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Il bicentenario dell’Incoronazione di Bonaparte ci offre lo spunto per rimettere in questione molti luoghi comuni. In particolare quelle vecchie ideologie affioranti che servono a neutralizzare la forza di ogni neocesarismo favorendo così il pascere dell’oligarchia
Gabriele Adinolfi
Sono sempre stato d’accordo con Adriano Romualdi quando attribuiva alla visione, peraltro straordinaria, di Julius Evola un eccesso di schematismo nella critica al Bonapartismo e al Risorgimento.
Lo schema dualistico e il moralismo sono le assi portanti del sistema globale.
Il “Male” ne è la chiave di volta.
Il ruolo apparente e quello reale dei vari Robin Hood
Una logica dalla quale uscire
Gabriele Adinolfi
Il cattivo è elemento caratterizzante delle favole, indispensabile alla loro struttura.
Nella tradizione popolare di ogni latitudine (greca, romana, russa, francese, germanica, scandinava) non soltanto tiene a bada i fanciulli dalla vulnerabilità che comporta la loro ingenuità ma offre spunti di riflessione per un travaglio su di sé. Le varie versioni del “malvagio” rappresentano, infatti, altrettante devianze dall’archetipo da perseguire.
Il valore economico, sociale, politico e storico della Socializzazione
Una rivoluzione sociale che s’inserisce al culmine di un processo lineare
che parte dalla Marcia su Roma.
Una scelta di civiltà
Gabriele Adinolfi
La verità si accomoda. Questa è una costante storica che risponde alle precise esigenze della mediocrità umana; coloro che non sono stati artefici di un’impresa – e soprattutto quelli che non ne sono all’altezza – tendono a sminuirla, non foss’altro che parlandone poco e male.
Cosa c’insegna Carlo Gambescia nel suo “Il migliore dei mondi possibili”
Gabriele Adinolfi
Carlo Gambescia, che abbiamo intervistato due numeri fa, è una mosca bianca, o perlomeno lo sembra. Fino a prova contraria – che ci auguriamo di ricevere quanto prima – è il solo in Italia ad avere riferimenti antimaterialisti e correttamente scorretti che si sia messo ad analizzare la realtà in maniera sistematica e scientifica apportando un contributo preziosissimo.
“Testa di Ferro” e “FestArdita”. Come i riferimenti dannunziani irrompono nello scenario (meta)politico. Il senso di essere avanguardie
Gabriele Adinolfi
I soliti giovani all’avanguardia, quelli di Zetazeroalfa, di Casa Pound, delle OSA, hanno aperto quest’estate nel centro di Roma la prima libreria futur/ardita.
Carlo così come lo conobbi e come lo vedo
Gabriele Adinolfi
Lo conobbi rischiando una crisi diplomatica. Se le cose avessero seguito il loro corso logico Carlo non avrebbe mai creduto che quei telegrammi si erano persi. Eravamo sul finire di giugno del 1980, Terracciano aveva compiuto un giro della Sardegna durante il quale aveva chiesto per iscritto a Walter Spedicato di andarlo ad incontrare al porto di Civitavecchia. Entrambi all’epoca collaboravano alle edizioni di Ar, sapevano delle reciproche esistenze ma non si erano mai visti. Carlo avvertì Walter delle proprie intenzioni con un telegramma, ne inviò uno successivo per comunicargli giorno e ora dello sbarco e per finire un terzo annunciandogli che, a causa di uno sciopero, sarebbe invece sbarcato due giorni più tardi. Nessuno dei tre telegrammi giunse mai a destinazione benché l’indirizzo – via Lorenzo il Magnifico 113 – fosse esatto.
Perché e come dobbiamo batterci per Luigi Ciavardini
Gabriele Adinolfi
Ci si deve battere per Luigi Ciavardini. Non so esattamente per ottenere cosa, ma ci si deve battere.
Luigi è innocente; limpido, trasparente, generoso, esuberante, intransigente, solido, tutto d’un pezzo; al punto da rifiutare il baratto infame della controparte: “ritira la tua testimonianza a discarico di Mambro e Fioravanti e noi ti assolviamo”. Pur di non dire il falso se ne è andato invece al patibolo, lo ha fatto per non gettare a mare gente che di per sé neppure lo meritava. Ma l’onore non varia a seconda di quel che valgono gli interlocutori: dipende da noi e vincola noi soltanto; e questo Luigi lo sa.
Realtà e immaginazione riguardo le piccole rivolte francesi d’autunno
Gabriele Adinolfi
È vero o no che i banlieusards sono figli di classi emarginate? E sono penalizzati dal sistema statale o sono invece molto più aiutati dei francesi d’origine i quali non riescono neppure a ricevere in assegnazione uno straccio di appartamento popolare?