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Perché non perdere mai occasione per ingannarsi? Perché prendere partito (per l’Iran, per le banlieues o per la rinascenza bianca) a ogni questione provocata ad arte?
Semplicemente perché chi si vorrebbe “avanguardia”, “elemento differenziato”, “antagonista” o quant’altro, è invece soltanto spettatore e tifoso.
La Russia sta riprendendosi dopo aver subito per mesi attacchi di ogni genere che le sono stati mossi da parte americana e della finanza apolide. Fra queste aggressioni rientrano il terrorismo separatista, in particolare quello ceceno e le “rivoluzioni colorate” di marca Soros. Il culmine dell’offensiva atlantica si è toccato allorché i presidenti dell’Uzbekistan e della Kirghizia, violando i patti tra le ex repubbliche sovietiche, hanno concesso agli Usa l’utilizzazione del loro territorio ed accogliendone le truppe. Da allora, però, i Russi hanno recuperato terreno. Innanzitutto in Asia Centrale ove il riavvicinamento delle ex repubbliche sovietiche è stato notevole ed è scaturito nella fusione dell’organizzazione di cooperazione centro asiatica che raccoglie quattro repubbliche della regione nell’Eurasec (comunità economica eurasiatica) cui si accompagna la decisione di costituire una forza militare centro asiatica che include anche Russia, Bielorussia e Armenia.
Questa mattina, come quasi ogni giorno, sono andato in palestra. Lì mentre attivo i muscoli sono solito ascoltare con l’auricolare Zetazeroalfa o SFS; oggi invece, vista la data, ho preferito “Dedicato a Benedetta” quella compilazione fantastica che fu una delle magnifiche idee di Rainaldo Graziani. Come ricorderete inizia con un pezzo di Massimo su Degrelle, che ieri avrebbe compiuto cento anni e prosegue con “Generazione ‘70” in cui c’è un flash arcinoto su Francesco Cecchin del cui assassinio oggi ricorre il ventisettesimo anniversario. Toccante, in particolare per chi li abbia conosciuti entrambi.
Il 23 ottobre di cinquant’anni fa il popolo ungherese insorgeva contro il comunismo e l’Unione Sovietica. Il 23 ottobre di ventisette anni fa l’Ungheria liquidava il comunismo e si liberava dal dominio sovietico.
Oggi gli ungheresi commemorano i loro martiri e il sogno che, seppur infranto, restituì a quel popolo la fiducia in se stesso e gli permise di tirare avanti con fierezza. Due settimane durò quella che venne cantata come “l’alba dei giorni ungheresi”. Due settimane durante le quali gli studenti, i braccianti, gli operai, caddero a migliaia ma resero dura la vita ai sovietici distruggendo decine e decine di carri armati e inchiodando per sempre sul posto tanti carristi e numerosissimi fanti nemici.
Dopo San Giovanni alcune considerazioni debbono essere fatte; varie, interconnesse e complesse come sono, costringono a una lunga disamina e me ne rammarico, ma ridurla ulteriormente avrebbe significato renderla del tutto inutile.
Il segmento storico che attraversiamo è privo di una coscienza propria.
Quest’epoca di rivoluzionamenti – e dunque di rivoluzioni – è stranamente del tutto incapace di dare un’immagine forte di sé, così come di offrire sensazioni, sentimenti e miti che mobilitino, aggreghino e diano lo slancio per battersi e morire.
L’individuo è oggi una corda tesa: non si sa verso dove.
Basta con i grandi vecchi
…e con gli stupidi di tutte le età
In epoca di “grande fratello” persino improbabili ordigni inesplosi ed innocue bombe carta sono sufficienti a rinfocolare la strategia della tensione.
Viviamo nella società dello spettacolo, onde per cui conta di più il gesto del suo intrinseco valore; è un segno dei tempi, sicuramente inquietante di per sé, che però in qualcosa almeno ci rende fiduciosi: le centrali occulte non hanno necessariamente bisogno di ricorrere alle stragi per creare il clima utile al solito, eterno, golpe bianco-rosa.
Ottant’anni dopo
Fascismo e neofascismo
Lo spirito e la mentalità del fascismo, dagli Arditi alla RSI.
Cos’erano i fascisti.
Piccolezza storica e grandezza morale del movimento neofascista.
Le differenze politiche e soprattutto di spirito che intercorrono tra fascismo e neofascismo.
Nella filosofia di “Giovinezza” e “me ne frego” troviamo ancor oggi i punti fermi per l’avvenire.
di Gabriele Adinolfi
Erano nati sulle trincee.
Avevano sopportato stoicamente ogni pericolo, ogni terrore, ogni privazione. Nel freddo, nella fame, nell’orrore, nel confronto con la paura animale, con l’appetito animale, con la bestia dentro di sé, avevano prevalso, si erano dominati e, dunque, si erano conosciuti e scoperti.