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04/01/2016| Alberto Negri

 

 

La ragione - oltre a quelle materiali - per cui i wahhabiti vogliono destabilizzare Assad

 

 

 

 

La tomba di Ibn Taymiyya, il teologo sunnita morto nel 14° secolo, ispiratore di gran parte dei movimenti integralisti contemporanei, si trova a Damasco. È singolare ma significativo che nella Siria di oggi il suo sepolcro sia ridotto a una lapide sbreccata, quasi illeggibile tra l’erba alta e gli sterpi. Questo voluto stato di abbandono, agli occhi dei sunniti, è un simbolo evidente dell’empietà del regime di Damasco, una delle tante ragioni profonde per cui i jihadisti anti-Assad vogliono eliminare il clan degli alauiti.
È qui che bisogna venire per rintracciare le radici del jihadismo contemporaneo, diventata un’ideologia globale dal mondo musulmano al cuore dell’Europa.La fine dell’Impero ottomano e la dissoluzione dopo la prima guerra mondiale del Califfato da parte di Mustafa Kemal Ataturk aprono una crisi nel mondo musulmano: la prima risposta islamica è la creazione del 1928 in Egitto da parte di Hassan al Banna dei Fratelli Musulmani.
L’Islam, dice Al Banna, è un ordine superiore e totalizzante che deve regnare incontrastato sulle società musulmane perché è al tempo stesso “dogma e culto, patria e nazionalità, religione e Stato, spiritualità e azione, Corano e spada”.
L’obiettivo di Al Banna, di cui incontrai al Cairo l’anzianissimo fratello prima della rivolta contro Mubarak nel 2011, è imporre la supremazia della sharia, la legge islamica, con un processo di integrazione tra gli stati islamici che deve sfociare nell’abolizione delle frontiere e nella proclamazione del Califfato. Tracciata la strada il movimento degli Ikwan, i Fratelli, incontra però mille difficoltà tra cui la repressione di Gamal Abdel Nasser che giustizia uno degli intellettuali della confraternita, Sayed Qotb.
Qotb incitava i musulmani militanti a separarsi dalle società empie, a liberarsi del materialismo occidentale e creare la loro società per poi lanciarsi alla conquista del mondo con un Jihad integrale. Qui sono le basi del jihadismo contemporaneo. Ma militanti e intellettuali jihadisti non sono ulema, cioè dei religiosi, e hanno bisogno di una legittimazione: per questo ricorrono ai 
riferimenti classici e in particolare agli scritti di Ibn Taymiyya, giurista e teologo (1263-1328).
 
Taymiyya viene citato a piene mani nei comunicati dei gruppi jihadisti per giustificare la guerra santa agli sciiti e agli alauiti, oltre che naturalmente a tutti gli altri miscredenti. Tutto questo però non sarebbe bastato a fare del jihadismo un’ideologia vincente se non ci fosse stata l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979.
 
La vittoria dei mujaheddin sull’Armata Rossa, sponsorizzata dagli Stati Uniti con il sostegno del Pakistan, è resa possibile dai petrodollari dell’Arabia Saudita che impone l’ortodossia del wahabismo, l’ideologia fondante del regno dei Saud. Il suo fondatore, Mohammed Ibn Abd al Wahab (1703-1792), era un predicatore intransigente che considerava l’unica vera religione della profeta Maometto e degli antenati, gli “al salaf al salih”, da cui viene il temine Salafismo.
 
Per Wahab l’unica salvezza è il ritorno all’unicità divina, al Tawhid, eponimo dei movimenti jihadisti.
Tutti quelli che non aderiscono a questo dogma sono definiti ipocriti, eretici o miscredenti: vengono quindi proibite dottrine e pratiche del sufismo, dal culto dei santi ai pellegrinaggi non canonici. Il vero monoteista deve uniformarsi alla sharia che deve essere applicata alla lettera, in particolare le punizioni corporali.
È questa l’ideologia di Al Qaeda che poi è passata allo Stato Islamico di Abu Omar al Baghdadi che a differenza dell’organizzazione fondata da Osama bin Laden è riuscita a conquistare un ampio territorio tra Iraq e Siria dove il 29 giugno 2014 ha proclamato a Mosul il Califfato, simbolo politico e religioso dell’epoca d’oro dell’Islam.
Forti di questa linea ideologica, del progetto di Al Banna a quello di Qotb, dei riferimenti ai teologi medioevali all’ortodossia radicale wahabita, i jihadisti non potevano tollerare sciiti, alauiti, minoranze di ogni genere o anche i regimi sunniti tiepidamente religiosi o addirittura laici e secolaristi. Questa è la battaglia dentro l’islam che ci riguarda da vicino.