10/02/2016 | repubblica.it
Conferma tutto quanto avevamo constatato
Attrito tra americani e sauditi, scelta americana di Teheran, Yalta enregetica e sudditanza finale dell'Europa del sud
Per nove anni si è occupato praticamente tutti i giorni di petrolio. Prima lo ha fatto da manager, ora lo fa da banchiere. Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni (e in precedenza di Enel) è diventato da un anno deputy chairman della banca d'affari Rothschild. Dove continua ad occuparsi di energia. In questa sua nuova veste, ma anche per l'esperienza accumulata alla guida dei due colossi di Stato, lo abbiamo sentito sulla crisi "petrolifera" in corso. Finanziaria più che industriale. Visto che di greggio ce n'è in abbondanza e i prezzi continuano a scendere. Una conseguenza della guerra tentata, ma secondo Scaroni sbagliando le valutazioni, da parte dell'Arabia Saudita ai produttori americani di shale oil, il petrolio estratto dalla roccia. Una questione di supremazia economica che ora si sta ritorcendo contro la monarchia di Riad. Ma il manager vicentino dice la sua anche su un altro tipo di conflitto energetico: quello che vede confrontarsi l'Italia contro la Germania, per decidere chi avrà il ruolo di "hub" del gas in Europa. Un braccio di ferro che, a suo dire, vede avvantaggiata la cancelliera Angela Merkel, vera "padrona" politica dell'Europa.
Scaroni, non è clamoroso il modo con cui l’Arabia Saudita ha sbagliato i suoi calcoli? Ha continuato a produrre per abbassare il prezzo del barile ed eliminare le compagnie shale oil americane. Ma se i prezzi non si riprendono a breve verranno eliminati i sauditi.
"I sauditi hanno sottovalutato la resistenza degli operatori americani. Pensavano che una volta arrivati a 45/50 dollari al barile sarebbero tutti saltati perché non in grado di arrivare al break even. Invece, non solo stanno resistendo, ma riescono anche a guadagnare. E le capacità tecnologiche delle compagnie americane continuano a migliorare. Il fenomeno shale oil si è consolidato e tutti dovranno farci i conti anche nei prossimi anni"
I sauditi, dovranno guardarsi anche dal ritorno sulla scena politica, ma anche economica, nell’area mediorientale dei "nemici" storici dell’Iran.
"Dopo la fine dell’embargo, penso che in brevissimo tempo l’Iran tornerà a essere un protagonista del mercato petrolifero e non solo. Per loro non è una questione di prezzo, perché devono e vogliono produrre per tornare ad avere rapporti commerciali con le economie occidentali. Tra l’altro, i loro legami sono molto più stretti con l’Europa che non con il mondo arabo, dal quale è diviso da secolare rivalità, anche religiosa. Il fatto che l’Iran torni in gioco sarà una grande opportunità, anche per l’equilibrio politico di tutta l’area"
Anche l’Europa sembra divisa sul fronte energetico. Nel mercato del gas, è in via di formazione un asse tra Berlino e Mosca per il raddoppio del gasdotto Nord Stream, per dominare il mercato del metano all’interno della Ue. Mettendo in crisi sia la politica anti Gazprom di Bruxelles sia la il progetto di fare dell’Italia l’hub del gas per il sud Europa, Balcani compresi
"Non esiste un asse Berlino-Mosca. La verità è che la Germania ha moltissimo peso in Europa. I russi, da parte loro, perseguono i loro interessi: vogliono portare il loro gas nell’Unione europea e lo vogliono fare senza dover più passare attraverso Ucraina. Per i russi, passare da nord o da sud è indifferente. Noto soltanto che Bruxelles, ai tempi, ha contrastato la realizzazione del gasdotto sotto il mar Nero in tutti i modi possibili e immaginabili. Ha causato tali difficoltà al governo bulgaro, fino a contribuire alle sue dimissioni, soltanto perché aveva firmato i primi accordi per il passaggio dei tubi sul loro territorio. Fino ad arrivare alla cancellazione del progetto South Stream da parte di Gazprom. Considero gravissimo che sia stato impedito il transito del gas russo attraverso l’Italia per raddoppiare il transito attraverso la Germania".
Quindi, lei è convinto che il Nord Stream alla fine verrà raddoppiato?
"Se Berlino è convinta che si deve fare si farà. Hanno deciso di chiudere le centrali a carbone e quelle nucleari. Non possono di certo pensare di produrre energia con le sole rinnovabili. Impensabile fino a quando non verranno realizzate batterie e sistemi di accumulo efficienti e di dimensioni molto più ridotte delle attuali. Per cui hanno bisogno di energia per la loro industria manifatturiera, il gas diventa pertanto indispensabile"
Chi potrebbe fare da contraltare alla Germania è la Francia. Ma non pare interessata a intervenire nel dibattito sull’energia, rimanendo isolata nel suo isolamento nucleare. Ma non farebbe bene a iniziare una transizione verso il gas?
"Credo che per i prossimi 20 anni, come minimo, la Francia punterà ancora sul nucleare. E’ vero che deve cominciare a sostituire le centrali più vecchie. Ma lo farà, non ho dubbi. E’ vero
che ha difficoltà a costruirne di nuove, ma è solo dovuto a una tecnologia che non sta dando i risultati sperati. Ma di centrali nucleari si continua a costruirne in tutto il mondo non vedo perché non dovrebbe riuscire a farlo anche la Francia"