Questo sito si serve dei cookie tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'utilizzo dei cookie.


Il più importante si concretizzò qualche mese più tardi: il Sismi – servizio segreto militare – mise (e ritrovò…) in uno scompartimento del treno Taranto-Milano un mitra, due biglietti aerei a nome falso ed una borsa contenente lo stesso esplosivo utilizzato a bologna. Come mai massimidirigenti del Sismi che avevano costruito quella pista (e furono poi condannati, rei confessi, in un processo nel quale noi fummo parte civile) avevano utilizzato proprio quell’esplosivo, se la perizia relativa alla strage non era stata ancora depositata? Come facevano a sapere quale esplosivo era stato usato alla stazione di Bologna? Nessuno glielo ha mai chiesto. Così come nessuno si è mai domandato come mai quella pista era stata ideata agli inizi di luglio, ovvero un mese prima della strage. Chi commissionò quella pista prima ancora di compiere il massacro? Quali potenti alleati? Quali direttori d’orchestra?
Noi sappiamo per certo che:
-          gli ispiratori di quei depistaggi erano i più autorevoli falchi sionisti attivi sul nostro continente
-          la strage di Bologna concluse un lungo processo golpistico ai vertici dei settori strategici nazionali. Un processo sanguinosissimo (stragi, anni di piombo) con vittime illustri (Mattei, Moro) e che spostò l’Italia dal suo naturale ruolo chiave nel partito euromediterraneo alla sudditanza acritica ne confronti di Israele.
Sappiamo anche altre cose:
-          uno stretto fil rouge lega tra loro la strage di Bologna e l’abbattimento del DC9 civile sui cieli di Ustica ad opera di una “aviazione amica”. (Per coprire il quale attacco si mobilitò tutto l’apparato Nato. I testimoni oculari, 13, e qualche perito passarono drammaticamente a miglior vita…)
-          un altro fil rouge lega la strage di Bologna a quelle, immediatamente successive, di Monaco e di Parigi; ed alle loro conseguenze geopolitiche.
Sta emergendo nuovamente, benché inquinato dalle distorsioni del Dossier Mitrokhin, una pista a lungo accantonata: quella della banda-Carlos. La pista è credibilissima. Carlos (che non era alleato della Palestina ma molto probabilmente organico ad Israele e all’Inghilterra) potrebbe rappresentare proprio il tassello mancante di quel puzzle.
Purtroppo anche quelli che riprendono questa tesi, ad iniziare dal super anglofilo Cossiga, si lanciano contemporaneamente nell’ennesimo depistaggio accusando grottescamente i palestinesi. Perché?
Gli israeliani, già inchiodati grazie al grande Beppe Niccolai per l’abbattimento delll’Argo16 sui cieli di Marghera, sentono il fiato sul collo anche per Ustica e cercano allora di proporre (anche indirettamente) una grottesca pista libica. Ma ve l’immaginate la Nato che cancella tutte le registrazioni ufficiali e s’impelaga in una quindicina di sparizioni sospette per compiacere i libici?…
Come recita un detto popolare: “ai passaggi a livello un treno può nasconderne un altro”. I depistatori oggi giocano concentrando l’interesse su un falso obiettivo per far passare in sordina quello vero.
Giocano su Bologna per nascondere Ustica; assimilano Carlos ai palestinesi perché non si risalga ai veri protettori suoi e di altri terroristi internazionali (su questo argomento mi dilungo nel mio ultimo libro “Quel domani che ci appartenne” edito per la SEB il prossimo settembre).
Morale della storia. Esortiamo pure la Magistratura a perseguire la pista Carlos ma partendo dai dati oggettivi che non possono venire sconvolti (chi ha depistato sin da PRIMA che la strage fosse commessa; da chi è composto il partito stragista; quali furono le cause e gli effetti della strategia della tensione) e rifiutando i depistaggi che ci vengono suggeriti da chi – per interesse, per appartenenza o per mestiere – non ha altra scelta. Lasciamoli cuocere nel loro brodo e non abbocchiamo all’amo: noi non intendiamo diventare i portaborse dei portaborse di Sharon.




Noreporter agosto 2005