Ciononostante un riassunto s’impone perché gli assenti sappiano cosa si è fatto e, soprattutto, cosa ci si ripromette di fare per il prosieguo.
I Clan di Olimpia
Unità impersonale e militante. A questo è stata dedicata la gioiosa e ludica UdE di coloro che sono stati assegnati ai Clan e che hanno effettuato formazione nell’agonismo di Olimpia.
Ogni Clan è stato composto da persone che venivano da realtà diverse (le comunità di appartenenza più numerose sono state smembrate e ridistribuite) e ogni Clan è stato assegnato a due coordinatori che in molti casi mai si erano conosciuti prima.
Si è trattato di una scommessa rischiosa il cui esito è stato addirittura sorprendente sia per l’affiatamento dei coordinatori che sono sembrati conoscersi da sempre, sia per l’integrazione di ogni singolo in comunità nuove ed occasionali e alle dipendenza di coordinatori sconosciuti.
In un batter d’occhio sono state saltate tutte le barriere delle appartenenze anguste e ghettizzanti e l’impersonalità – nel senso dell’intercambiabilità e del superamento dei personalismi – si è manifestata pienamente. Chi non c’era, ripeto, non lo saprà mai, chi c’era ha come miglior cartina di tornasole lo sguardo ed il sorriso di ognuno dei partecipanti la domenica mattina nonché il continuo indugiare di chiunque per procrastinare il momento di andar via.
Formazione e Festa sono andati di pari passo. E se qualcuno ha pensato che la Festa abbia soverchiato la Formazione è solo perché non ha sufficiente esperienza di vita per capire che non è affatto così.
L’altra Università
C’erano altre tipologie umane da accogliere e da integrare. Innanzitutto i senatores che non potevano di certo tenere il passo di Olimpia (escluso Maurizio Murelli che gettato da noi nella mischia ha dimostrato di avere, rispetto all’anagrafe, quella decina di anni in meno che l’ibernazione repressiva gli ha concesso a suo tempo di mettere da parte).
Poi coloro che giungevano per la prima volta, che non ci conoscevano come entità e come stile, come azione e come linguaggio e, dunque, non avrebbero ottenuto giovamento dall’essere gettati immediatamente nelle competizioni e nei Clan.
Infine i curiosi, i presenzialisti, i protagonisti, i presenti con riserva, quelli che ancora non sanno bene dove stanno mettendo i piedi, insomma gli indifferenziati.
Gli appartenenti a queste tre categorie fuori Clan (un andirivieni di centoventi persone all’incirca) sono stati coordinati dal sottoscritto. Si è trattato di Formazione. Iniziando da “Le api e i fiori”, proseguendo in un’analisi impietosa di quel che è errato e quel che è valido nella routine politica e che è stato espresso in convergenza assembleare sulle basi di una tecnica maieutica. Dalla quale è emerso che l’azione politica è oggi in crisi soprattutto per mancanza di volontà, dunque di convinzione; chi guida e organizza non percepisce, non sintetizza, non esprime le spinte comuni.
Per fare veramente politica vanno quindi sì modificati i metodi e il linguaggio, ma, prima ancora, si deve far leva sul pathos autentico e non insistere nel recitare modelli scollati dalla realtà, sterili e talvolta umilianti.
Si è quindi posto l’accento su tre argomenti preziosi svolti da specialisti in materia (studiosi, professionisti o professori universitari) che hanno trattato di Guerra psicologica, Comunicazione e Stato della finanza e le cui relazioni si trovano sintetizzate in questo numero di Orion.
E se l’Università dei Clan ha potuto dare l’impressione di essere “troppo” calda e intensa per l’arricchimento intellettuale, l’altra ha fornito l’impressione opposta. Ma anche in questo caso l’impressione inganna in quanto si è sfruttato il momento per recuperare una nuda essenzialità militante se è vero, come è vero, che individui “illustri” per l’ambiente si sono annullati e confusi gomito a gomito con tutti gli altri e si sono riscoperti spartiati. Se è vero come è vero che il protagonismo è stato ucciso sul nascere visto che il tempo d’intervento è stato assegnato col contagocce e con il compito di capitalizzarlo. Visto che tra le altre campeggiava la seguente scritta. “Se stai per dire una stupidaggine, taci. Se stai per dire una banalità, taci. Se stai per dire una cosa brillante, taci. Se stai per dire una cosa originale, taci. Solo così imparerai a pensare, a parlare, ad agire e ad essere utile”.
Insomma seguendo due vie assolutamente diverse si è proceduto alla sintesi, all’essenzialità e alla completezza. Nel trittico Disciplina di sé – Competenze tecniche – Sentimento di appartenenza popolare.
Le motivazioni dei partecipanti
Ora si tratta di proseguire queste operazioni articolate, a volte indipendenti tra loro, rispondenti a diversissime necessità, predisposizioni, situazioni locali, possibilità.
Non sarebbe possibile farlo se non partissimo dalle considerazioni emerse.
E cioè: se erano presenti centinaia di persone provenienti da oltre cinquanta provincie italiane, militanti non solo in organizzazioni locali, politiche o metapolitiche che si vogliano, ma, a diverso titolo, anche nella Fiamma, in Forza Nuova, nel Fronte Social Nazionale ed in Azione Giovani; se tutti costoro sono convenuti ed hanno potuto convivere come non riescono a fare altrove; se tutto questo è accaduto ci dovrà essere un perché.
E ci dovrà essere un come ci si è giunti. Che per quasi tutti i neopartecipanti è stato definito passaparola ovverosia l’effetto di un parlar soddisfatto.
Vi è dunque una palese richiesta comune e confluente. Ma quale ?
La risposta generale è stata chiara: una rifondazione, un rinnovamento, un recupero di autenticità, la scoperta di metodi e strumenti di espressione che siano entusiasmanti ed efficaci e non più la rituale e stanca rappresentazione di sé come ghetto che si affaccia alle frontiere del ghetto.
Perché proprio noi
E perché questa domanda confluente si è diretta proprio verso di noi ? Certamente perché noi si va in quella direzione da tempi lontani e non sospetti; ma ciò di sicuro non basta, perché nella vita le intenzioni non contano quanto i fatti.
E sono stati proprio i fatti ad attirare la gente nuova.
Perché si sono avviate dinamiche nuove e coinvolgenti come Orion rinnovato che allarga costantemente la sua redazione, perché si è dato spazio all’arte, perché nella nostra stessa avanguardia c’è avanguardia musicale, perché c’è l’occupazione di Casa Montag e, soprattutto, perché esiste un quotidiano sacrificio nella Guardia d’Onore.
Perché ci sono innovazioni di approccio mentale ed ideologico rispetto al Nuovo Ordine Mondiale e perché sono espresse, queste innovazioni, nello stile, nel richiamo esplicito e nella rivendicazione di un’identità sentimentale e politica che altri sfumano, svendono, prostituiscono oppure reclamano sempre e soltanto a scapito delle innovazioni e dell’intelligenza.
Ma anche perché siamo stati fedeli esecutori di tutto quel che abbiamo annunciato e, cosa non comune, perché lo abbiamo eseguito esattamente come lo avevamo annunciato. Perché, in un mondo prigioniero di ambiguità e convinto dell’opportunità di parlar biforcuto e di ricorrere a sotterfugi, siamo certi che la chiarezza non solo sia un valore imprescindibile ma che contrariamente ai clichets dei furbi che ammiccano con occhio libidinoso, paghi.
Perché tutto questo lo perseguiamo con uno sforzo immane e quotidiano, senza troppe bandiere e senza alcuna grancassa.
In altre parole, perché nel nostro punto di confluenza si è riconosciuto quel necessario insieme di autenticità e di rinnovamento che sembrano essersi smarriti un po’ ovunque altrove.
L’UdE ogni giorno
Laddove la politica ufficiale perde colpi e pezzi e languisce e muore, da quest’altra parte che degrellianamente potremmo definire quella del paese reale le cose vanno a gonfie vele.
Ed è dunque il momento di considerare l’Università d’Estate come una cerniera, come uno spartiacque oltre il quale continuare, potenziare, articolare, tutto quello che ad essa in qualche modo si congiunge. Senza che l’entusiasmo degli organizzatori e dei partecipanti prenda in alcun modo loro la mano dettando peccati d’orgoglio, tentazioni di aurei isolazionismi in torri eburnee anche se stavolta quantomeno di stampo virile, o suggerendo costruzioni politiche-organizzative che si aggiungerebbero inutilmente e contro produttivamente a quelle già esistenti.
A tutti coloro che si attendono indicazioni da noi, diciamo: non intendiamo profittare del risultato per fare qualche altra cosa ma per potenziare ed articolare quello che già si sta facendo. Il che è non meno impegnativo che efficace.
Chi ha preso lo slancio deve saper attendere chi si è attardato perché viene da troppo lontano, e chi si è attardato perché viene da troppo lontano deve prendere lo slancio.
Come nell’UdE bicipite, così nell’azione di tutti i giorni.
Perché di questo si tratta, perché questo è al contempo autenticità e vera politica: impedire allo squallore quotidiano di rendere eccezionale l’essenzialità dei momenti intensi della militia.
Per chi non recita, se non tragedie.
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