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Storia

07/01/2016| Gabriele Adinolfi

 

 

Il lugubre non è sacro e vi dobbiamo ben altro

Francesco, Franco e Stefano, sono passati trentotto anni da quando vi hanno assassinati.
Trentotto anni sono un'enormità. Dalla battaglia di Vittorio Veneto al giorno in cui nacqui erano trascorsi trentatré mesi di meno!
Sono trentotto anni che in un modo o nell'altro vi celebriamo.

“Per la Commissione Anselmi, Gelli era un agente-doppio che lavorò per comunisti e tedeschi durante la Repubblica Sociale. Il suo potere? Secondo me ne aveva tanto oggi, ma meno di quanto si è pensato nel passato”. Così Gabriele Adinolfi, scrittore e intellettuale, legge la vicenda Gelli nel giorno della scomparsa di uno dei personaggi più controversi della storia repubblicana. Nell’intervista a Intelligonews, spiega chi era Gelli e quanto ha contato.

 

Chi era, per lei, Licio Gelli?

Riflessioni nel trentesimo anniversario della scomparsa di Alibrandi

Tra poco uscirò per andare al concerto indetto per il trentesimo anniversario della morte di Alessandro Alibrandi.

La notizia non è circolata molto, non l'ho trovata in giro tra forum e facebook.

I soliti noti, i soliti di allora, solo loro sembrano essersene voluti occupare.

Venticinque anni fa, il 28 agosto 1980, venivano spiccati ventotto mandati di cattura. L’operazione, ideata e guidata dal dott. Russomanno, dirigente del servizio di controspionaggio del ministero degli interni, Sisde, ed avente come obiettivo la destra radicale, fu la prima del dopo strage.
Quel depistaggio non durò a lungo: era stato costruito troppo male. Tutti e ventotto fummo prosciolti nel giro di pochi mesi. Fu il primo di tre depistaggi dei quali io stesso fui oggetto.

Sostenere Ciavardini è cosa buona, giusta e doverosa. Legare la sua innocenza alla colpevolezza di Carlos è a dir poco sconcertante e pericoloso. Sostenere infine, con i vari Cossiga, che la pista-Carlos porti ai combattenti per la libertà della Palestina occupata è insensato, illogico, privo di riscontri, pretestuoso e immorale.

Non faccio lo psicanalista, non m’interessa sapere perché certe persone si lasciano prendere da certe cose; il problema è loro finché non coinvolgono gli altri.
Luigi Ciavardini è innocente e va difeso. Luigi Ciavardini è uno di noi e va difeso. Luigi Ciavardini è un capro espiatorio e va difeso.
Va messo anche l’accento sul fatto  che - mentre contro di lui non c’erano neppure sufficienti indizi – altre piste per Bologna sono state accantonate con estrema disinvoltura. Non solo quella  che parte dal dossier Mitrokhin ma anche quella, ben più interessante, che rimanda alla Superloggia di Montecarlo.

In occasione del venticinquennale della strage di Bologna si è costituito il comitato “L’ora della verità” che ha la finalità di attirare l’attenzione sull’inconsistenza, la pretestuosità e l’accanimento con cui la corte d’appello bis di Bologna ha condannato Luigi Ciavardini.
Per evitare di strumentalizzare Luigi e al fine, anzi, di mettersi a disposizione della causa di questo perseguitato alla Sacco & Vanzetti, in diversi abbiamo deciso di fare un passo indietro per non attirare i riflettori su di noi e concentrarli invece sul caso allucinante. Purtroppo non tutti la pensano così, ci si pavoneggia un po’ troppo in un’area che dovrebbe essere impersonale.

Il 25 novembre 1970 Yukio Mishima, nome d'arte di Hiraoka Kimitake, compiva Seppuku nella sede del ministero della difesa, da lui e dai suoi occupato simbolicamente.
Mishima, che era nato a Tokio il 14 gennaio 1925, aveva scelto di darsi la morte a quarantacinque anni in un luogo, il ministero della difesa, che rappresentava al contempo il simbolo della virtù Samurai e quello della resa esistenziale e culturale del Giappone.
Scrittore immenso e problematico, Mishima aveva immortalato la grandezza Samurai, ma non solo.

Sulla ribalta argentina si riaffacciano i Montoneros; o qualcuno che a torto o a ragione ne reclama l’eredità. Per noi Europei rappresentano un oggetto misterioso, vieppiù inesplicabile quando tentiamo di applicarvi le categorie politiche che ci sono familiari.

Nati nel solco del grande movimento peronista (una specie di fascismo democratico a forte base sindacale, contadina e militare), essi ne rappresentarono la sinistra anni Settanta.

La creazione, a Roma, di Casa Pound ha un valore emblematico.

Sia chiaro: non è il primo centro sociale che nasce al di fuori dal monopolio della sinistra, non è la prima delle ONC (Occupazioni Non Conformi) benché il suo nucleo animatore già fosse all’origine di più di un’esperienza di questo genere.

La condanna a trent’anni di reclusione impartita a Luigi Ciavardini dalla Corte d’Appello di Bologna è incredibile, assurda, ingiusta.

Come noto Ciavardini era stato condannato una prima volta a Bologna, in un processo parallelo a Mambro e Fioravanti perchè “sospettato” di aver trasportato fisicamente l’esplosivo. La Cassazione aveva rigettato quella sentenza stabilendo l’assenza di Ciavardini da Bologna quel 2 agosto 1980. Approntata in fretta e furia una Corte d’Appello bis, la Magistratura bolognese lo ha condannato ancora, per complicità morale. Ci troviamo di fronte ad un accanimento fuor dal comune e ad una logica persecutoria che calpesta i fondamenti del diritto.