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Storia

Continua l’eccidio in Palestina; Sharon prosegue a testa bassa la sua opera di macinasassi.

Con quale risultato finale ? Il genocidio ? L’espulsione di oltre due milioni di cittadini israeliani di origine araba verso lidi ignoti ? La capitolazione ? L’accettazione di una linea di demarcazione fra Israele e Palestina relativamente favorevole alla Tsahal ? L’inizio della fine ?

Il premier israeliano ha scelto la linea dura e la conduce senza esitazioni ma, forse, si sta rendendo conto che paga meno del previsto.

In attesa delle mosse di Bush è utile qualche considerazione.

1. La ricostruzione delle azioni belliche sulle Twin Towers e sul Pentagono non è credibile. Troppi sono i punti oscuri, le versioni fornite sui commandos sono a dir poco grossolane; si è poi completamente smesso di far riferimento a dati inquietanti (ad esempio al fatto che gli assalitori  fossero a conoscenza dei codici segreti presidenziali). Insomma da parte degli Usa si nasconde qualcosa, o meglio, si nasconde la consapevolezza di una complicità particolarmente altolocata, sempre che non vogliamo parlare addirittura di regia.

Deve essere stato Skorzenj.

Più ci penso più mi convinco che deve essere andata così: chi altri potrebbe aver organizzato tanto meticolosamente le incursioni belliche su Manhattan e sul Pentagono ?

Diavolo di uno Skorzenj, si è finto morto per trentacinque anni e intanto nell’ombra reclutava ed addestrava alla perfezione dei volontari della morte, probabilmente originari di Hiroshima, di Nagasaki, di Dresda e, tanto per completare il lotto, di Belgrado, di Gaza e di Baghdad.

Gli Stati Uniti stanno per attaccare. Isolati, arroganti, forse vincenti a brevissimo termine, perdenti comunque, perché ben prima del previsto ne pagheranno il prezzo.

Condannati da ogni opinione pubblica, stigmatizzati da tutti gli statisti, da tutti i capi politici e religiosi di peso del pianeta, gli sbalorditi americani hanno visto di recente innalzarsi una sola, rassicurante, voce amica, quella di Oriana Fallaci.

Gli Stati Uniti stanno per attaccare. Isolati, arroganti, forse vincenti a brevissimo termine, perdenti comunque, perché ben prima del previsto ne pagheranno il prezzo.

Condannati da ogni opinione pubblica, stigmatizzati da tutti gli statisti, da tutti i capi politici e religiosi di peso del pianeta, gli sbalorditi americani hanno visto di recente innalzarsi una sola, rassicurante, voce amica, quella di Oriana Fallaci.

Gli Usa vivono catturando capitali stranieri e riescono a farlo solo perché le condizioni offerte sulla piazza finanziaria, tra buoni pubblici e titoli privati, è eccellente. Tuttavia le crisi recenti, come quella della Enron, sono capitate come colpi di mannaia sul collo dell’economia americana. Soprattutto perché hanno messo a nudo un forte livello di corruzione e di combines finanziarie mettendo dunque in evidenza la poca sicurezza dei capitali e ciò a tutto vantaggio franco-tedesco.

In tal senso non va sottovalutato il fatto che la scorsa estate l’Arabia Saudita abbia trasferito un terzo dei suoi investimenti dagli Stati Uniti a Francoforte.

Gli Americani devono attaccare a breve, non possono farne a meno, ma sono in difficoltà.

Persino la Turchia, il Kuweit e i  guerriglieri curdi hanno improvvisamente fatto marcia indietro, per intero o a metà, magari per far lievitare il prezzo del loro intervento o forse perché non ritengono più tanto conveniente sostenere Bush.

Per far pressione sul parlamento anatolico il Pentagono sta ora facendo leva sull’esercito turco. Ultima ratio: mostrare i muscoli.

Due domeniche orsono Enrico Belardinelli scriveva su Rinascita un articolo chiarificatore ben al di là di quanto lasci intendere il titolo (Democrazie e libertà sono la copertura delle ambizioni imperiali americane). Il nocciolo dell’articolo stava in un fatto che a noi personalmente appare lapalissiano, ma ai più, se non quasi a tutti, sfugge. E cioè che la guerra mossa dagli angloamericani all’Iraq è una guerra all’Europa o meglio all’asse francotedesco. Lo è in quanto punta ad impedire qualsiasi residuo di autonomia energetica alle due principali potenze politiche, economiche e diplomatiche del nostro continente. A quella coppia politica che, da quanto dice chiaramente Brzezinski, e cioè il maître à penser della strategia estera americana dell’ultimo quarto di secolo, bisogna assolutamente dividere.

La medesima analisi la esprimevamo in Orientamenti & Ricerca da Parigi nel 1990, in imminenza dell’attacco di Bush Sr all’Iraq, Walter Spedicato ed il sottoscritto.

È tempo che andiamo affermando, e siamo contenti di trovare autorevoli riscontri, che tutta la politica estera americana da una dozzina d’anni a questa parte è volta contro l’Europa oltre che al controllo dell’Asia Centrale e alla razionalizzazione del narcotraffico. Tutto il resto è facezia, o come dicono gli anglofobi, bullshit, cioè cacca di bue, il che mi pare particolarmente appropriato.

La situazione irachena è entrata in un vicolo cieco e presenta al Pentagono e alla Casa Bianca solo quattro soluzioni:

1° Inventare un pretesto bellico assolutamente incredibile.

2° Attaccare contro il parere dell’Onu e soprattutto, contro quello dei Russi e dell’Europa, con il solo sostegno britannico ed in violazione delle regole internazionali.

In pieno cerimoniale di quaresima resistenzialista giunge nei cinema italiani un film assai particolare.

“Der Untergang” narra gli ultimi giorni della Germania - e non soltanto quelli di Adolf Hitler – durante la Seconda Guerra Mondiale.

Speravamo ci fossimo liberati per sempre da certa retorica di parte che non si sa se ci dà più fastidio perché semina odio o per quanto è palesemente imbecille. E invece si ricomincia.