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 Se è vero, come è vero, che bastano due pugni ad un cronista per ottenere che in Viminale si tratti urgentemente dello scioglimento di un partito politico, marginale quanto si voglia, è evidente che si è persa la misura, incappando così in quella che Sofocle considerava la maggior colpa contro gli dei.
Il che comporta gravi conseguenze per il buon senso ma anche serene prospettive per quelle centinaia di persone anonime che un tempo sarebbero state immolate a casaccio sull’altare delle logge e degli agenti segreti.

Bene, se grazie all’imbecillità dilagante ci risparmieremo almeno qualche strage di loggia, di lobby o di servizi, non ci scrolleremo però di dosso la strategia della tensione e le immancabili manovre occulte volte a ridisegnare il panorama politico.
Intendiamoci, siamo d’accordo con Parlato de “Il Manifesto” quando sostiene che se vi è una trama, essa è probabilmente ravvisabile più nel clima che si è venuto ad instaurare (complici la mala fede e la stupidità di molte formazioni politiche) che non in manipolazioni dirette operate nei confronti di chi tale clima ha reso incandescente.
Un’atmosfera di questo genere è stata però innegabilmente creata e, a nostro modesto avviso, non si diraderà con le prossime scadenze elettorali ma si protrarrà negli anni in una ridda di alti e bassi, con il rischio di un aumento del livello di tensione e, dunque, con il pericolo di lutti e drammi che potranno essere evitati solo se le poche persone che hanno in qualche modo familiarità con gli arcani della politica senza esserne necessariamente complici (ovverosia gli eredi di formazioni caratterizzate dalle pulsioni ideali forti) sapranno vigilare, reagire pubblicamente, prevenendo le mosse degli inossidabili lestofanti e sventandone magari le più sfrontate malefatte.
Perché ciò avvenga servono una certa elasticità mentale, uno sguardo non miope, ovvero la capacità di rendersi conto che si è tutti in gioco anche quando i giochi riguardano altri, ed una freddezza analitica quantomeno sufficiente.
Dobbiamo capire insomma cosa bolle in pentola nel giochino delle parti in cui sono coinvolti Forza Nuova ed i centri sociali e nel quale riaffiorano un po’ a caso e un po’ ad arte sigle di un tempo come le Brigate Rosse, i Nar, o la stessa Terza Posizione.

Il disegno

Il disegno da tempo in vigore è quello di ricompattare il Centro.
“Mani pulite” aveva azzerato, almeno formalmente, la Prima Repubblica inaugurando una sorta di bipolarismo plurimorfo all’italiana, un bipolarismo dal quale il centro era stato esautorato disintegrandosi in partitelli a vocazione talvolta berlusconiana, talaltra progressista.
Il bi-polarismo creatosi è però di fatto virtuale essendosi impossessati di tutte le leve di comando i tecnocrati della finanza (Amato o Fazio, Ciampi o Dini, Prodi o Martino, Monti o Tremonti poco conta) ed essendosi insediati in tutti i posti-chiave dei democristiani  ai quali sono affiancati, sia pure allo scalino immediatamente più  basso, i comunisti nel rispetto di quell’accordo delinquenziale che, stipulato un quarto di secolo orsono, venne battezzato “compromesso storico”.
In pratica, se lo scenario è mutato, un cambio vero e proprio della realtà politica non si è verificato, anzi si è vieppiù rafforzato quel grigio budello  fondatosi sulle leggi speciali “antiterroriste” e consolidatosi sul binomio corruzione-concussione.
I poli, insomma, sono tali di facciata perché la struttura portante seguita ad essere democristiana.
Ed allora perché da più parti centrali forti e discrete insistono per una ricostruzione anche formale di questo centro ?
Perché persino i poli contengono degli elementi che non soddisfano appieno chi pretende di plasmare a suo piacimento la geografia politica nostrana.
Chi ha fatto e disfatto la cartina dell’ultimo quarantennio tingendola en passant del sangue di migliaia di vittime innocenti è un unico soggetto, ovvero il partito Sismi-Cia-Mossad che, tramite snodi di loggia, ha potuto usufruire di solidi terminali; alcuni ottenuti per infiltrazione (i partiti di centro), alcuni per alleanze tattiche (Pci) altri addirittura ideati come strumenti  di  produzione propria (Partito Radicale e Pri).
Questo superpartito occulto si è mosso per decenni come una piovra dagli immensi tentacoli sanguinanti ed ha dettato sia i tempi che i modi delle scelte di fondo, annientando non soltanto le opposizioni ideali ma anche chi, come gli onorevoli Formica e Craxi, aveva osato opporsi a taluni dei suoi disegni.
Eppure, benché i burattini siano oggi  rigorosamente provvisti di filo e sprovvisti di sogni, al Mangiafuoco qualcosa ancora non va.
Chiediamoci allora: cosa è che ancora non sta bene a chi mesta e rimesta nel torbido ?
A nostro avviso :
1.    L’eccessiva disponibilità di taluni ambienti verso le centrali europeiste franco-tedesche (ed in questo va lodato persino un anglodipendente di lunga data quale Prodi dimostratosi troppo duttile di fronte alle prospettive europee, ragion per cui i “grandi vecchi” gli vorrebbero contrapporre i più servili Bonino e Pannella di stretta obbedienza angloamericana).
2.    La presenza di aree culturali ed ideali che convivono in appendice ai poli e che creano impaccio con  dibattiti interni giudicati inutili ed insidiosi (si pensi alla Destra Sociale ed alla Lega Nord).
3.    L’autonomia o la megalomania di certi leaders.
      Tant’è che, in pieno clima di  aggressione alla Serbia e durante una paventata
      ipotesi di reimpasto dei vertici dei servizi segreti, la novella strategia della
      tensione è  nata avendo per  bersaglio D’Alema (ci riferiamo all’omicidio
      D’Antona ed alle conseguenze politiche che ha avuto all’interno dell’Ulivo e
      dei DS).   
      Aggiungiamo che noi riteniamo probabile che per ragioni analoghe Berlusconi
      per i “grandi vecchi” sia il prossimo obiettivo da abbattere politicamente.
A nostro avviso insomma è in atto una manovra di epurazione a vasto raggio.
Essa tiene conto di una necessità tattica – ovvero il consolidamento centrista in prospettiva di un non impossibile ritorno al proporzionale – e di una visione strategica.
Perché quest’ultima divenga realizzabile è però necessario che i suoi fautori vincano dapprima la partita in seno al centro. Una partita difficile e dagli esiti incerti.
Difatti a perseguire questo disegno sono oggi i centristi laici – tra i quali gli ambienti massonici DC – legati a Londra o al Pentagono.
Gli ambienti filo-tedeschi (e al centro ve ne sono) nonché la stessa Curia sono al momento più propensi alla salvaguardia del Polo.
La battaglia si annuncia quindi lunga e dall’esito tutt’altro che scontato.
La manovra di epurazione è in ogni caso iniziata, essa consiste nell’ esautorare nel centrosinistra gli eredi di una cultura ideologica (da qui il sostegno al binomio Rutelli-Veltroni, paladini del vuoto assoluto, contro D’Alema, erede e parziale garante di una memoria marxista. Ed è significativa in questo senso la recente scoperta, in casa diessina, di una matrice ideologica originale, quella che risale ai fratelli Rosselli, fondatori del partito azionista nonché avversari storici del Pci, i cui eredi, da Ciampi a Meccanico, tengono le redini della politica italiana e sono di stretta obbedienza angloamericana).
Essa consiste ancora nel promuovere tra i tecnocrati europei quelli di stretta ubbidienza yankee (al punto che si è cercato di far passare addirittura per una tecnocrate la Bonino che non vanta meriti specifici oltre a quello di aver applaudito con particolare foga quando le bombe della Nato massacravano i civili nei Balcani…). E nel preparare entro pochi anni la fine del Polo sbarazzandosi in ogni caso della figura del suo fondatore che, sempre che sopravviva al tumore che pare lo abbia di nuovo colpito, si vuol gettare al macero quanto prima perché la sua convinzione in se stesso non lo rende sufficientemente docile ed intercambiabile come si vorrebbe.
A fronte del fallimento annunciato  del centrodestra (fallimento che si cercherà di provocare) e tenendo conto al contempo di alcune inaffidabilità all’interno dello schieramento oggi al governo, a medio termine si riproporrà con veemenza il nuovo Centro, un soggetto che intanto già si inizia a delineare (le manovre sono cominciate con D’Antoni, Mastella, Andreotti, Cossiga e Di Pietro).
Il quale centro diverrà credibile e sarà addirittura invocato se potrà far fronte a pericoli pubblici provenienti da opposti estremismi.
Lo schema non è nuovo ma ha sempre funzionato in passato e c’è da esser certi che la sua riproposizione se non può ancora darsi per acquisita è quantomeno in programma.
Con quanta violenza e con quale impatto è difficile predire, ma questo dipenderà anche dal comportamento di chi può intervenire per il bene di tutti.
Perché, se li si lascia fare, forse non si avranno stragi ma ci scapperà di sicuro il morto, i giovani a finire allo sbando e gli idealisti destinati a marcire in galera non si conteranno magari a migliaia come in passato ma saranno comunque decine e va da sé che finché è possibile essi devono essere protetti.
Anche da loro stessi se necessario.

I fatti e gli antefatti

Ricapitoliamo gli eventi di cui la risorta strategia si è alimentata.
Le prime avvisaglie si sono avute con il caso-Marsiglia.
Lo scorso autunno un sedicente professore di Religione di stanza a Verona, sperando che sull’onda della pubblicità procuratasi e della solidarietà così conquistata sarebbe riuscito a non farsi rimuovere, come era stato decretato, dalla cattedra che aveva occupato senza averne i requisiti, pensò bene d’inventarsi di sana pianta un’aggressione naziskin.
Giornalisti ed intellettuali abboccarono all’amo e fecero crescere una tensione che, come fu chiaro nel giro di pochi giorni, non aveva ragione di esistere, ma che nondimeno avvelenò l’aria in tutto il Pese e provocò aggressioni violente nella città veneta.
Un secondo elemento di tensione è stato poi offerto - e ripetutamente - dai centri sociali i quali hanno dato vita a giornate di guerriglia urbana in occasione di un concerto di Forza Nuova a Bologna, quindi di una manifestazione del medesimo gruppo a Milano contro la Trilateral e infine a Roma per protestare contro la presenza di Haider in Vaticano.
Frattanto un ex brigatista, Panizzari, graziato dopo oltre un quarto di secolo di carcerazione patita pur senza essere oggetto di accuse per fatti cruenti, non essendo evidentemente riuscito a reintegrarsi nella società, ha fatto come molti ex-galeotti, ha provato cioè a compiere una rapina. Colto in flagrante, è stato trasformato in un casus.
Ma c’è di più, il fatto che il suo compagno di sventura avesse un fratello che in passato aveva militato a destra (sic!) fece sì che mestatori di professione e giornalisti imbecilli armassero un can-can ipotizzando una convergenza terroristica Nar-Br…
In questo bailamme di sensazionalismo e di insensatezza si giunse a formulare l’ ipotesi di incriminazione dell’ex capo di Autonomia, Oreste Scalzone, a Parigi da 22 anni, una teoria assurda utile soltanto a mantenere tesi i nervi di tutti.
Un consigliere milanese di Rifondazione, Umberto Gay, dal canto suo contribuiva a gettare benzina sul fuoco. Adoperando toni da linciaggio nei confronti di Fiore e Morsello dapprima e poi reiterando già sepolte quanto grottesche accuse ad un ex attivista della destra radicale romana  per un vecchissimo omicidio milanese dalla matrice malavitosa. Il fine del Gay era chiaro: rinfocolare l’odio antifascista, un sentimento sinistro di cui riempie il portafogli in quanto rappresenta puntualmente la sua becera e pagante bandiera elettorale.
Intanto degli ignoti, definiti come anarchici, pensavano bene di far trovare un ordigno inesploso sulle guglie del Duomo. Tre giorni dopo una bomba da stadio scoppiava per davvero, stavolta nella redazione de “Il Manifesto”.
In quell’occasione venne ferito – e poi arrestato come presunto autore dell’attentato – Andrea Insabato.
Su di lui si è detto tutto ed il contrario di tutto.
Essendo stato Andrea capo-zona di Terza Posizione nel quartiere romano della Balduina ed avendo  convissuto qualche mese con lui in latitanza fra l’80 e l’81, il sottoscritto può dire di conoscerlo abbastanza bene.
Benché negli ultimi diciotto anni lo abbia visto al massimo dieci minuti, ritengo di poter escludere che abbia la personalità e la mentalità del terrorista.
Andrea tuttora si professa non solo innocente ma vittima dell’attentato, anche se gli inquirenti sembrano non credergli affatto.
Chi fa opinione, convinto della sua colpevolezza, oscilla tra la sua criminalizzazione secondo i clichets del tramarolo, o una sorta di assoluzione per alzata di spalla in quanto soggetto psicotico.
Quale che sia l’idea che se ne possa legittimamente trarre, personalmente teniamo a sottolineare l’onestà e la generosità del personaggio, qualità che pensiamo di poter escludere siano mutate col tempo.
Ci piacerebbe perciò che chiunque ne parli, con rancore o con affetto che sia, mantenga comunque rispetto per l’uomo.
In quanto all’attentato in sé, posta la scelleratezza politica del gesto – e la sua strumentalizzazione che non poteva non darsi per scontata – esso va comunque ridimensionato perché con tutta evidenza non era volto a fare vittime.
Il che non toglie che, volente o nolente, chi lo ha compiuto si è infilato dritto dritto negli schemi della strategia della tensione.
Quando poi il tutto, complice il Natale, stava per spegnersi, un pugno assestato ad un giornalista da un dirigente di Forza Nuova ha scatenato un vero e proprio putiferio perché l’intera categoria, offesa per lesa maestà, ha preso a chiedere a gran voce provvedimenti violentissimi contro la formazione da cui era provenuto il terribile affronto.
Da qui una ridda di voci sconclusionate – e senza neppur un vero e proprio teorema d’accusa – che hanno riempito i telegiornali dei giorni di festa.
Questo è tutto: un gran polverone senza reali fondamenti, molto fumo per qualche briciola di arrosto e che per giunta tanto sa di avanzi lontani.
A conti fatti è perciò quanto mai plausibile che i mestatori di professione, i provocatori di mestiere, gli strateghi degli opposti estremismi abbiano più manovrato l’opinione pubblica in seguito a fatti criminosi isolati e scuciti tra loro di  quanto non abbiano pilotato i singoli protagonisti degli episodi citati, i quali si sono verosimilmente cacciati da soli in questo putiferio.
Quel che più sorprende però è la miopia politica, la pulsione suicida delle opposizioni sempre pronte ad abboccare all’amo ed a ballare sulla musica degli spartiti della vecchia DC.
Insomma, basta che si provi a riesumare la vecchia strategia, ed ecco che c’è chi la fa rivivere e, soprattutto, fa scalpore che negli ambienti che sono designati a subirla, nessuno emerga per osteggiarla autorevolmente.

Gli opposti estremismi

E veniamo a chi di questa strategia sembra essere vittima.
Prendiamo i due soggetti a rischio immediato: i centri sociali e Forza Nuova.
Essi si contrappongono in tutta la penisola accettando incautamente lo schema degli estremi opposti (che comunque dal punto di vista della propaganda  e del  proselitismo è pagante per entrambi).
Va detto ad onor del vero che le responsabilità di Forza Nuova, nella fattispecie, sono di gran lunga inferiori a quelle dei centri sociali perché se è certo che con una dose di fantasia e di inventiva essa potrebbe uscire da questo gioco e spezzare la perniciosa spirale che la avvolge, non si può negare che siano stati e siano sempre e comunque i loro avversari a cercare lo scontro e a surriscaldare il clima.
Si vocifera che le Tute Bianche siano allenate e preparate da ex-brigatisti o da ex-autonomi: c’è da chiedersi se sia possibile che persone di oltre quarant’anni, con decenni di esperienza alle spalle,  possano seriamente assumere il ruolo che rivestono senza essere del tutto dementi o più squallidamente prezzolate.
Siamo in piena epidemia leucemica da uranio impoverito regalataci graziosamente in cambio della nostra schiavitù alla Nato, in tutta Europa vanno di moda  disfunzioni necrotiche da generi alimentari ma, dopo nove anni dalla denuncia pubblica, ancora imperversano le farine animali che ne sono la causa, a Chernobil la fonte nucleare apocalittica è stata appena chiusa, ben quattordici anni dopo l’inizio dell’olocausto: e abbiamo citato a caso un semplice spaccato dell’attuale fase di sviluppo capitalista come si direbbe in dialetto marxiano, e questi qui in tale quadro criminale per cosa pensano opportuno di mobilitarsi ?
Ma per un Haider qualunque oppure contro Morsello e Fiore…
A prescindere dalla pochezza di queste scelte minimaliste che sembrano fatte a bella posta per coprire un vuoto di programmi e di proposte, è davvero possibile che coloro che le compiono non si rendano conto che il loro cavallo di battaglia, ovverosia quello scioglimento di Forza Nuova che tanto invocano e che con tutti i mezzi cercano di provocare, sarebbe il probabile preludio alla chiusura dei centri sociali ?
Non c’è nessun compagno autorevole capace di spiegarglielo ?
Nessun Autonomo rammenta che l’impunità di cui godettero nel 77 e nel 78 fu una corda lasciata ad arte alla quale poi finirono impiccati come da copione ?

Sarebbe invece opportuno che forzanovisti e centri sociali correggessero il tiro in corsa perché qualcuno li ha destinati ad alimentare una spirale di violenza, virtuale  (nel caso dei primi) o reale (per quanto concerne i secondi), destinata a far cadere le loro teste e a foraggiare la rinascita di una ghignante DC.
Se avessero due grammi di cervello, poi, i primi a reagire energicamente contro la domanda di scioglimento di Forza Nuova dovrebbero essere proprio i compagni.
Alcuni di essi, come l’ex sindaco di Venezia, Cacciari, si sono fatti promotori di un appello di intellettuali (tra i quali figuravano Veneziani ed Accame) che sottolinea i rischi di questo provvedimento il quale fungerebbe da precedente pericoloso e potrebbe essere ripetuto ovunque, tanto contro ambienti leghisti quanto a sinistra.
Cosa che il “Manifesto” aveva capito perfettamente dal primo giorno esprimendosi di conseguenza, con una lucidità che ci piacerebbe riscontrare anche altrove, quantunque appaia chiaro che le scelte oculate della redazione siano state effettuate ob torto collo visto che le dichiarazioni rese lasciano trasparire un livore incontenibile.
Questa scelta è comunque dettata dal buon senso, difatti la prima legge di autodifesa, non appena si delinea un capro espiatorio, è la solidarietà.
Il 7 aprile del 79 ci fu il mega-blitz contro Autonomia Operaia. A quel tempo il nostro rapporto con gli Autonomi era fondato sullo scontro violento eppure capimmo che il teorema montato contro di loro oltre ad essere ingiusto  apriva la porta a repressioni inconsulte (di cui fummo infatti presto vittime anche noi).
Fu per questo motivo che in Terza Posizione manifestammo immediata solidarietà ai nostri avversari, una solidarietà che non fu purtroppo estesa come avrebbe dovuto: numerosissimi camerati e gli stessi compagni estranei all’area dell’Autonomia preferirono lavarsene le mani e godere delle disgrazie altrui senza rendersi conto che esse non solo erano preludio alle proprie ma fungevano da battistrada per un golpe tecnocratico nefasto e nefando.
Nello scenario attuale sarebbe perciò utile che non fossero soltanto i “compagni” istituzionali più intelligenti (da Violante a Pellegrino) a capire che il casus Forza Nuova è il primo passo di una strategia ad ampio raggio ed i cui effetti, una volta partita la meccanica, si ravviseranno a macchia di leopardo nell’intero panorama politico: sarebbe il caso che lo capissero anche i ragazzetti che si pretendono rivoluzionari.

L’atteggiamento delle destre

Il discorso vale anche per lo schieramento contiguo ad FN.
Anche qui è stata mostrata più intelligenza da parte degli esponenti istituzionali che non da quella di chi corre il rischio di divenire una vittima successiva della strategia della tensione.
Tanto la Lega (Maroni) quanto Alleanza Nazionale (con Buontempo e Gasparri ed addirittura nella persona di Fini), hanno difeso i diritti Forza Nuova.
Ancor più categoricamente si è espresso il Presidente della Regione Lazio, Storace, mettendo in mostra al contempo dignità, fermezza e lucidità politica.
Da parte di chi, come noi, poco o nulla ha la tendenza a perdonare ai politici di mestiere, specie a quelli che in qualche misura possono essere a noi accomunati, è doveroso sottolineare tanta chiaroveggenza e correttezza.
Non sono certo mancate le voci forcaiole anche a destra: ma si è trattato quasi sempre di personaggi a vocazione centrista.
E come il cacio sui maccheroni nel putiferio antifascista è spuntata la voce di una candidatura di D’Antoni a rappresentare il Polo nella corsa alla poltrona di sindaco di Roma, una candidatura sponsorizzata proprio da quegli esponenti della coalizione di centrodestra mostratisi intransigenti nello specifico e che hanno approfittato degli attacchi portati dall’Ulivo alla segreteria di AN a causa della sua tolleranza alla sua estrema  per approntare una  testa di ponte ai propri alleati personali.
Storace, Fini e Berlusconi sembrano però aver parato il colpo.
AN si è dunque espressa sostanzialmente in modo innocentista, ma con qualche voce stonata, da parte di moderati che vanno controcorrente.
Urso ha difatti preso posizione per lo scioglimento del giovane partito mentre Fragalà, pur confermando  l’avviso contrario di Via della Scrofa, ne ha approfittato per ripetere una vecchia calunnia nei confronti di Fiore e Morsello e li ha indicati come agenti britannici. Egli, o chi ne ha scritto la nota, sperava così di apportare discredito: insomma un colpo al cerchio ed uno alla botte per non alienarsi gli amici atlantisti che menano la danza gridando “al lupo !”.
Il messaggio è stato colto più o meno da tutti i politici professionisti, quasi nessuno ha sottovalutato la portata reale della posta in gioco. Sicché sia nel Polo che nel centrosinistra, fatta salva l’esaltazione isterica di qualche guitto, lo spartiacque tra falchi e colombe è stato rigorosamente tracciato dalle scuderie di appartenenza e di influenza.
Così solo due partiti, guarda caso, si sono ritrovati compatti nel richiedere lo scioglimento di Forza Nuova: l’ Udeur ed il Ppi.
Lo stesso scenario lo si ritrova nella stampa. I toni de “Il Giornale Nuovo” e del “Corriere della Sera” ad esempio sono stati ben più accusatori ed intransigenti di quelli tenuti da “Repubblica” o da “Il Messaggero” e questa differenza, che dovrebbe essere sorprendente visto l’orientamento filocomunista delle ultime due testate e quello moderato o addirittura di destra delle prime, non si può certo addebitarla al caso.
Dal canto suo “Famiglia Cristiana” apriva il 2001 con un editoriale sull’attentato romano che, pur adoperando toni blandi e volti a calmare le acque, ne prendeva spunto per manifestare il desiderio che i due poli si liberino di presenze ingombranti (ovvero Fiamma, Forza Nuova, Rifondazione, ecc.) per avviarsi a formare nuove formule ed alleanze nelle quali, en passant, si suggeriva un ruolo importante per l’ex sindacalista democristiano. L’articolo si chiudeva con il proposito di tornare su questo tema presto e spesso al fine di aiutare il completamento dell’omologazione ancora imperfetta del quadro politico.
Tutta questa polka sta a significare che Forza Nuova ed il fantasma residuale degli anni di piombo sono utilizzati a pretesto per realizzare – o per sventare - un vero e proprio rivoluzionamento delle alleanze.
Benché questa chiave di lettura possa apparire a qualcuno paranoica ed eccessivamente dietrista, è in larga misura una vera e propria cartina di tornasole.
Perché se è errato e paranoico vedere mani occulte dietro ogni atto o misfatto, è altrettanto errato e degno di psicanalisi l’atteggiamento opposto: quello di cancellare dal proprio panorama mentale lobbies, logge, clan e servizi che sono soggetti sempre attivi e pronti a sfruttare appieno le occasioni che si offrono loro.
A prescindere che le abbiano causate o meno.

Nell’area di contiguità prossima ai capri espiatori (ovvero la destra radicale politica e metapolitica) la solidarietà è stata più rada e più blanda che non quella espressa dall’area AN. Vuoi per rivalità ed antagonismi personali o di clan, vuoi per miopia o pavore, vuoi ancora per incapacità di scindere la critica politica nei confronti di Forza Nuova da una presa di posizione in suo sostegno che si teme venga letta come un’adesione incondizionata.
Il problema purtroppo è endemico. Sono anni ed anni che in quest’ambiente vi è incapacità di coniugare una visione politica complessa ed articolata, sicché le prese di posizioni si riducono a pura gestualità e le adesioni sono dettate da un’emotività acritica e cieca che perdura fino a quando non si trasforma di colpo in rigetto, sempre provocato da motivi passionali.
A questi enormi limiti abbiamo dedicato parte del nostro più recente documento politico, “le api e i fiori” e va da sé che  non ci stupiscono oltremisura.
Ma è ora che quest’ambiente impari a ragionare con la testa ed a camminare sulle proprie gambe; che apprenda a modulare atteggiamenti e rapporti, prese di posizione, critiche, sostegni e condanne, non a seconda delle simpatie personali e delle scuderie di appartenenza ma a seconda dei temi, delle logiche, delle contingenze.
E’ opportuno, insomma, che si impari a mantenere le differenze nelle alleanze, a non confondere queste ultime con patti di sangue, a saper leggere ed interpretare le situazioni, ad agire con ragion veduta prendendo posizioni chiare e circostanziate.
Ragion per cui definire le posizioni è molto importante: è solo nella chiarezza che si tracciano le vie che si continuerà a percorrere.

Un chiarimento in materia

Sicché mi pare opportuna premessa chiarire ancora una volta il pensiero concernente Forza Nuova, giovane e vivace partito al quale non appartengo.
In parte per una ragione ideologica, i punti di FN ed il suo lessico essendo fondati su di un dualismo che mi è essenzialmente estraneo e le cui giustificazioni si ritrovano in un’ideologia cristiana (che non confonderei tout court con il sentimento religioso) che ritengo priva di sbocchi  filosofici soddisfacenti.
Quindi per una ragione morfologica, i temi di campagna prescelti ed i termini utilizzati nelle campagne non essendo precisamente i miei.
Infine per una ragione metodologica:  innanzitutto perché ritengo tramontato, o comunque fuori tempo, il ruolo delle organizzazioni politiche modellate sul tipo del partito militante e soprattutto perché credo sia opportuno agire su tutte le convergenze oggettive e di volta in volta sugli allacci estemporanei possibili, avendo come finalità le mutazioni culturali e di rapporti di forza in uno scenario
sempre più in divenire.
Una concezione, questa, assai personalizzata o comunque condivisa attivamente da pochi.
Una linea di condotta sicuramente più complessa e più ambiziosa ma più astratta ed improbabile della strategia desunta da “Il manifesto” il quale dando corpo ai propri fantasmi ancestrali ha creduto di ravvisare una sorta di lobby di matrice terzaposizionista che attraverserebbe l’intera destra radicale influenzandola ed indirizzandola, da AN a FN.
Purtroppo taluni compagni ci fanno più intelligenti e capaci di quanto si sia (il che non è compito particolarmente arduo). Come gli antisemiti vedono negli ebrei dei superuomini che tutto muovono e tutto decidono, così gli antifascisti paranoici fanno dei fascisti i nuovi israeliti.
Ma come ebrei noi siamo ancora e soprattutto erranti…

Opporsi allo scioglimento di Forza Nuova (e del VFS)

Ciò premesso, prendo posizione in difesa di Forza Nuova.
Questo non per i legami umani che mi uniscono ai suoi dirigenti, che mi hanno anzi indotto ad essere sempre più severo nei loro confronti che non in quelli di terzi, ma per molteplici ragioni di natura puramente politica.
Intanto, se FN scomparisse, il settore che questa occupa verrebbe ricoperto da altri soggetti.
Ora, ai vertici FN si possono muovere critiche politiche, magari si può loro contestare un certo velleitarismo e forse qualche dose di avventurismo, ma bisogna far bene attenzione a salvaguardare almeno due postulati essenziali.
1.    Si tratta di persone di fede che si impegnano con generosità e disinteresse, credendo fermamente in quello che fanno. Non sono, cioè, bottegai della politica, pensionati dell’elettorato fascista, cattivi maestri o quant’altro: sono innanzitutto dei militanti ed è un bene che i  loro li abbiano come referenti.
2.    Sono persone non solo estranee ma ostili alle centrali occulte, ai manipolatori ed ai burattinai e possono, in larga misura, impedire il coinvolgimento dei ragazzi in provocazioni di vario ordine.
La politica, come la natura, ha orrore del vuoto. Se sparisse Forza Nuova qualcuno la soppianterebbe e nutriamo seri dubbi che nel cambio ci guadagnerebbero gli onesti.
Si aggiunga poi che pur a volerne ignorare le qualità politiche specifiche, tra le quali spiccano di certo un attivismo incessante ed un’attitudine sorprendente al presenzialismo,  Forza Nuova, specie in località di provincia e laddove AN è in mano a notabili centristi, assolve il ruolo del vecchio FdG impedendo che energie fresche e pulite si disperdano o deviino.
Alla luce di queste considerazioni FN merita dunque di essere difesa.
Va detto che qualunque posizione in sostegno a Forza Nuova allo stato attuale è più accademica che sostanziale in quanto, a meno di nuovi clamorosi sviluppi successivi alla compilazione di quest’articolo, non sembra proprio che essa verrà sciolta a rotta di collo.
Si deve però aggiungere che, comunque vadano le cose, Forza Nuova resterà in pericolo perenne e, come già abbiamo avuto modo di affermare, il suo primo nemico rischia di trovarlo proprio in se stessa.
Va ricordato che la strategia della tensione consiste nell’esasperare un soggetto fino a causarne una reazione. L’esuberanza ed il pathos, tipici dei giovani più puri ed irrequieti, sono dunque dei veri e propri boomerang.
Il Pci che in fatto di scientificità politica fu maestro, agli inizi degli anni settanta lanciò una famosa parola d’ordine, che veniva da noi allora a torto irrisa perché la credevamo frutto di vigliaccheria: “compagni, non accettate provocazioni !”
La stessa parola d’ordine dovrebbe oggi essere ripresa da tutti  (compagni e camerati) ma specialmente da Forza Nuova.
E qui sta il vero rischio di FN perché possiamo parzialmente condividere l’analisi fatta su Repubblica il 28 dicembre da Giovanni Maria Bellu che ravvisava il potenziale tallone d’Achille del giovane partito nella sua crisi da crescita che sarebbe alla base di una possibile incontrollabilità degli elementi più generosi.
Le jene di mestiere fanno proprio leva sulla nobiltà, sulla generosità e sull’onore dei neo-fascisti per alimentare le tensioni.
Se è verosimile che Forza Nuova non abbia al suo interno individui potenzialmente pericolosi, la difficoltà, se verranno reiterate le aggressioni fisiche da parte della sinistra e se il clima continuerà ad essere arroventato dai giornali, starà nell’impedire che qualcuno sbotti.
E nella follia mediatica di oggi una bastonata può valere quasi quanto un attentato terroristico. Sono perciò indispensabili una disciplina e dei nervi saldi a dir poco esemplari.
Il livello di pericolo risulterà palese a chi abbia seguito con attenzione l’atteggiamento dei delegati diessini all’ordine pubblico, in particolare nel confronto televisivo che Pellegrino (Commissione stragi), Brutti (Interni) e Salvi (Giustizia) hanno avuto nella trasmissione “TMC Reporter” del 16 gennaio con Roberto Fiore che per nulla intimidito ha messo in mostra una grinta ed una combattività alle quali i teleschermi ci avevano disabituati.
Impossibile non cogliere i toni e le sfumature degli interventi dei personaggi istituzionali, difficile non notare la luce negli sguardi che esprimevano qualcosa di più violento della stizza: un astio ideologico talmente inveterato e cronico da apparentarsi – in quanto ad intolleranza, a preconcetti, ad insofferenza e a conseguenze devastanti - ad un odio razziale.
Pertanto se detti notabili hanno accettato per il momento - verosimilmente per ragioni di opportunità strategica - di non falcidiare il partito sotto accusa, è da prevedere che se la siano legata al dito ed attendano un momento politicamente più favorevole per colpire nel modo più pesante che potranno, sfogando la furia che sono stati costretti a reprimere.
Forza Nuova, se scamperà ad uno scioglimento immediato, che sarebbe si liberticida ma anche sostanzialmente indolore, per evitare di finire in un baratro più profondo deve già da ora far appello a due doti da cui non potrà assolutamente prescindere: rigore ed inventiva. Il rigore, se possibile paranoico, per compattarsi e controllarsi, l’inventiva per manifestarsi sfuggendo alle trappole dei centri sociali o di chi per loro giochi il ruolo dell’utile idiota.
Se mostrerà carenze nell’una o nell’altra qualità andrà direttamente al mattatoio e ne sarà corresponsabile.
Se anziché intervenire radicalmente e precipitosamente con un riassetto accorto e con risposte organiche e programmatiche, preferirà affidarsi al fatalismo o alla Provvidenza, se penserà di risolverla di volta in volta a seconda di come butta il vento, si rivelerà avventata ed inaffidabile e si scaverà la fossa non restandole altro da sperare se non che il plotone non riceva l’ordine di fucilare.
Altrimenti – ed è auspicabile – supererà una prova molto impegnativa.

L’estrema destra

Esaurito l’argomento Forza Nuova vorrei tornare a spendere alcune parole per l’area che le è contigua. .
Per chi dice che in fondo quelli di FN se la sono andata a cercare, per quelli in cui sul bene comune prevalgono le rivalità personali, gli individualismi, le particolarità, è opportuna qualche riflessione.
Sono a rischio anche loro, dalla base della Fiamma, ai gruppi autonomi, ai cani sciolti e non è al riparo nemmeno la Destra Sociale, quantomeno perché se la strategia della tensione lievitasse, rischierebbe un ridimensionamento anche brusco del suo peso specifico.
Si vada ancora una volta a lezione da quel Pci che a suo tempo vinse tutte le partite a scacchi ed ogni braccio di ferro.
E che riuscì a mobilitarsi persino in difesa di un provocatore sventurato, ad esso sicuramente ostile ed estraneo, di quel Valpreda accusato della strage di Piazza Fontana e contro il quale, tra l’altro, gli indizi erano sicuramente più consistenti di quanto lo siano mai stati contro gli imputati successivi.
Poco importava a Botteghe Oscure di quel ballerino sciagurato: anzi, stalinisti com’erano all’epoca i vertici, volentieri lo avrebbero impiccato. Si resero però conto del significato politico del processo e fecero quadrato.
Un quadrato che dovrebbe essere fatto oggi, da tutti, contro la strategia della tensione.
Sempre nel rispetto delle differenze e, quando ci fossero, delle ostilità politiche o dovute ai nuclei umani di appartenenza.
Questo stato d’animo, quest’intento di solidarietà non vanno limitati a Forza Nuova che, pur nella tempesta, ha la fortuna di essere un casus belli riconosciuto da quasi tutte le forze in campo.
In febbraio si terrà il processo al Veneto Fronte Skin accusato di aver violato la legge Mancino.
Gli elementi a carico sono irrisori, tuttavia si dà un po’ ovunque per scontato che gli imputati subiranno una condanna, magari blanda, e che seguiranno le orme del Fronte Nazionale di Giorgio Freda.
La colpa, imperdonabile nella società dello spettacolo, sta nel taglio dei capelli, nei giacconi indossati, nelle calzature, nei tatuaggi sulla cute.
Se Forza Nuova ha trovato alleati insperati, dubitiamo che ciò accada anche al VFS: una sua condanna appare inevitabile ed è scontato che qualsiasi benpensante si dica impossibilitato a mobilitarsi in sua difesa.
Ci sono sempre delle soglie d’infrequentabilità nelle società borghesi…
Abitudine vuole che i tiepidi non facciano mai quadrato se non sono in buon numero e, soprattutto, che non rischino mai di ritrovarsi a battersi da soli, fosse anche nei salotti. Eppure tanto la giustizia, quanto un elementare interesse politico generalizzato dovrebbero far comprendere la necessità di aiutare i Veneti a vincere il processo, sia in sede giuridica che in sede di opinione pubblica.
Ma chiediamoci: chi è maturo per assumere tutto ciò ? Per sostenere Forza Nuova senza militarvi e nutrendo, magari qualche ostilità nei suoi confronti ? Per difendere il VFS senza essere Skin o addirittura provando poca simpatia per questo milieu ?
Chi si batte isolatamente, chi non coglie la necessità universale dell’autodifesa, è continuamente destinato alla sconfitta.
Questo assioma, tra l’altro largamente comprovato dall’esperienza, dovrebbe far riflettere tutti coloro che, volenti o nolenti, sono contigui a chi è nel mirino.
Chi è risparmiato oggi sarà immancabilmente la vittima di domani.


Due proposte per raccogliere la sfida

Fatto il dovuto giro d’orizzonte, ci ritroviamo al punto di partenza: ovvero alla necessità non soltanto di non sottovalutare  la strategia della tensione ma di controbatterla.
E di opporci così alla restaurazione di una DC che si ergerebbe agli ordini degli Angloamericani contro l’Europa e l’avvenire nazionale, nell’intento di annullare la serie di conquiste attuate dal partito trasversale di Khol e Mitterrand.
Conquiste che possono essere il preludio ad un’autonomia seria e qualificata, ad un cambio epocale vero e proprio, ed il cui mantenimento è fra le poste in palio nei conflitti intestini che si scateneranno in tutto continente  durante la difficile fase di avvio dell’Euro.
C’è dunque da scommettere che i fedelissimi di New York, sollecitati, alzeranno la posta e, con essa, il tiro.
I fatti ed i misfatti a cui abbiamo assistito nelle scorse settimane rischiano così di essere solo una prova d’orchestra, ma se la strategia della tensione verrà avviata sul serio, è prevedibile che prenderà ben altre proporzioni travalicando centri sociali, Forza Nuova e via dicendo.
Detta strategia ha però un limite, per sua natura non può fare a meno di attraversare le aree a vocazione estremistica manipolando alcuni suoi esponenti o provocando le reazioni emotive della base.
Lanciamo quindi due proposte a chi abbia testa e statura per effettuare una vigilanza intellettuale e morale:
1.    Proponiamo agli intelligenti di tutte le aree a rischio (estrema destra, estrema sinistra, lega, ecologisti) di istituire dei comitati di studio, di vigilanza e d’informazione (uno unico sarebbe troppo chiedere viste le animosità e le antipatie inveterate nonché la dilagante attitudine al solipsismo…), comitati che si occupino di monitorare e di denunciare le  provocazioni, i misfatti, i rischi che si delineano via via all’orizzonte. Un misfatto preannunciato è sovente un misfatto che non verrà più consumato.
2.    Lanciamo quindi una sorta di provocazione in positivo. Che in ogni area si facciano avanti dei probi viri (a condizione che siano incontestabilmente probi ed inequivocabilmente viri), non afflitti da tare di protagonismo o da tornaconto di scuderia. Costoro, sulla base del consenso di cui godono nel proprio ambiente, dovrebbero fungere sia da censori che da pedagoghi, risultando in qualche modo i custodi dell’incolumità di tutti.

Va da sé che queste proposte vanno prese per quello che realmente sono,  più che altro per dei sassi lanciati nello stagno, per delle provocazioni dialettiche.  
Ci par doveroso muoverle in ogni caso,  perché anche il tracciare una linea di tendenza ha sempre valore e produce un effetto.
Se gli incappucciati del Grande Vecchio sono di nuovo all’opera, assecondati da canaglia scodinzolante e bramosi di approfittare della buona fede, della generosità e dell’ingenuità dei militanti di ogni confessione, nonché della credulità dell’opinione pubblica, non vi è ragione per dargliela vinta.
I tempi da qualche decennio sono un po’ cambiati, sicché la loro potenza, malgrado una facciata arrogante, perde colpi.
Facciamo in modo di non rafforzarla noi.