Questo sito si serve dei cookie tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'utilizzo dei cookie.

30 Aprile 1945, nel suo bunker a Berlino il Cancelliere tedesco decide di darsi la morte. I sovietici sono a pochi metri dalla Cancelleria, la Capitale resiste ancora in qualche rione e in cunicoli della metropolitana; la Wehrmacht ha già deciso di arrendersi nell’illusione di risparmiare vite tedesche. Ma i sovietici stanno stuprando e massacrando cittadini tedeschi a decine di migliaia. Il Capo di Stato dell’Urss, Stalin, ha deciso di festeggiare a Berlino il 1 maggio: quella festa dei lavoratori che Adolf Hitler ha istituito in Germania e che per il comunista “ortodosso” è una blasfemia. Quel primo maggio segnerà anche simbolicamente il trionfo dei “lavoratori” comunisti, poco importa se armati, foraggiati, riforniti e militarmente sostenuti da tutte le potenze capitaliste. Ma c’è chi accetta quell’ultima sfida. Alcuni giovani tedeschi, dei vecchi, dei feriti e, soprattutto, un pugno di volontari francesi della Divisione Charlemagne. “Resistiamo fino a che il primo maggio non sia finito” si dicono quei pazzi, degni eredi di Cyrano de Bergerac. E lo fanno, sono si e no una sporca dozzina ma resistono; difendono il bunker, si fanno macellare ma resistono. Con loro qualche tedesco: “Stalin non passerà il primo maggio !” E difatti non passa. Quella sporca dozzina sembra insuperabile. I pochi metri che separano i sovietici dall’immortalare la vittoria risultano impraticabili. I volontari tengono duro tutto il primo maggio, e vanno avanti fino al due inoltrato. Poi, miracolosamente, qualcuno di loro riesce a porsi in salvo per le macerie della metropolitana. Tra di essi il comandante, il capitano Henri Fenet, immortalato da Saint Paulien con lo pseudonimo di Gauvin ne “I leoni morti” recentemente ristampato dalla Ritter, Milano.
Inizierà, per Henri Fenet, una lunga sopravvivenza nel mondo dei morti vivi, come per tutti i Reduci del fronte dell’Est che hanno, senza alcuna esclusione, mantenuto la prerogativa di una giovinezza eterna, di un’allegrezza eccezionale e di un’indole radiosa. Tornerà da una totale, mondiale sconfitta ma anche da una vittoria dell’orgoglio disperato. Zukov, il comandante scelto da Stalin, non ha potuto festeggiare il primo maggio sulle rovine della Cancelleria perché un pugno di francesi lo ha inchiodato a pochi passi di lì combattendo senza speranze e senza motivo, nel pieno della filosofia degli Arditi che diede vita alla Rivoluzione: “me ne frego!”
Merci mes braves !

 

 

 

Noreporter Maggio 2005