Trentadue anni fa, quando colà dove si puote quel che si vuole (anche acquistare il settanta per cento dei giornali italiani e mutarne la linea politica) fu deciso di far entrare il Partito Comunista in area di governo, iniziò la moda di dipingere i fascisti come squilibrati, psicopatici, malati mentali, violenti e persino vigliacchi. In un batter d’occhio i “fascisti” divennero tutti “pariolini” con i capelli corti, le scarpe a punta, repressi sessuali, misogini, ricchi e annoiati. E facevano la ronda per aggredire i più deboli. Sul Messaggero Vigorelli giunse a scrivere che i bambini di un asilo infantile della Balduina non vedevano mai il sole non perché, chiusi in uno scantinato per oggettive carenze della Pubblica Istruzione, non potevano svolgere la ricreazione in strada dove sfrecciavano le macchine, ma perché “i fascisti li aspettavano per picchiarli”… I bambini dell’asilo…
E mentre si dipingevano a piacimento questi mostri ignobili, si invitava calorosamente ad ammazzarli. “Uccidere un fascista non è reato” si scriveva allora e già c’era stato il rogo di Primavalle con un ragazzo e un bimbo bruciati vivi (omicidio “colposo” !) Alcuni irresponsabili pennaioli dementi si misero a offrire alla pubblica ferocia un quadro completamente falsato, spesso addirittura rovesciato dei neofascisti. Li dipinsero come gente che scorrazzava per i quartieri in cerca di vittime democratiche quando invece finivano all’ospedale o al cimitero perché degli avversari impuniti li aspettavano, armati, sotto casa. Città come Milano erano praticamente invivibili. Li si definì come forti contro i deboli e deboli contro i forti, quando invece negli scontri quotidiani il rapporto di forze di uno a quattro era considerato favorevole e di uno a sei paritetico.
A volte ci si scontrava uno contro dieci e mai in vantaggio numerico. I numeri non lo avrebbero concesso. Ma, se in piazza i neofascisti resistevano contro venti e maree, contro avversari agguerriti e numerosi, nulla potevano contro gli assassini dell’inchiostro.
La loro vile sagra della demenza, il loro continuo invito al linciaggio durarono a lungo e a lungo durò un dramma generazionale. Neanche la fine degli “anni di piombo” con tante vittime e tanti prigionieri permise di fare giustizia morale: I “rossi” erano ragazzi esuberanti, i “neri” dei criminali. I primi avevano motivazioni ideali, i secondi: scherziamo ?
Dopo la caduta del Muro di Berlino ci fu un avvio di ricerca dell’obiettività tanto che ultimamente si era respirato un clima più disteso nel quale qua e là qualcuno ha persino cercato di capire e non solo di (pre) giudicare con certezza teologica.
Ma ora ci risiamo. Un senso di revanscismo sta animando le truppe di complemento del redivivo cattocomunismo che si scatena libidinoso alla ricerca del tempo perduto. Ed ecco che l’occasione ghiotta si presenta. Quello scarto umano di nome Angelo Izzo è stato pescato dopo un ulteriore efferato omicidio e subito la stampa ripropone le aberrazioni di allora, i medesimi affreschi, fatti di “fascisti” stupidi e malvagi. Tutti come Izzo, o, quantomeno, tutti oggettivamente complici del quadro sociologico e psicologico dal quale è scaturito il mostro. Questo perché ? Perché Izzo ebbe fugaci frequentazioni all’estrema destra ? Nessuno si è mai peritato di sottolineare però l’appartenenza comunista di criminali storici, come Cavallero o Cimino. Nessuno ha posto l’accento sul fatto che Pacciani, condannato come “mostro di Firenze” fosse un partigiano. Ci si ostina a vedere le cose con un paraocchi d’acciaio. Così vuole la teologia antifascista.
E colti da tale demenza si esita anche a porre l’accento sul fatto che Izzo, dopo essere già evaso una volta, aveva ancora ottenuto benefici legali. E questo perché ? Perché usato come “infiltrato” dalla Magistratura rossa è ancora oggi un “superteste” a carico delle presunte stragi nere. Anche se è stato sbugiardato mille volte, anche se, come ci segnala l’ex PM Mancuso che tanto lo sostenne ed utilizzò, era chiaro che dicesse ai giudici quello che i giudici volevano sentirsi dire.
Anziché sottolineare che il pregiudizio antifascista e la libido persecutoria di una Magistratura politicizzata hanno permesso ad Izzo di far condannare innocenti, come Luigi Ciavardini, e quindi, da libero, di assassinare ancora, ci tornano a parlare di neofascisti dai capelli corti e dalle scarpe a punta coprendo così le proprie miserie. E le responsabilità morali che gli uni e gli altri, giudici di parte e giornalisti da quattro soldi, hanno sulle vite umane.
Non finirà mai questo scempio ? Questi scribacchini non la smetteranno? Non si vergogneranno mai ?