionalità).

 

A coltivare pomodori

 

 

Ce ne freghiamo in fondo di Spinoza. Non c’interessa giocare a citar pensatori e a disegnare alambicchi. Lo abbiamo scomodato soltanto per dire che chi non metta sempre insieme, ed in preciso ordine d’importanza, intuito, razionalità ed esperienza non dà prova d’ intelletto ma soltanto di aver realizzato un costrutto confezionato più o meno bene ma composto di astrazioni.

Purtroppo questo è spesso il caso. Devo anzi dire che questo è il caso da parte della stragrande maggioranza di coloro che si ergono a intellettuali, ideologi, soloni o creativi: perché tra i ragazzi, specie tra quelli che si donano ventiquattr’ore su ventiquattro in imprese onerose, anche dal punto di vista dell’intelligenza la situazione è assai promettente. Talvolta sbalorditiva. E a questi personalmente ho aperto un credito, su di loro faccio il massimo affidamento.

Ma gli scriba, i cacadubbi, i ripeti/grigie/certezze, i moralisti, i creativisecondoformatprecostituito, i pappagalli ammaestrati che si vogliono “superatori” di schemi, temi, miti, storie mai, non dico raggiunte, ma neppur sfiorate: tutti questi che dall’Alpi a Mazara del Vallo, sulle colonne di riviste tradizionaliste o terzomondiste, nei deliri foristi di interghet, si sono appropriati del copyright dell’intelligenza, ma di fatto partecipano alla messa in scena dello spettacolo dell’intelletto, andrebbero mandati a raccoglier pomodori e peperoni per stagioni intere. Ed allora si che imparerebbero a conoscere qualcosa.

 

Abbasso l’intelligenza !

 

Chi agisce ogni giorno, chi ha a che fare con disoccupati, con senza tetto, chi non ha un attimo per il suo sé borghese, chi si confronta, fattivamente e quotidianamente, con gente qualunque, ha un approccio sano con l’intelligenza, con l’analisi, con la riflessione, con la sete di conoscenza. Perché è mosso dall’intuito e si verifica costantemente nell’esperienza, sicché la comprensione razionale che ne consegue è effettiva, non virtuale e preconfezionata.

Per chi invece, spesso per ragioni geografiche o sociologiche, se ne sta rinchiuso in una nuvoletta, l’unica soluzione è l’astrazione. Se l’astrazione diviene sistematica ecco che chi l’ha disegnata, specie se in sinergia con altri individui soli, ha l’impressione erronea di essere partecipe di una realtà che però di quell’astrazione, qualunque essa sia, non sa proprio che farsene. E così si generano illusioni, fino ad abbandonarsi in preda all’illusionismo.

Di astrazioni ne abbiamo di ogni tipo. Ci sono quelle moralistiche che, secondo certuni, dovrebbero produrre degli anticorpi nella società (e costoro sono a digiuno di storia perché nessuna restaurazione è mai riuscita se non nella forma di un’ulteriore rivoluzione/controrivoluzione).

Ci sono poi quelle futuribili. Prendiamo l’Eurasia: è una possibilità, un progetto, un’opportunità storica tutta da costruire, o meglio: tutta da seguire con attenzione. Ed ecco che è bastato coniare il termine e insistervi (Orion lo ha fatto in prima linea) perché più d’uno lo confondesse con una formula magica, con la panacea, con la manna, con il sopraggiungere della tanto attesa definizione (vecchia, irrisolta ossessione di chi non ha capito ancora che sono gli atti che dettano le parole e mai accade il contrario). Quella definizione che ci consentirebbe di sfuggire allo scomodo marchio fascista; ma a costoro chiedo: ancora volete correre ? Eppur vi si è dimostrato più volte che si riesce a far grandi cose anche con quel marchio e forse proprio grazie a quel marchio.

La definizione, nei sogni di costoro, oltre a liberarli di un “peso” consentirebbe loro di trovare una casa comune, di creare un senso di appartenenza (ancora una volta teorico, non di certo operaio, artigiano, rurale, agonistico, clanico, squadrista, ma solo intellettuale, velleitario, pertanto virtuale, finto). Qualcosa insomma che consenta ad anime sole di non sentirsi più sole. Un ulteriore ospizio.

Infine c’è il purismo romantico che si vorrebbe rivoluzionario. Quello per il quale tutti i popoli, tutte le etnie, tutti i guerriglieri…. Tutti i Soros, alla fin fine, perché guarda caso i nostri, agiti come sonnambuli, tifano quasi sempre proprio per quelli che sono finanziati dai Soros e pubblicizzati dalla Cnn, e sono puntualmente obbligati a giustificare qualsiasi atrocità e a farsi inchiodare senza scampo nel copione dello spettacolo del terrore, così com’è stato scritto da quegli stessi che ne tirano i fili.

A queste diverse ipotesi di posizionamento, sempre e comunque al di fuori dal reale, si riduce l’effetto che l’intelligenza produce in politica oggi: ovvero l’alienazione più totale e la funzionalità più assoluta al gioco degli altri.

E allora, con Milan de Astray gridiamo pure: abbasso l’intelligenza, viva la morte !

 

Chi non discerne è ottuso o fuorviato

 

Questo effetto fuorviante si verifica non perché le posizioni evocate siano sbagliate in sé, ché tutte comprendono ragioni rispettabilissime e parzialmente condivisibili, ma perché si è assunta acriticamente e si è lasciata sviluppare una mentalità aliena ed eterodiretta, filtrata tra le faglie di un terreno che non si è avuto l’intelligenza di difendere e di coltivare, perdendo così i riflessi dell’uomo libero e padrone di sé e, di conseguenza, i giusti criteri di discernimento.

E dire che l’intelligenza è capacità di leggere. Vuol dire saper connettere, collegare, comparare, discernere. Non significa tracciare rozzamente la colonnina verticale dei buoni e dei cattivi, incoraggiando per mancanza di attenzione proprio le manipolazioni in atto contro quegli stessi che combattono per nobili motivi. Non significa neppure promuovere o bocciare in blocco tutte le cause solo in quanto simili tra loro (i partigiani non sono assimilabili ai wervolf tanto per fare un esempio), né condannare cause oggettivamente giuste (e quella partigiana, appunto non lo era, né a destra né a sinistra) solo perché le ideologie che le rappresentano non ci piacciono (in America Latina molte battaglie sono sacrosante a prescindere dal colore). L’intelligenza deve permetterci anche di comprendere cosa è esattamente in palio in ogni singolo luogo e in ogni momento e quali alleanze sono in atto. Perché sovente avviene che i più potenti, i dominatori veri, si alleino con i più deboli – o piuttosto li armino e li proteggano temporaneamente - per indebolire tramite quella carne da macello, le forze di livello intermedio considerate rivali potenziali dal gotha americano. È questo il gioco che è stato attuato in Jugoslavia, in Cecenia, in Ossezia. Né diverso è quello che, attaccando Arafat e Saddam Hussein per far progredire l’integralismo islamico e per potenziare al tempo stesso Israele, è in pieno svolgimento nell’Oriente Medio.

E se voi continuate a ragionare con schemi preconfezionati, virtuali, razionalistici, non ne verrete mai fuori ma sarete obbligati a prender parte, come spettatori coinvolti a livello di tifosi, di un dramma che v’imprigiona e vi neutralizza.

Per uscire da queste griglie non si deve ideologizzare né sentenziare, bisogna riflettere.

 

Riflettori cancerogeni

 

Una luce viene riflessa da uno specchio, da un corpo. La riflessione svolge insomma una funzione di intermediazione fra la luce e la terra, offrendo quella a questa. La riflessione non è un fatto attivo se non nella misura in cui la lente che riflette s’inclini per essere maggiormente efficace. E qui casca l’asino perché nella gran maggioranza dei casi la lente (ovvero l’intellettuale, l’ideologo, il critico) è immobile. Riflette una luce che gli viene, sovente, da dove non dovrebbe pervenire e, per giunta, come il famoso asino delle reliquie, la lente prende se stessa per la fonte luminosa e si pretende innovativa, geniale, creativa mentre è soltanto strumentalizzata e preda della banalità.

Con un gioco di parole potremmo dire che, nell’ area refrattaria che si definisce antagonista, chi scrive, parla e declama solitamente riflette senza riflettere; senza cioè occuparsi di capire donde provenga il proprio riflettere.

Ed ecco che quel che viene riflesso e che proviene da astri alieni e ingannevoli è, nell’ordine:

- normalizzazione culturale, politica, esistenziale (revanscismo borghese)

- moralismo (revanscismo clericale alla dei Tartufe)

- terzomondismo a tinte new age (influenza marxista a pensiero debole)

- presa di distanza dai fenomeni totalizzanti (revanscismo liberal o tradizionalismo immobile).

Trattasi sempre e soltanto di deformazioni culturali e psicologiche assunte dal pensiero di altri, spesso da quest’altri appositamente confezionate per indurci ad errare: deformazioni mediate acriticamente o più spesso per troppa superficialità, per mancanza della dovuta malizia, per scarsa esperienza, e soprattutto a causa dell’assenza fisica di autorevoli punti di riferimento.

Che accada all’ombra di bandiere neodestre, proguerrigliere, islamistiche, neofasciste, regimistiche (nel senso che il fascismo si, ma fino al ’38), i riflettori passivi si trasformano puntualmente in cancerogeni.

E la letteratura che è stata costruita ad arte per preconfezionare le storture di cui i nostri si fanno immancabili e spesso inconsci promulgatori, è immensa.

Essa parte da lontano, dalla delegittimazione delle rivoluzioni vere, dalla messa in discussione dello spirito giocondo, eroico e sacrificale.

Va da critiche subdole della Germania, per sostanziare le quali non sono esenti costanti quanto sospette promozioni di squallide figure serve del capitale, presentate però in modo mistificatorio (ossia rovesciando i parametri del vero) come rivoluzionarie, quali i fratelli Strasser, ad assiomi infondati sulla guerra che non tengono conto di chi l’abbia voluta, programmata, promossa, dichiarata, a critiche ignoranti a Mussolini, ad accettazione di schemi di lettura sulla strategia della tensione e sugli anni di piombo proprio come voluti dai loro ideatori. Perdita d’identità, dissociazionismo e, infine, accettazione di schemi precostituiti per il presente e per il futuro: a questo conduce l’ intelligenza astratta della destra radicale.

Si sabota il passato, si minano le basi, per introdurre, tramite critiche corrosive, fondate sull’ignoranza e sulla mala fede, tutta un’impalcatura concettuale, tutta una forma mentis che conduce a neutralizzare l’avvenire.

 

Via, col vento !

 

Sono oramai vent’anni almeno che quest’obbrobrio viene perpetrato, più spesso da persone in buona fede che non dagli sciacalli che, in ogni caso, non mancano. Persone in buona fede che si sono lasciate condizionare in fondo da due sole cose:

- dall’assenza di azione, di partecipazione piena alla realtà

- dall’accettazione di critiche e di soluzioni che sembrano innovative ma sono invece di fattura reazionaria o marxista e che sono state accolte senza riserve invece di andare ad esplorare le infinite miniere del fascismo e del pensiero nazional/rivoluzionario né le memorie di chi ha vissuto le rivoluzioni, la guerra, l’epurazione, la solidificazione del sistema globale del Crimine Organizzato, gli anni di tensione (Sessanta e Settanta).

Una cultura mutila, il cui gene è estraneo, copre il vuoto creatosi per l’ignoranza della cultura tradizionale e rivoluzionaria; lo copre, questo vuoto, per subdola sostituzione tramite un surrogato che va in senso opposto alla matrice cui vorrebbe rifarsi. Questo è quanto si è verificato negli ultimi vent’anni: tutte, dicasi tutte, le prese di posizione e le considerazioni di fondo che vanno per la maggiore nella cosiddetta “area” sono figlie di questo prolungato misfatto e sono da cestinare. Altrimenti andremo alla deriva in attesa di affondare completamente.

 

Questa è una dichiarazione di guerra

 

In poco tempo abbiamo dimostrato, però, che questo non è un destino obbligato. Che si può agire, incidere, riflettere altrimenti. Angolando, con intelligenza, secondo conoscenza, le lenti affinché riflettano dal cielo alla terra la luce giusta e dalla terra al cielo esempi autentici di cultura vissuta. Abbiamo dimostrato negli atti, oltre che nelle parole, nelle teorie e negli articoli, che si può cambiare registro e infrangere i condizionamenti imposti. Lo abbiamo dimostrato con una sinergia d’iniziative e di attività di cui Orion è stato sia riflettore che animatore.

In questo solco abbiam realizzato www.noreporter.org che si vuole, e che in parte già è, uno strumento d’innovazione lessicale e concettuale orientato dalle e alle stelle che ci piacciono e che abbiamo prescelto come guida del nostro cammino.

In questa direzione si sta realizzando, giorno dopo giorno, Polaris.

Vogliamo scompaginare le statue di sale del finto intelletto per recuperare la riflessione, la critica, la progettualità alle sue giuste categorie, dettata innanzitutto dalla percezione di quanto ci anima e ci trascende e dal sapore della cultura militante di ogni giorno.

Vogliamo mettere a nudo le vere e perverse intenzioni che fanno da sostrato a tutte le interpretazioni del passato e del presente che la fanno oramai da padrone nel nostro habitat al solo fine di mutarlo antropologicamente per svuotarlo ed annichilirlo.

Ci ribattete che i rapporti di forza ci sono sfavorevoli ? Ma noi siamo incorreggibili e non molliamo l’osso.

Rammentiamo che mai abbiamo lanciato proclami al vento o affermato altro da quello che già era divenuto realtà.

E possiamo oggi proclamare quel che segue.

Vi avvertiamo, o antifascisti delle sfumature, o sfascisti negli atti e nei gesti, o avvoltoi che banchettate alle Termopili, che, come già abbiamo iniziato a fare, non vi permetteremo più di monopolizzare Evola caricaturandolo, di sminuire Mussolini, di far scordare Alessandro Pavolini, di neutralizzare Ezra Pound e Filippo Corridoni, di mummificare Filippo Tommaso Marinetti, di trasformare Adriano Romualdi in un intellettuale salottiero, di cancellare dalla memoria Clemente Graziani, di far passare generazioni intere che si sono immolate gioiosamente sulle barricate per un semplice azzardo sociologico, per un disdicevole errore di percorso.

Tutti costoro rappresentano il nord: e noi lo segneremo puntualmente come si deve ad ogni bussola: regolarmente e sempre con maggior veemenza. Né permetteremo a voi, antifascisti e sfascisti che vi mischiate al nostro mondo, di aiutare scodinzolosi i Ledeen, i nuovi Russomanno, gli intellettuali di sinistra, i maestri del pensiero progressista, i moralisti guelfi che vi fanno tanto sbavare, tutta la canaglia variegata che opera per rinforzare il sistema del Crimine Organizzato e per perpetrare le utopie delle terre promesse. Non vi consentiremo di aiutarli a manipolare, strumentalizzare e fuorviare ancora una volta una gioventù fiduciosa ed ignara. Noi continueremo a metterla in guardia circostanziatamene e ad offrirle vie d’uscita sane, percorribili e felici.

Viva l’intelligenza allora ! Quella autentica; che vi farà male.