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08/02/2016 | lastampa.it

 

 

 

Così Ovidio ha sconfitto i re del mattone in Sardegna

 

 

 

 

Ovidio ne era convinto fin dall’inizio, anche perché ignorava un dettaglio che a sta a cuore agli avvocati: l’iter della giustizia può riservare brutte sorprese. «Se ho ragione è giusto che vinca io questa battaglia. Devo vincerla per forza, anche se quelli hanno molti soldi». Non aveva neanche un grosso pool di avvocati a difenderlo, il vecchio pastore di Capo Malfatano. Ma ha vinto lo stesso e ha vinto contro un colosso economico che aveva progettato di costruire un gigantesco resort intorno ai suoi terreni. A pochi passi da Tuerredda, in uno degli angoli più affascinanti del sud della Sardegna, a ridosso della spiaggia che in tante classifiche è considerata tra le più belle del mondo. Nella cordata di imprese che dovevano investire qui molti milioni di euro c’erano alcune banche e c’erano nomi grossi dell’economia italiana: Caltagirone, Toti, Marcegaglia e Benetton. L’idea era quella di far crescere su tutta la collina hotel a cinque stelle con lussuose suite che si affacciano su un mare da incanto: 910 mila metri cubi di cemento, quasi quanto un palazzo di dieci piani. Ma dopo tanti anni di lotta, in tutti i tribunali, il vecchio pastore ha sconfitto i giganti del mattone. Stavolta a dargli ragione è stata la Cassazione: quel progetto non si può fare e le costruzioni già realizzate devono essere abbattute.
Gli avevano promesso molti soldi e gli avevano spiegato che quel gran resort avrebbe trasformato Tuerreda in una seconda Porto Cervo. Ma Ovidio Marras, 85 anni passati quasi tutti qui a faticare, non si è fatto incantare: «Non sono uno che sogna di vivere in un posto di lusso. Non so neanche dove sia la Costa Smeralda. Io voglio continuare a vivere in questa terra, voglio che la lascino così come l’abbiamo conosciuta». Tutti i contadini della zona hanno venduto le terre a peso d’oro, ma lui non ha mai ceduto. Neanche tentennavo. Irremovibile, ha sempre detto di no. Ma il progetto è andato avanti ugualmente. «Hanno distrutto tutti gli olivastri, ce n’erano più di cento. Poi ne hanno piantato sette o otto ma si sono seccati dopo poco tempo».
Gli operai hanno iniziato a costruire i primi hotel e da un giorno all’altro hanno persino occupato la stradina polverosa che Ovidio (e prima di lui suo padre) utilizzava per tornare in paese e per portare il bestiame al pascolo. Nella battaglia giudiziaria l’ha aiutato soltanto “Italia Nostra” e di fronte al Tar (e poi anche al Consiglio di Stato) il vecchio pastore ha ottenuto le sue prime vittorie. Gli altri hanno sempre fatto ricordo e la Cassazione due giorni fa ha confermato le sentenze precedenti: i tanti lotti di questo progetto dovevano essere valutate come un progetto unico e non singolarmente, come invece aveva fatto la Regione quando ha firmato le concessioni. «Qui mi avevano preso per scemo, ma io non mi sono arreso. Volevano circondarmi di case, volevamo intrappolarmi nel cemento, forse speravano che me ne andassi. Ma adesso saranno costretti a buttar giù tutto. Non era accettabile che noi dovessimo andar via da qui, da casa nostra, per far posto ai ricchi. Questo posto è di tutti e io lo dovevo difendere».