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Costui nel suo film raffazzonato assai, spezzettato nell’azione, scontato nella trama, poco realista nei momenti topici, ha perduto una grande occasione per dire qualcosa di originale.

La sua tesi, avvalorata da alcuni dati significativi, è che il Sisde, il Sismi e, tramite questi, la P2, siano stati i registi del sequestro Moro, il tutto per ordine della Cia,  allo scopo di stroncare il dialogo con il Pci. Ciò è grossolanamente falso: è il frutto di chi guarda senza voler vedere perché porta un paraocchi ideologico e vuole che tutto corrisponda ad un teorema preconfezionato. A suo tempo il giornalista Gatti, in “Rimanga tra noi”, edizioni Leonardo, 1990, provò a documentare la teoria per la quale la strategia della tensione sarebbe stata attuata dalla Cia per sbarrare la strada all’avanzata comunista in Italia, ma si dovette arrendere di fronte all’evidenza che tutte – dicasi tutte - le informative del servizio segreto americano al governo statunitense dicevano esattamente il contrario e cioè che il Pci era affidabile e il suo avvento al governo era auspicabile.

D’altronde se davvero gli Usa avessero ravvisato un pericolo nell’apertura di Moro ai comunisti, non avrebbero avuto alcun bisogno di farlo uccidere;  vista la motivazione profonda e la statura dei nostri statisti del dopoguerra, sarebbe bastata una telefonatina per fargli cambiare idea. D’altra parte l’apertura al Pci non l’aveva attuata Moro ma Andreotti, tanto che all’epoca si parlava di “Governo Berlingotti”.

Molto più plausibilmente i centri di potere occulto gradirono l’eliminazione del deputato democristiano perché costui era il mediatore politico di interessi economici legati al Medio Oriente e al mondo del petrolio.

Forse si arriva a saperne di più leggendo un libro recentemente stampato dall’Einaudi “Il misterioso intermediario”, scritto da Giovanni Fasanella e da Giuseppe Rocca. La loro inchiesta, che marcia parallelamente  alla biografia del direttore d’orchestra Igor Markevic, va molto più lontano.

Essa parte dall’identificazione di una sfera d’influenza supernazionale che si snoda tra Francia, Svizzera e Stati Uniti e che gli autori identificano in un fantomatico “Gran Priorato di Sion”.

Movendo da lì e ripercorrendo gli intrecci tra Cia, Kgb e Massoneria, gli autori giungono alla ricostruzione delle trattative del sequestro Moro e sostengono che egli sia stato ucciso nel ghetto ebraico della Capitale. Perché, secondo il Rocca ed il Fasanella, esisterebbe ai piani alti della politica un preciso luogo d’incontro tra gli interessi degli Usa dell’Urss, d’Israele e del Vaticano.

Un’affermazione ben più forte e credibile di quella comune e che meriterebbe proprio di essere approfondita.

Dunque “Piazza delle Cinque Lune” rappresenta un’ulteriore occasione perduta.

Una volta rivolto il proprio interesse alla scuola di lingue parigina Hyperion, che viene identificata come la copertura della centrale della Cia per la manipolazione del terrorismo marxista,  il Martinelli, che è stato capace di rendere bene l’idea della differenza di prospettiva che si ha della realtà a seconda del piano dalla quale la si osserva, avrebbe potuto fare di più e di meglio, invece di consegnare la vicenda Moro alle ritrite banalità del politicamente corretto.

Contrariamente ai luoghi comuni, la storia dell’Italia non è stata affatto contrassegnata dal terrore di Botteghe Oscure: la classe dirigente comunista  non era pericolosa per nessuno tranne, forse, che per chi in buona fede credeva in essa.