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Intervista di noreporter a Gabriele Adinolfi su politica, elezioni e strategia


Il dibattito aperto a Milano da Lino Guaglianone al quale hai partecipato con Maurizio Murelli ?
“Un caso del genere – l’avanguardia radicale che impone il confronto alla destra istituzionale - non aveva luogo dal 1972, dai tempi in cui era vivo Adriano Romualdi, l’ultimo (neo)fascista con uno spessore strategico. Un evento importante. Tranne per le verginelle dai candidi manti "quelle aperte di dietro ma chiuse davanti".
Che, evidentemente, son troppo soggette a tentazione per resistere alla prova e, dunque, non possono che mettere in dubbio la virtù altrui. Di solito è sempre così: i vili, ad esempio, negano l’esistenza stessa del coraggio”
 
Il sostegno ad Alternativa Sociale ?
“Mi pare scontato che un’avanzata di quella formazione, seppur eterogenea, sarà positiva. In particolare un consolidamento di Roberto Fiore.”
 
Il non voto ?
“Non credo nel voto, almeno non in termini di professione di fede; posso credere che sia utile in dati contesti, mai che sia sacro.  Chi preferisce non votare ha di certo i suoi buoni motivi”
 
Questo ed altro, ogni tipo di attitudine emerge dalle ”formazioni non conformi” e Gabriele Adinolfi le sostiene tutte, indistintamente.
 
Non ti sembra un po’ schizofrenia e molto equilibrismo ?
“Schizofrenia me l’auguro, equilibrismo no, semmai equilibrio. Ma lo definirei, piuttosto, realismo. In questo ghetto autorecluso, ogni presa di posizione avviene per urla, insulti ed isterie in nome di una verità assoluta e di un momento decisivo, di una catastrofe imminente, di un rivolgimento dietro l’angolo.
Nulla di tutto ciò si verifica dopo la mobilitazione sicché le nostre baccanti cambiano di continuo scenario e veste, senza mai abbassare però la voce, forse perché hanno solo quella. Il comportamento effettivo dei mille e mille censori poi si rivela così diverso da quanto affermano... Basti pensare ai continui rovesciamenti di alleanze che avviene in questa nicchia dello spettacolo della politica.
Gente che si odia, si detesta, si giura guerra e si abbraccia all’improvviso, per poi litigare di nuovo e tornare a braccetto. Tutto questo non m’interessa.
Personalmente sono per una strategia (cosa nuova lo so) e non per un atteggiamento. Questa mia – per usare termini codificati  che io però preferirei definire altrimenti - è un misto di trozkismo, gramscismo e situazionismo e, soprattutto, non è leninismo. Normale che chi la vede diversamente (gesto estetico, desiderio di fagocitazione, imitazione del leninismo) urli e cerchi ora qui ora lì la prova di qualche incongruenza se non addirittura di cedimenti.
Ed è notorio che costui può parlare dall’alto di una purezza immacolata, a differenza di carrieristi notori quali Maurizio Murelli, Rainaldo Graziani e il sottoscritto.”
 
Dunque rivendichi le contraddizioni e l’irritualità ?
“Questa strategia comporta soprattutto la trasversalità, il portare ovunque il confronto e l'azione per modificare gli equilibri. Personalmente non ho paura di confrontarmi con chicchessia né di agire in modo apparentemente schizoide se fa parte di una linea che non verte a promuovere me stesso o i miei più vicini ma a modificare dei rapporti di forza e ad aprire dei varchi un po' ovunque, da colmare con le provocazioni situazioniste e con la rivoluzione culturale. È un tutt'uno, non una commedia.”
 
Tutto questo non può comportare problemi nel bimestre che ci separa dal voto ?
“È possibile, ma chi ha scelto, forse pretenziosamente, un ruolo d’avanguardia, deve anticipare la politica di almeno un tempo. Non mi occupo tanto delle elezioni del 2005 (in cui, peraltro, la nostra capacità di  mobilitazione collettiva è molto ma molto scarsa) quanto di prevederne gli esiti e di iniziare a preparare il terreno per quanto avverrà dopo.
Mantenendo e consolidando quel ruolo di crocevia che abbiamo faticosamente conquistato e che sarà utile a tutti. A tutti quelli di buona tempra intendo”.
 
Ma credi che questa strategia sia comprensibile ?
“Limitatamente. In parecchi del resto ci affibbiano etichette a volontà: dal non voto alla fiamma, a forza nuova ad an. Si può comprendere: star dietro all’elasticità non è facile, non a caso quest’area è definita ghetto. La questione non è però tanto lo stabilire in quanti sono in condizioni di comprendere il nostro operato. Importante è l’operato stesso, con tutti i suoi frutti sostanziali.
Frutti che in molti stanno godendo sia dal punto di vista delle innovazioni, che da quello delle realizzazioni (dalle occupazioni alle cooperative) che da quello delle maturazioni mentali che io sinceramente intravedo e di cui penso di essere stato co/artefice.
In particolare proprio con questa strategia che non ha come fine le elezioni, l’acquisizione dei rimborsi-spese o la crescita di una formazione singola e uniformante che proceda come uno schiacciasassi.
Non credo nell’azione ora per cambiare il mondo poi, credo nell’azione che ogni giorno modifica la realtà. E per il momento non mi lamento, benché io sia molto esigente e di difficile soddisfacimento”.

 

 

 

Noreporter Febbraio 2005