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Storia
Nove anni orsono, il 10 novembre 1995, veniva impiccato in Nigeria, per il reato di ribellione, Ken Saro-Wiwa, intellettuale e poeta africano che, in quanto intellettuale e poeta, ha avuto il privilegio di non essere completamente caduto nel dimenticatoio come è invece accaduto ai suoi compagni di supplizio. Contro chi e contro cosa si era ribellato Ken Saro-Wiwa ?
Il 26 ottobre 1947 nasceva a Novoli, in provincia di Lecce, Walter Spedicato. Sarebbe morto a Courbevoie, nella periferia di Parigi, il 9 maggio 1992 in esilio. Chi lo conobbe sa perfettamente quale personalità, quale entusiasmo, quale dirittura e quale pathos caratterizzavano quell’eccellente figlio del Salento.
L’otto ottobre di trentasette anni fa cadeva in un’imboscata Ernesto Guevara detto il Che. Ferito al ventre, veniva lasciato agonizzare fino alla morte che sarebbe sopraggiunta per dissanguamento nelle prime ore del giorno successivo. Da allora Che Guevara è divenuto un mito, una leggenda e, purtroppo, soprattutto un prodotto di marchandising.
Il 10 ottobre di cinquantanove anni fa andava magnificamente incontro alla fucilazione Joseph Darnand. Su quest’uomo è sceso il silenzio, cosa che sovente accade per chi è integro e straordinario, trovandosi i sopravvissuti più a loro agio nel celebrare chi abbia manifestato qualche debolezza umana in quanto li rassicura, permettendo di coltivare l’indulgenza verso di sé.
Quarantotto anni fa, il 26 luglio, il presidente egiziano, colonnello Nasser, decretava la nazionalizzazione del canale di Suez, fino allora sotto controllo britannico. Era una sfida aperta agli interessi della finanza occidentale che reagì, non tempestivamente, ma reagì. Il 29 ottobre gli israeliani aggredirono l’Egitto ed il giorno seguente Francia ed Inghilterra bombardarono Porto Said facendo strage di civili ed invasero il Paese con i paracadutisti.
Il copione è scritto, lo scenario approntato. E, per dare più pepe alla telenovela, in Iraq è stata appena reintrodotta la pena di morte. Logico: l’orrore, il terrore, la crudeltà fanno cassetta e catturare l’attenzione del pubblico è indispensabile per i registi del Terrore. La commedia è vecchia, la trama monotona, ripetitiva da oltre un secolo, ma cosa conta visto che permane efficace ?
Domenica l’occidente ha celebrato se stesso. Duecentoventotto anni fa la sua estrema disperata appendice, l’America, proclamava i Diritti dell’Uomo, con tanto di maiuscola, ovviamente. Aveva così luogo l’istituzione di una religione moderna: quella dell’individualismo. Scomparivano dall’immaginario giuridico e filosofico tanto i popoli quanto il sacro. In un fervore liberale e materialistico, che pure all’epoca riuscì a mobilitare coscienze forti, attratte dall’utopia, si mise così fine al principale legame che vincola un uomo ai suoi antenati, ai suoi discendenti e alla sua comunità: il dovere.
Il boogie woogie. Questo ballo strampalato che tradisce il desiderio di abbandonarsi, di sfuggire, di dimenticare, è divenuto il simbolo storico e culturale di un’Europa prostituita. Nel vero senso della parola, visto che le fanciulle e le donzelle italiane e francesi si vendettero copiosamente per poche tavolette di cioccolata e qualche calza di nylon, a quelle truppe portatrici di civiltà che tra l’altro, dopo i combattimenti, si sfogavano in violenze carnali di massa, come ben ci rammenta “La ciociara”.
Sessantaquattro anni fa, il 10 giugno, l’Italia dichiarava guerra alla Francia e all’Inghilterra ed entrava nel conflitto mondiale a fianco della Germania. Visto l’esito della guerra, molti hanno poi imputato a Mussolini quella scelta, definendola avventata, superficiale e disastrosa. Tutti questi critici arguti che, lo sappiamo bene, avrebbero organizzato meglio di lui la Marcia su Roma, avrebbero sgominato la Chiesa e la Massoneria, instaurato il paradiso terrestre e fondato un Regime millenario, fanno sfoggio di buon senso ma non tengono conto della realtà effettiva delle cose.
Il giorno seguente il Natale di Roma un infarto ha stroncato Enzo Maria Dantini. Questo nome non è certamente noto ai più giovani perché da venti anni si era ritirato in modo definitivo dall’arena che viene definita politica. Prima del ritiro aveva provato a frequentare alcuni suoi coetanei impegnati in tentativi che definire infelici e infruttuosi è un eufemismo. Quindi, vista la regressione generale e l’insensatezza dei vari conati aveva preferito chiudersi in se stesso.
Quel che sostengo scontenterà molti, forse tutti, ma tant’è. Prendendo spunto dall’uccisione di Fabrizio Quattrocchi affermo che il modo di porsi nei confronti delle tragedie atlantiche e di quelle fondamentaliste da oltre una anno è in genere assai puerile. Da una parte troviamo i soliti “difensori dell’Occidente” – gli stessi che trent’anni fa avrebbero fatto le guardie bianche alla Scala di Milano quando gli studenti l’attaccarono a colpi di uova marce - dall’altra quelli che, nel nome della libertà dei popoli, sono pronti a gioire delle tragedie umane se queste riguardano gli occidentali, dunque i colpevoli “oggettivamente”.