Incalzata dall’avanzata di un fronte rosso/liberista animato da cattiveria e dalle peggiori intenzioni e obbligata dalla nuova legge elettorale a scegliere l’alleanza col centrodestra pur di non sparire, la destra estrema di partito ha compiuto una piroetta con estrema disinvoltura e si è alleata senza nemmeno avere il pudore di aprire un dibattito con quelli che fino al giorno prima additava come i peggiori nemici.
Convertitasi al più crudo pragmatismo, l’estrema destra ha fatto anche questo in modo assai superficiale. Tant’è che anziché presentarsi unita alle politiche (cosa non impossibile visto che si era verificata alle disastrose regionali dell’anno precedente), ha pensato bene di schierare due partiti in competizione. Insieme FT e AS avrebbero eletto otto deputati, così non solo non è passato nessuno ma non hanno nemmeno raggiunto il quorum necessario per i rimborsi elettorali.
Effetti a pioggia
Gli effetti sono stati diversi. Fiamma Tricolore che era data per spacciata ed è invece in ripresa, tutto sommato si è accontentata del risultato di aprile; Alternativa Sociale, che poi era la somma di tre realtà diverse, è invece implosa.
In particolare le componenti di AS hanno subito la pressione delle basi che male avevano digerito l’improvvisa alleanza con la CdL con relativo abbandono della purezza astratta nella quale a lungo si erano cullate. Ci ha poi pensato la nipote di Colui-che-non-mi-va-di-nominare-invano a rendere più insopportabile la situazione; lo ha fatto quando ha scaricato pubblicamente la Socializzazione prima di elemosinare un posto nell’eventuale partito unico di centrodestra.
Così tutti si sono dovuti arrendere all’evidenza, che pure era lampante da tempo, che la donzella che li rappresentava non aveva fatto che portarli a spasso per i marciapiedi della politica italiana.
Sicché si è immediatamente stimolato un ritorno all’antico, al movimentismo da “unica opposizione” che qualche anno addietro aveva pagato. Solo che il quadro politico e repressivo era frattanto cambiato e gli entusiasmi sono andati un po’ persi.
Costituenti e ricostituenti
Frastornati da tante peripezie e incalzati dal revival di gruppuscoli di “duri e puri”, molti hanno pensato allora di ricorrere alla solita panacea: il delirio dell’ “unità dell’area”. Qualcosa di impensabile per ragioni culturali, sociologiche, storiche, meccaniche e spirituali.
Da allora è un fiorire di unificatori d’area e di teorici ed organizzatori di costituenti. Un ricostituente andrebbe assai meglio. Il problema, risolvibile, sta nelle premesse che sono tutte sbagliate. Nella cultura politica (non necessariamente ideologica ma, spesso, anche ideologica), nella metodologia, nella comunicazione, nella coscienza di sé, nelle verifiche, nella prassi.
Qualcosa in quel senso si muove, qualcos’altro nasce, qualcos’altro accelera. Al di là del mio cauto ottimismo, quel che mi preme sottolineare è che nulla si risolve a valle, tutto a monte.
Non serve riverniciare un rudere, va ricostruito dalle fondamenta. E a chi dice che non ci sono fondamenta replico che si sbaglia. Vige una cultura distorta, fondata su gerarchie invertite e su canoni neanderthaliani: è per questo e solo per questo che le persone di qualità, che sono tante, vengono neutralizzate da quel pernicioso conservativismo che la paura di perdere qualche privilegio detta a chi si compiace di gradi e cariche. Costoro, chi più chi meno, fanno da freno alle innovazioni indispensabili, favorendo la persistenza dei riflessi condizionati che spingono ognuno ad adagiarsi nella pigrizia mentale. Se si rendessero conto di quanto antifascismo, davvero doc, c’è in questo loro comportamento penso che si spaventerebbero.
C’era una volta la sinistra radicale
Se Gomorra piange, Sodoma non ride.
A sinistra la vittoria elettorale e la conquista militare dei ruoli istituzionali da parte di comunisti doc, sta avendo effetti preoccupanti.
Pronta a spalleggiare la politica liberista e antisociale di Prodi, la sinistra chiede in cambio soltanto due cose: più immigrati e più antifascismo.
Ambo rischiano di risultare deleterie per il paese oltre che per le minoranze coinvolte nel conflitto, anche se, ovviamente, ci saranno molti più problemi per l’estrema destra che per i dirimpettai.
Questo comporta però anche uno sconvolgimento delle forze in campo; tant’è che Marco Ferrando, esponente di spicco delle pulsioni para/rivoluzionarie, si è trovato praticamente cacciato da Rifondazione Comunista e soppiantato da Vladimir Luxuria. Con tutto quello che in senso global, american e liberal questo comporta.
L’avvenire, anche a sinistra, è roseo solo da un punto di vista di cromatismo omosessuale.
Come guardare al domani
Siamo di fronte a nuvoloni di pioggia e grandine. Dobbiamo preoccuparci? Come sempre: male si fa quando non ci si preoccupa. La situazione è instabile e molti perdono i punti di riferimento. Dobbiamo dolercene? Assolutamente no.
Direi, anzi, che si può finalmente guardare al domani con un minimo di fiducia perché le elezioni politiche hanno scompaginato solamente dei quadri virtuali. La sinistra rivoluzionaria non esiste da decenni; la destra estrema dura e pura era solo un ologramma. Nessuno aveva costruito alcunché di costruttivo, solido, prospettico. La presenza di porti quieti dove illudersi di essere rivoluzionari o alternativi, duri o puri, serviva solo a prolungare lo stato d’ipnosi.
Oggi che, messe di fronte ad una realtà voluta dall’alto, le due estreme si sono rivelate profondamente inconsistenti, oggi che più o meno tutti quelli che si rifiutavano di guardare in faccia la realtà sono stati costretti ad ammettere di trovarsi fuori strada, oggi finalmente si può pensare di costruire non solo intorno a un pugno di futur/arditi che hanno tirato diritto e si sono imposti pur senza menestrelli e senza padrini.
Oggi che è evidente come le altre strade siano fittizie, si può iniziare a clonare l’esempio.
Il futuro è impegnativo e possibile; per questo il momento che attraversiamo mi piace.