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Ecco, appunto, in un modo o nell'altro, e questo non è un bene. Non è un bene perché quella che qualcuno definì come Tanatofilia ha valore soltanto quando è sacralità pura e continuativa nel fuoco dei Lari, altrimenti diventa – quando va bene – lugubre necrofilia o anche qualcosa di peggio.
E questo non può proprio essere. Chiunque abbia un minimo di familiarità con l'immateriale, sa che le aure o le anime che dir si voglia devono essere lasciate libere di volare, di distaccarsi dal terreno per raggiungere lo stadio della Luce.
Esse possono altresì aiutare chi a loro è legato, ma possono farlo dall'alto, con leggerezza, connesse in basso dall'ardere di un fuoco limpido di cui s'alimenta la comunità familiare, clanica o nazionale che sia. Tenendolo acceso con un fervore impersonale, di donazione e di fusione, può una comunità legarsi ai suoi Lari, ai suoi Angeli Custodi.
Purtroppo ciò avviene oramai di rado.
 
Francesco, Franco e Stefano, trentotto anni fa vi uccisero a sangue freddo per un calcolo puro. I vostri assassinii furono emblematici e causarono, forse, il punto di non ritorno della lotta armata. Come vittime sacrificali foste usati con orribile cinismo da chi vi uccise.
Poi diveniste in qualche modo il simbolo dei simboli del nostro sangue versato.
E in qualche modo diveniste il nostro noi e noi tornammo sempre da voi.
Ma chi può veramente dire di essersi recato da allora sul luogo del vostro martirio con lo spirito giusto perché il vostro sangue l'innalzasse e non con quello che tende invece a tirarvi giù? Possiamo affermarlo onestamente? Ne dubito. Certo, migliaia, migliaia e migliaia di giovani e di meno giovani sono venuti lì armati delle migliori intenzioni, ma intorno alle vostre spoglie si è consumato e si consuma uno squallido anche se spesso inconsapevole banchetto. Taluni sozzi nell'animo ma molto più spesso gente col cuore puro, non ci siamo però accorti che troppe delle nostre cerimonie hanno interferito negativamente con la vostra trascendenza.
 
Non mi metto qui a fare l'elenco delle nostre miserie. Perché parlare della lottizzazione dei Caduti e del controllo dei loro luoghi? O di chi, giunto al governo, vi ha usati, voi tutti, camerati deceduti negli anni di piombo, purché però non troppo ingombranti come storie di lotta, e con voi i martiri delle Foibe, utilizzati alla rinfusa come lasciapassare identitario. Non avevano nessun altro elemento di caratterizzazione a parte lo stupidissimo orgoglio di essere stati i primi a proporre l'eliminazione del servizio militare di leva: complimenti!
Miserie oscene, le une e le altre, che hanno contrassegnato e continuano a contrassegnare un po' troppo spesso le nostre ostentazioni divenute ormai lugubri.
Lugubri, non sacre.
Chi si trovò a rendervi omaggio nel 2007 e nel 2008 ha sicuramente percepito in quelle occasioni – forse nate per magia e comunque irripetibili su ordinazione – il senso del Sacro. Nelle altre occasioni è sempre il lugubre che prevale, è un fatto tangibile che ti prende alla gola.
Se poi al lugubre ci aggiungiamo la tentazione spesso lodevole ma quasi mai riuscita, da parte di ogni gruppo nato con l'andare degli anni, di mettere le singole radici nella vostra continuità, e così facendo di appropriarsi di voi distorcendovi, la misura diventa colma.
Tutto ciò in fondo non è colpa di nessuno, o comunque non dei più, è mancanza di presenza a sé, di consapevolezza. Se si è smarrito l'essenziale si è quindi smarrito anche il senso del sacro, ragion per cui la sacralità non correttamente intesa diventa una seduta spiritica. E sì che lo dice anche il sapere popolare: “gioca coi fanti ma lascia stare i santi”.
 
Non è forse colpa di nessuno l'aver smarrito il senso essenziale e quello elementare, in fin dei conti è il tempo che vuole così.
Motivo per cui non criticherò nessuno – tranne quelli del cappello e dell'etichetta, del banchetto e dell'alibi – per il fatto di continuare a venire a porgervi il Saluto.
Io però sono giunto alla conclusione che esso ormai soddisfa solo, quando vi riesca, chi il saluto ve lo rivolge, ma che non c'è più traccia di com/unione.
Non penso che sia né giusto né corretto mantenere con voi dei legami di una natura che, anziché innalzare noi, trascina invece voi nelle nostre dimensioni terrene e nelle nostre beghe.
Per questo, dopo tre anni di tentennamenti, seguirò infine la decisione che avevo maturato da tempo e anziché venire lì col cuore gonfio per fare alla fine i conti con il gelo interiore, cercherò d'immaginarvi lassù in quella dimensione che tutto, fin dall'inizio, sembra aver congiurato per ostacolare che la raggiungeste: quella della pace dello spirito guerriero.