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Quando si parla di Arti marziali e Sport da combattimento il pensiero va quasi
sempre all’Oriente, aiutato dai film di Kung fu degli anni Settanta che ci
mostravano in modo grossolano un aspetto di una cultura lontana da noi.
Nei miei sessantacinque anni di pratica e insegnamento ho potuto notare una
differenza nell’approccio didattico fra Oriente e Occidente.
Qui la mentalità pragmatica ci porta a voler conoscere tantissime tecniche in
poco tempo per soddisfare un tipo di conoscenza che può essere superficiale
e, finito l’entusiasmo iniziale, esaurirsi, spinta da numerosi stimoli di altre
attività sportive, e non solo, proposte dalla società consumistica.
In Oriente - parlo dell’insegnamento tradizionale - è in atto un processo di
occidentalizzazione nel campo delle arti marziali, dovuto alla progressiva
sostituzione - in Giappone però non del tutto avvenuta - di alcuni principi
antichi e fondamentali con i miti di un rapido successo e guadagni facili.
Queste tematiche meritano un approfondimento che porterebbe lontano il
nostro discorso, con considerazioni sulle radici taoiste/confuciane in Cina e
buddiste in Giappone delle arti marziali.
In Occidente si sono sviluppati sport da combattimento autoctoni che
enfatizzano l’aspetto pratico e/o sportivo, non prevedono forme di movimento
interno e di meditazione.
La ricerca interiore - dato che gli sport da contatto ci mettono in
comunicazione con le sensazioni più profonde del nostro Io: paura, coraggio,
aggressività, dolore – viene lasciata alla libertà dell’iniziativa del praticante e,
ove questo ne abbia lo stimolo e la sensibilità, approfondirà sotto la guida mai
impositiva dell’insegnante un possibile percorso spirituale mai disgiunto dalle
connotazioni di onore e fedeltà al gruppo, valori fondanti di ogni disciplina che
preveda il contatto fisico in combattimento con un avversario.


Vi voglio ora parlare della Savate – boxe francese – uno sport da
combattimento nato in Francia verso la metà del Settecento.

Il merito della sua divulgazione va al parigino Michel Casseux (detto Pisseau)
nato nel 1794, che studiò metodi di combattimento francesi antichi.
Pisseau, prendendo le mosse da un sistema di difesa personale in uso a quel
tempo in Francia, cioè lo Chausson, lo fuse con tecniche di calcio del Nord
della Francia, e fondò una Accademia chiamata Art de la Savate. La sua opera
continuò grazie a un allievo che si distinse rispetto agli altri, Charles Lecour.
Alcuni nostri amici francesi hanno sostenuto che i metodi di combattimento
orientali, che prevedono anche l’uso delle gambe (calci, ginocchiate e
proiezioni), abbiano attinto alla Savate. La loro è un’affermazione quanto
meno temeraria in quanto l’ipotesi più plausibile è che i marinai francesi, che
intrattenevano rapporti con l’Oriente, abbiano copiato le tecniche da
combattimento di quei luoghi importandole in Francia a Marsiglia per poi
modificarle secondo necessità.
Nella Savate degli inizi è enfatizzato l’aspetto della difesa personale, presto
diffuso anche fra la nobiltà parigina; qui il bastone da passeggio, trasformatosi
poi in canne de combat, trova il suo utilizzo nell’ambito della difesa personale
e viene insegnato con un programma didattico codificato.
Da Marsiglia la Savate si diffonde in Italia, in particolar modo a Genova dove
troviamo le più antiche scuole italiane: la Doria e la Mameli.
Con il passare del tempo la Savate si diffonde un po’ in tutta Italia e, pur non
avendo la penetrazione mediatica di Kickboxe o Pugilato, si sta sviluppando
per l’eleganza dei suoi movimenti, la spettacolarità e l’efficacia collegata
anche all’utilizzo di apposite scarpette. Per le sue qualità intrinseche la Savate
è molto apprezzata dal mondo femminile.
Nel passato sono mitiche le sfide fra boxeurs inglesi e savateurs francesi. La
boxe come è noto utilizza solo le braccia, ma l’orgoglio dei praticanti di quello
sport li spingeva nell’Ottocento a sfidare combattenti di una disciplina simile
ma potenzialmente più completa, data la possibilità dell’uso delle gambe.
Queste sfide sono finite sempre in coerenza con il valore del combattente e
non per l’appartenenza a questa o quella scuola.
È una regola che naturalmente vale anche oggi e spegne ogni diatriba
riguardo alla superiorità di una specialità sull’altra.
Domande tipo - è più efficace il Karate o il Kungfu (nome generico che
contrassegna una miriade variegata di stili)? La Kickboxe o la Savate? Il Judo
o la Lotta olimpica? – non hanno alcun senso.
La distinzione che dobbiamo fare è tra Arti marziali tradizionali, che
prevedono lo studio di forme (kata, tao lu) e che quindi hanno una vocazione
al combattimento più sfumata – discorso lungo e interessante – e gli Sport da
combattimento che dedicano tutto il loro tempo alla preparazione
atletico/agonistica con l’obiettivo della vittoria sportiva.
Date queste premesse, per chi sia interessato al grande mondo delle Arti
marziali e degli Sport da combattimento, è necessaria una riflessione sui
motivi che spingano alla pratica dell’una o dell’altra disciplina per non
trovarsi poi delusi, o disorientati, da allenamenti che non soddisfino
completamente le aspettative.
Altri aspetti d’importanza fondamentale sono la capacità dell’insegnante di
trasferire con passione e competenza le sue conoscenze insieme a una
didattica sempre aggiornata.
Poi, dato il proliferare di stili esotici e non, più o meno inventati, è necessario
verificare le radici storiche di quello che si fa. Per esempio, Boxe, Savate,
Kickboxe, Karate, Lotta olimpica, e in generale le Arti marziali provenienti dal

Giappone, hanno storia e didattica consolidate; altre specialità, provenienti da
Israele o da esotici paesi orientali, non hanno una tradizione verificabile e
quindi un insegnamento codificato e consolidato nel tempo, se addirittura non
sono un’invenzione di qualche fantasioso praticante in cerca di denaro e
notorietà.
In alcune arti marziali orientali si corre il rischio d’imbattersi in un “maestro”
che propini idee e concetti pseudo filosofici e pseudo spirituali che, assunti
come “verità” dagli allievi più giovani e non, possono provocare danni allo
sviluppo armonico della personalità.
Quante volte ho incontrato “maestri”, che si atteggiavano a guru o santoni,
plagiare letteralmente gli inconsapevoli atleti.
Riguardo ad alcune considerazioni sull’aggressività dei nostri Sport riporto il
pensiero del prof. Massimo Scioti: “L’agonismo che si traduce come voglia di
vincere non è altro che l’espressione dell’aggressività, che deriva dal greco
agonizomai, e ha la stessa radice della parola agonia, l’ultima lotta
dell’organismo che cerca di opporsi alla morte incombente. È l’aggressività
dunque che consente di lottare, di competere con avversari, ma anche contro
avverse condizioni ambientali, per la sopravvivenza dell’individuo e per la
conservazione della sua specie, di cui lo sport è la metafora più bella.”
Una famiglia, un clan o una cultura, dove ognuno sa come comportarsi senza
deroghe e nel rispetto delle comuni e condivise regole scritte e non scritte, si
sostanzia nell’espressione di un team di Arti marziali e Sport da
combattimento degno di ammirazione e rispetto.
È possibile che le Arti marziali e gli Sport da combattimento possano tracciare
una via per l’uomo differenziato? E in che modo?
Con la ripetizione continua del gesto tecnico che porta allo svuotamento della
mente (riferimento allo Zen) e con il sogno di traguardi sportivi e non solo,
che distolgano dalle lusinghe e dalle pressioni di una società tesa al puro
soddisfacimento edonistico.
Penso che si possano aprire le porte verso una nuova consapevolezza critica
andando oltre questa cultura woke, che si sta diffondendo rapidamente e
condiziona i comportamenti di moltissime persone, e soprattutto i giovani.
È un’utopia? Sappiamo però che, attraverso idee utopiche, si sono attuate
grandi rivoluzioni e cambiamenti.


Dicono che i pugili sono matti. Un po’ è vero. Quando i promoters statunitensi
offrirono a Teophilo Stevenson cinque milioni di dollari per sfidare Mohamed
Alì, lo stesso, rivoluzionario degno e fiero, rifiutò dicendo: “Cosa valgono
cinque milioni di dollari quando ho l’amore di cinque milioni di cubani?”


I pugili sanno anche essere poetici.
“Un giorno scriveranno un blues dedicato ai pugili: ci sarà una chitarra
languida, una tromba in sordina e il suono del gong sul ring” (S. Liston)


I pugili possono essere amaramente ironici .”E’ duro essere negri, siete mai
stati negri ? Io lo sono stato una volta quand’ero povero.” (L. Holmes)


Praticare i nostri sport (Boxe, Savate e Sport da combattimento) è come
cercare di fare fuoco con dei fiammiferi bagnati. Dopo diversi tentativi potrai
ottenere alcune scintille e, se sarai paziente, da queste otterrai un fuoco che
durerà per sempre (da un pensiero del maestro T. Kase).

“Non si può provare il vero sapore del combattimento leggendo un libro.
Scoprirai il significato di molte cose inerenti alla Via solo esercitandoti senza
tregua e praticando molto duramente.” (M:Musashi)


La via è ancora lunga...

 

 

Luca Tinti maestro di Savate, Kickboxing e Muay Thai IV dan karate Goju
Ryu I dan Kendo tecnico di Pugilato
Direttore tecnico New Boxe 90 Savate team Tinti c/o Centro Sportivo
Castelgym via delle Cerese Castelli Calepio (Bg)