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Europa

Ancora a proposito di Le Pen. 
Mercoledì scorso su Rinascita veniva pubblicata una critica feroce al leader francese, accusato di liberismo, xenofobia e razzismo da della Torre di Valsassina.
Rispetto le opinioni di Valsassina ma mi permetto di contestarle in quanto sono molto teoriche e, sicuramente per carenza di conoscenze dirette, offrono del fenomeno lepenista uno spaccato deformato e privo di sostrato reale: il medesimo che ne danno i media di sinistra e quelli, appunto, liberisti.
Domenica scorsa, la prima pagina di Rinascita metteva giustamente l’accento sulla progressiva affermazione di quel fenomeno politico che viene definito come “nazionalista”.
Il termine, ovviamente, sta un po’ stretto ed è puramente convenzionale.
Che questa progressione sia in atto non è assolutamente in discussione. Anzi, potremmo dire che lo è sin dalla metà degli anni ottanta, ovverosia da prima ancora della caduta del Muro di Berlino.
Al secondo turno delle presidenziali Le Pen ha ottenuto il 18% dei voti.
Sbaglierebbe chi considerasse modesto questo risultato. Se rispetto al 21 aprile l’aumento in percentuale è dell’uno per cento, non bisogna scordare che va calcolato sulla base di quattro milioni di elettori in più rispetto al primo turno. Le Pen, insomma, progredisce di un milione di voti, il che non è una bazzecola. 
L’altra Francia fa le grandi manovre.

Innanzitutto l’intossicazione. Si lasciano filtrare intenzioni di voto assai fantasiose ; ora si attribuisce a Le Pen il 21 % ora il 42. L’intento ? Chiamare a raccolta tutta la sinistra, giocando sul terrore e sull’isteria. E, forse, a queste manipolazioni non sono estranee manovre di speculazione borsistica.

Il tradizionale corteo lepenista del primo maggio si è tramutato in un’adunata oceanica.
Un enorme fiume di folla si è snodato da piazza dello Chatelet a piazza dell’Opera ; quando, alle undici e trenta, il candidato all’Eliseo ha iniziato a parlare nella piazza stracolma, la fila dei manifestanti si perdeva lontano, occupando tutta l’avenue fino alla rue de Rivoli. Le strade di accesso alla piazza erano esse pure occupate da una folla in delirio.
Cercando di minimizzare, le fonti ufficiali hanno rasentato il ridicolo parlando di otto o diecimila persone ; in nottata, di fronte all’impossibilità di nascondere i filmati o forse stanchi di passare solo primi piani senza profondità, i telegiornali hanno corretto il tiro a trentamila.
In attesa del secondo turno elettorale francese, che Chirac punta a vincere racogliendo l’80 % dei voti, alcuni fatti e alcuni dati meritano la nostra attenzione.
Il portaparola del patronato francese, Seillière, ha invitato l’altroieri a votare Chirac, il che era scontato, lo ha fatto però polemizzando con Le Pen a causa della sua proposta di « preferenza nazionale ».
Il ciclone Le Pen si abbatte sulla politica europea e su quella italiana.
Qui, a parte Forza Nuova, soltanto la Lega ha avuto il coraggio di prendere una posizione non contraria alla destra socialpopolare transalpina.
Un po’ tutti, dalla nomenklatura di AN ai quadri isolati e sterili della cosiddetta Destra Radicale sono invece a disagio, combattuti tra la simpatia per l’evento (o quantomeno per la sconfitta totale delle sinistre) e la turbativa che Le Pen sta arrecando al bipolarismo.
L’immagine che rimbalza in Italia di Jean-Marie Le Pen è filtrata dai media e dai loro censori. L’impressione che se ne ha, quella di una specie di Bossi ignorante, o di un Perot qualunquista, o di un rigurgito del Ku Klux Klan è completamente falsa.
Così come false o deformate sono le proposizioni che gli si attribuiscono o i sentimenti che si dà per scontato che incarni.
Sicché l’impressione che se ne ricava è quella di un demagogo trinariciuto che cavalca l’intolleranza, la xenofobia, l’eczema psicotico di una borghesia incolta che si schiera a difesa dei suoi privilegi e che è pronta a gettare a mare chi si avvicini al giardinetto di casa.
La grande affermazione di Le Pen ha molti significati.
1.
È la vittoria di un uomo coerente, coraggioso, combattivo, che mai ha accettato il compromesso.
2.
È la risposta della France Profonde, o più propriamente della Francia popolare (fatta di sottoproletari, proletari, piccolo-borghesi, disoccupati e studenti) alla politica scellerata delle oligarchie finanziarie che l’hanno espropriata di tutto: dalla sicurezza alla floridezza economica, dalla fierezza alla certezza del domani.
E' una tragedia greca con forte sapore di farsa. Un muro contro muro tra follie dall'esito scontato: l'abisso. Né poteva andare diversamente se si tengono in conto le premesse: da un lato la finanza, dall'altro i cialtroni, sicché a pagarla saranno tutti.


Il secondo turno delle elezioni amministrative francesi ha confermato le tendenze registrate la scorsa settimana. Vi sono stati dei cambiamenti rilevanti (la sinistra riconquista Parigi e Lione ma il centrodestra la scavalca nel computo globale delle municipalità). Questi smottamenti non derivano da spostamenti elettorali, pressoché inesistenti, ma dall’assenza al secondo turno del Front National che, nelle sfide triangolari, penalizzava sistematicamente i liberali. Rispetto alle scorse amministrative  l’estrema destra (FN e MNR) è infatti riuscita a mantenersi in 41 città di oltre trentamila abitanti mentre nel 1995 era andata al ballottaggio 103 volte.