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 Purtroppo coloro che sono morsi dalla febbre della politica ideale, agli appuntamenti storici  vi giungono obnubilati, demoralizzati e non più disponibili ad avventure perché frattanto si sono resi conto dell’inutilità di quasi tutto quel che hanno fatto in tempi e modi errati e purtroppo se ne sono lasciati condizionare.
Al contempo gli immodesti e i mediocri, incapaci di autocritica, vi si gettano sin troppo entusiasti lanciando le loro parole d’ordine grossolane e rozze, rifugiandosi goffamente dietro all’impalcatura sclerotica con la quale hanno surrogato un’idea originale, originaria e compiuta, mai  presente nelle loro teste.
In ogni caso, gli uni e gli altri, arrivano a questi appuntamenti da comparse o al massimo da caratteristi, privi di un metodo, di strutture solide e di vera capacità, dunque impossibilitati a modificare realmente il futuro.
E così si consolida e si cementa il pessimismo storico e, con esso, l’immobilità di chi vorrebbe rappresentare gli ideali di sovranità, giustizia e partecipazione, mentre per contraltare si rafforza, più per inerzia che per meriti propri, lo strapotere delle oligarchie apolidi di ogni colore.
Quando, invece, in determinati frangenti, basterebbe ben poco per cambiare le cose.

Un chiaro imperativo d’élite

Per cogliere al volo un’occasione, la volontà e l’istinto di un pugno di uomini contano ben più di quanto sia stato fino allora costruito. Di questo dobbiamo essere consapevoli ma non dobbiamo adagiarci su questo comodo refrain. Esiste un chiaro imperativo per tutti coloro che si son visti passare più di un autobus davanti agli occhi ma non l’han saputo prendere o, nel migliore (?) dei casi vi sono saliti a bordo lasciandolo comunque guidare agli altri. Quest’imperativo è di mettere in condizioni un certo numero dei propri paladini di arrivare preparati a cogliere l’attimo; ossia né anticipando né ritardando i tempi, interpretando l’animo generale, sapendo usare le giuste parole, dotati di mezzi, strumenti e metodi che diano un’ossatura alla loro sacra foga ideale.
In altre parole: qualificare un’ élite popolare e dotarla di tutto il potenziale necessario ad essere esempio, motore, pilota e rotta.
Un imperativo ambizioso che, a ben osservare, non è così proibitivo né probabilmente per noi così lontano da realizzare.

La visibilità è mendace e fuorviante

Eppure, se non ci avvediamo di questa possibilità, una ragione c’è: una ragione semplicissima.
Abbiamo la sensazione di essere sterili ed incapaci di presentarci ai grandi appuntamenti perché quelle che normalmente cataloghiamo come nostre espressioni politiche sono prigioniere di schemi angusti. Eppure questa considerazione, per fondata che sia, è fuorviante.
La superficie stagnante della politica così come si offre ai nostri occhi in piena era di provincialismo globale, ha creato per compensazione una serie di scissioni e di dicotomie.
Nelle aree a forte connotazione ideologica, coloro che non hanno concepito la politica come lottizzazione, spartizione e micro-amministrazione si sono dedicati ad esternazioni a singhiozzo.
Prigionieri della logica dittatoriale e fuorviante dell’immagine, essi hanno messo ogni sforzo al servizio della visibilità. E questa visibilità, all’estrema destra come all’estrema sinistra, essendo di fatto disgiunta da una mobilitazione costante e senza posa e soprattutto da un radicamento sostanziale nella società, essendo divenuta in concreto pura gestualità, si è fatta giorno dopo giorno più reazionaria. Non nel senso di cultura reazionaria – ché vi sarebbe da aprire in tal caso più di una parentesi – ma nel senso di psicologia reazionaria, ovvero di azione per reazione, quasi per dispetto, ovvero nel segno e nel destino della sterilità perché dettata dalla presenza di UN altro da eliminare. E non è un caso se – pur non  rispondendo se non in minima parte alla mentalità delle loro basi – le due estreme hanno preso a esprimersi innanzitutto in temi moralistici e di costume anche se le due morali bigotte si contrappongono fra loro nell’esacerbazione delle follie laiche e delle psicosi clericali, ambedue incomprensibili ad un uomo equilibrato e sano di mente.

Le strutture metapolitiche: la “galassia opaca”

Più che della politica, se ci attenessimo a quanto ogni giorno appare, dovremmo dire di trovarci in presenza di una serie di eritemi. Dal che dovremmo dedurre che è meglio lasciar perdere perché nulla di buono ci sembra ci si possa aspettare. Ma non è così. Nel pieno caos imperante, in epoca di disgregazione, come per opposizione interna, per dicotomia, si sono andate consolidando una serie di strutture metapolitiche di ogni ordine (memoriale, militante, economico, sociale, editoriale, musicale, artistico) che hanno finito col rappresentare il cemento, l’elemento coesivo e costruttivo di un’intera area, almeno per gran parte del centronord. E quel che più conta è che questa dicotomia tra sostanza e apparenza, tra costruttività e visibilità è di ordine qualitativo e non il frutto di divisioni umane perché – e questo è il dato rilevante – non solo tra i partecipanti ma tra i promotori e tra i responsabili dell’atollo sostanziale ne troviamo diversi che al contempo militano nella politica che si dà forma partitica antagonista.
Insomma tra sostanza e visibilità c’è la differenza che esiste tra l’iceberg tutto e la sua punta emergente, o almeno così dovrebbe essere, e probabilmente così effettivamente sarà allorquando si cesserà di costruire movimenti, movimentini, coordinamenti, partiti e partitelli per pura e semplice esternazione narcisistica individuale. E allorquando si comprenderà che in quest’epoca il partito, che pure mantiene una funzione potenziale, non è neppur più il ferro di lancia terminale dell’asta.

Quando il bilancio è positivo

Cosicché mentre ciò che è “visibile” si trova inchiodato alla spietatezza  del bilancio che ne attesta lo squilibrio immane tra sforzo e risultato e l’incapacità di esprimere sintesi innovative dal largo riconoscimento, quel che è “sostanziale” è andato procedendo in modo sicuramente soddisfacente in tutti i campi o quasi. Per rendere l’idea basterebbe rammentare che siamo entrati nel terzo anno di guardia quotidiana a Predappio, il che ha oggettivamente del miracoloso. Ma anche limitandoci ad osservare imprese meno onerose l’indice è nettamente in attivo. Un Orion già potenziato tra la seconda e la terza università d’estate, in quest’ultimo anno si è arricchito di una decina di nuovi giovani redattori tutt’altro che incapaci, segno di dinamica e di buona salute. Il discorso resta il medesimo se ci riferiamo all’impegno delle cooperative economiche (che sono poi anche un sistema di vita e di crescita). Si rafforza se diamo importanza alle considerazioni nazionali ed internazionali di cui siamo stati oggetto. Si conferma se andiamo a osservare alcune facce del prisma, come Eleuteros, la Comunità Giovanile e soprattutto Casa Montag. Qualunque aspetto si prenda in considerazione della nostra “galassia opaca” quel che se ne ricava sono l’esistenza di un impegno gravoso e quotidiano, la conferma di una dinamica reale e di uno stato di salute.
A voler essere fiscali, (e solo se facciamo il paragone con l’anno precedente che però fu caratterizzato per scelta in gran parte proprio da questo) è soltanto nel volontariato che si è persa un po’ di velocità, restando noi sempre e comunque in pista anche in questo campo.
Insomma, controcorrente rispetto alle abitudini e ai luoghi comuni, per il “sostanziale” il bilancio è assai positivo.

Abbiamo deciso di investire

Un bilancio in positivo non ha poi un valore enorme se l’attivo non lo s’investe a sua volta in imprese impegnative.
Ed è proprio ad un’impresa impegnativa che abbiamo deciso di puntare. Ovvero alla capitalizzazione e alla messa a disposizione di quanto maturato.
Quel che si è costruito perirà sicuramente se e fintanto che resteremo prigionieri dei nostri individualismi, egoistici o di gruppo. Ogni costruzione umana è soggetta a tempi precisi di crescita, invecchiamento e morte: essa sfugge alla morte solo se prima che invecchi cambia dimensione e diviene affluente di un’opera collettiva, sublimandosi in altro da sé.

Un’élite faber

Perché ciò possa accadere è imperativo che gli artefici delle opere siano talmente padroni di sé da rinunciare all’egoismo e al narcisismo. Che essi si abituino a vivere in modo del tutto antiborghese e a caratterizzarsi lapidariamente e definitivamente, passando all’Affermazione di rinuncia in rinuncia. Che apprendano ad essere quell’aristocrazia povera preconizzata da Nietzsche, libera dalle necessità perché non attratta da esse, libera dalle lusinghe e dalle promesse di carriera perché tediata da esse.
Ed è altrettanto imperativo che si tratti di un’élite faber, ovvero in possesso dei segreti e delle tecniche fondamentali per il compimento delle opere indispensabili.
Ed è non meno imperativo che si tratti di un’élite popolare, ovverosia non costruita a tavolino nelle torri eburnee dei salotti intellettuali ammantati di integralismo preconcetto e pertanto intrise di saccenza e  di dotta ignoranza, ma forte delle esperienze quotidiane, tra i deboli e i bisognosi.

Quella sporca ventina

Capitalizzare quanto si è riuscito a costruire – specie in noi stessi – e farlo in quella triplice direzione (disciplina di sé, padronanza tecnica, azione popolare) è lo scopo che ci siamo prefissi per i prossimi due o tre anni. In questo periodo allargare e potenziare le strutture già esistenti, duplicarle, moltiplicarle, avrà persino meno valore che non preparare adeguatamente un numero cospicuo di persone dalle quali ne possano scaturire una ventina che siano quadri davvero politici ma non solo, esistenzialmente marcati in modo assoluto e non compromissorio.
Una ventina di persone impersonali capaci di rappresentarci in ogni consesso senza tradirci e di contribuire, da interpreti, mediatori e sintetizzatori, a modificare le espressioni politiche così anguste dalle quali siamo apparentemente caratterizzati e che, in tanti casi, ci fanno invece accapponare la pelle.
Una ventina di quadri che non saranno il punto di arrivo ma il punto di partenza perché la dinamica nella quale ci riconosciamo, troppo spesso magmaticamente, acquisti forma e armonia; dunque futuro e coscienza. Perché da agiti si torni ad agire: come soggetti, come protagonisti, assolutamente diversi dalla mediocritas politicantum.

Un progetto di autentica mutazione

A questo abbiamo deciso di dedicare l’Università d’Estate 2003 e poi l’asse delle nostre prossime attività. Per rendere più chiare le idee e per presentare organicamente quanto si è fatto, detto o pensato, abbiamo scelto di raccogliere in questo numero di Orion quanto di più propedeutico ci fosse per l’avvio di questa preparazione. Critiche, autocritiche, esempi, suggerimenti pratici, concrete proposte operative.
Una preparazione che partirà in maniera sistematica quando saremo pronti – probabilmente tra qualche mese – e alla quale chiamiamo a raccolta tutti gli uomini di buona volontà; in special modo quelli che non si ritengono all’altezza, perché l’umiltà e la modestia sono il nostro primo spartiacque di selezione.
A questo scopo diciamo a tutti coloro che non hanno potuto venire all’UdE, o che ne hanno sottovalutato erroneamente il significato, di contattarci quanto prima perché siamo ancora in fase di rifinitura del progetto.
Questo progetto – che è comunitario – si riferisce ad una vera e propria mutazione.
Esso mira alla faticosa e meticolosa acquisizione da parte di alcuni della capacità di agire e parlare in nome di molti, perché ne saranno espressione organica oltre che viscerale, al fine supremo della realizzazione di quella Nuova Sintesi,  espressione comune di un intero popolo, che sarà la nostra risposta liberatrice in un domani prossimo.
Questo progetto muterà anche i piani dell’area di appartenenza perché consentirà la saldatura tra sostanza e apparenza. Ovvero, riempendo l’apparenza di quei contenuti che solitamente i notabili autistici o segaioli ignorano, misconoscono oppure osteggiano per non dover essere chiamati a farci i conti, la modificherà nettamente e la riproporrà come Forma.  
Allora, finalmente, la punta, o meglio ancora le punte, corrisponderanno a quell’iceberg di cui a stento oggi ci si avvede: e proprio su quell’iceberg faranno naufragio tutti i Titanic trascinati a fondo sotto il peso della loro ostentata superbia.